Avrebbero potuto esserlo, almeno culturalmente. Ci aveva provato Ceccardi con la sua Repubblica d’Apua. Si sarebbe potuto costruire un dopoguerra comune, per sorti e identità. Invece gli interessi sono stati e sono altri. Il fango di una politica attenta solo a fare cassa e svogliata nei confronti della cultura, specie quella popolare, ha contribuito a quello sfaldamento di memorie collettiva.
Della memoria popolare non se ne parla e non interessa a nessuno, se non a un gruppo di studiosi solitari.
Ceccardi, Pea, Tobino e Viani, sono stati il ponte di collegamento tra quella cultura, arcaica, magica e crudele forse, e la contemporaneità. I loro scritti valgono di più, almeno qui, che gli Ungaretti, i Montale, i Carducci, i D’Annunzio e i Pascoli, spesso loro amici e maestri. L’utopia della Repubblica d’Apua di Ceccardi, l’ideale di un cenacolo di intellettuali invischiati nel popolaresco, era fallita già prima della guerra. E non resta più nulla. Da Carrara a Viareggio, dal mare ai monti, le librerie stanno chiudendo. Ogni anno, una dopo l’altra. Ceccardi, Pea, Tobino, Viani non li trovi in quelle rimaste. Neppure al Caffé Margherita narrato da Tobino, sulla passeggiata a Viareggio, stuprato da una nota libreria. E a nessuno importa. Basta forse una targa. Un piccolo concorso. Basta bofonchiare i loro nomi di tanto in tanto. Poi? Quanti a Seravezza hanno letto “Moscardino” di Pea? Quanti a Viareggio “Sulla spiaggia e di là dal molo?” di Tobino?
I Comuni dovrebbero occuparsi di questo problema. Far ristampare i loro libri, organizzare incentivi per la diffusione delle loro opere. Qualche fondazione, come quella di Tobino, opera bene, ma è necessario introdurre delle misure che accrescano l’interesse per la cultura popolare e per questi autori in particolar modo.
La cultura popolare fa paura, certo. Era sconcia, spesso anticlericale o politicizzata verso la lotta.
Ceccardi lo vogliono ancora un anarchico. Viani prima anarchico poi fascista, Pea troppo crudo per la morale, Tobino un letterato impuro. Ma che colpa hanno? Hanno solo raccontato la vita degli apuani nei loro anni. La rivoluzione di Viareggio, la rivolta degli operai a Carrara, la miseria e l’amore dei piccoli villaggi, non certo i fronzoli d’annunziani scritti alla Versiliana.
Paradossalmente solo Mario Monicelli, amico di Tobino, e Giorgio Panariello, che ha vissuto vicino a Forte dei Marmi, hanno fatto conoscere un po’ di lontana eco delle Apuane e di questi autori. (Monicelli trae il suo ultimo film “Le rose del deserto” da “Il deserto della Libia” di Tobino). Ma il punto non è far conoscere Il passato del mondo apuano in Italia è farlo conoscere agli apuani.
Piccola posta, Ceccardi, Pea, Tobino, Viani e la cultura popolare dimenticata (Fabio Piccione)
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