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In un colpo solo ti ritrovi:
Stephen Frears che hai adorato dopo Philomena, alla regia,
Audrey "indimenticabile Amelie" Tautou protagonista femminile,
Chiwetel Ejiofor di 12 anni schiavo protagonista maschile,
e soprattutto Steven Knight conosciuto con Locke, venerato con Peaky Blinders e sorprendente con La Promessa dell'Assassino, alla sceneggiatura, che ti riporta in una Londra tutt'altro che da cartolina dove la violenza pur non essendo vendicativa come con Cronenberg è comunque quotidiana.
Tutti i nomi coinvolti in Piccoli Affari Sporchi ci mostrano infatti i margini della città, quelli popolati da immigrati spesso clandestini o rifugiati, alla ricerca di qualunque lavoro, anche umiliante, per sopravvivere in un luogo che non ritengono casa e cercare di non dover tornare in una terra che casa non possono più chiamare.
Okwe si divide così tra due lavori, facendo il tassista di giorno e il portiere in un hotel di notte, cercando di dormire il minimo necessario, approfittando del divano offertogli dalla paranoica e fragile Senay, addetta alle pulizie nello stesso albergo. Okwe è però diverso dagli altri immigrati, e si vede subito: altruista e disponibile è soprattutto uno che se la sa cavare, in Nigeria era un medico, e sarà proprio la sua natura buona a metterlo nei guai. Scoperto un cuore umano nello di una camera, risalirà poco a poco al mercato nero degli organi che cercherà di coinvolgerlo in prima persona, con un aut aut che lo metterà alle strette e la possibilità di cambiare la sua vita.
Per raccontare questa discesa e risalita dagli inferi, Frears e Knight si avvalgono dei colori plumbei e soffocanti di una Londra quanto mai grigia, e brava a nascondere in vicoli e stanze nascoste un pullulare di affari illegali e pericolosi dove la stessa vita viene messa in gioco. Facendo poi del punto di vista spesso annebbiato di Okwe, seguirne le vicende diventa in breve un condividere le sue sensazioni: la sua paura di essere scoperto, l'angoscia di essere messo alle strette, la sonnolenza continua combattuta a suon di erbe mediche.
Così facendo, regista e sceneggiatore riescono in un colpo solo ad unire le loro capacità, passando al ritmo frenetico di una fuga al vuoto di un obitorio come rifugio a fare del loro racconto e del loro protagonista un amico per cui tifare.
Il colpo di scena finale, che porterà a un happy end forse un tantino buonista, è la ciliegina sulla torta di un film magari non indimenticabile, ma che sa sfruttare al meglio i nomi in esso coinvolti facendo luce sugli angoli più bui della nostra società.
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