Piccola posta, La memoria della Versiliana non è D’Annunzio (Fabio Piccione)

Da Paolorossi

Il parco della Versiliana rimane l’unica memoria storico-ambientale della millenaria foresta costiera che si estendeva tra le zone paludose del Cinquale e quelle del Motrone. La sua funzione era stata quella di impedire alle correnti paludose e all’aria malsana di raggiungere l’entroterra, zona fertile e rinomata per la produzione di olio e vino. Per questo fin dal‘300 sono in vigore pene per chi avesse tagliato gli alberi, tipicamente lecci e querce, che vi albergavano. A metà del 1500 tuttavia, per un debito contratto tra la comunità di Pietrasanta e gli eredi di uno dei quattro deputati alla conservazione della “macchia” fu autorizzato il taglio e la vendita di parte delle piante, dai quali furono ricavati mille scudi d’oro. Aperta la breccia si avverarono gli incubi delle popolazioni. La malaria si diffuse, costringendo molte persone a rifugiarsi sulla montagna.
Il tentativo del Granduca Ferdinando II di favorire il rimboschimento della zona (1649) fu inutile. Nel ‘700 e nell‘800 si completa l’abbattimento della macchia, alternando concessioni per la coltivazione a opere di bonifica attraverso la costruzione di canali di scolo e la piantagione di pini marittimi come barriera frangivento.
Nel 1775 un lotto di otto poderi venne concesso alla famiglia dei conti Digerini-Nuti situato nella prossimità del Fiumetto.
Sul finire dell‘800, esattamente nel 1886, venne costruita la villa, chiamata dallo scrittore Renato Fucini “la Versiliana”.

Era una residenza estiva dotata di porticciolo dai conti che ospitarono nel 1901 e nel 1906 Gabriele D’Annunzio, prima con Eleonora Duse poi con la marchesa Alessandra di Rudinì Carlotti.

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