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Una scelta obbligata per le grandi tirature, benché sia qualitativamente inferiore rispetto alla produzione offset. La stampa rotativa è la soluzione ideale per chi ha necessità di stampare tanto, magari a scapito del risultato che, benché abbiano migliorato le tecniche e i materiali usati, ha ancora tanto da invidiare alla stampa tradizionale a foglio. Già, perché uno dei fattori vincenti della rotativa è proprio quello di stampare su bobine di carta continue, un po' come fanno i plotter inkjet da ufficio. Questo garantisce continuità tiratura e velocità elevata: a risentirne, l'avviamento della stampa e il registro dei colori, che può lasciar a desiderare (molto comune sui free-press a colori: avete mai notato le immagini con bordi evidenti di ciano o magenta?). Spesso, a fine stampa, ci sono macchine che piegano la carta, incollano e rifilano in maniera da chiudere il ciclo di produzione in un solo passaggio: molto comune, anche, avere un taglia carta finale che trasforma la bobina in fogli singoli, pronti per andare in piegatrice. Parliamo di qualità: in molti casi il retino di stampa non è molto fitto, arrivando a 150 lpi con punto tondo. Ma non è anomalo imbattersi in una stampa rotativa con punto stocastico, che garantisce un dettaglio maggiore. Tuttavia, considerando che la qualità della carta dei quotidiani più comuni lascia a desiderare, sono pochi i casi di stampa a retini superiori. Un altro particolare, nella lavorazione di grosse tirature, è quello di "cuocere" le lastre (che per chi non sapesse cosa sono, le può considerare come delle matrici in alluminio che trasportano l'inchiostro su un caucciù, e da questi alla carta); si garantisce maggiore resistenza all'usura e continuità nella stampa (ma il capitolo lastre lo affronteremo in un altro post). Resta davvero affascinante vedere una cascata di carta bianca percorrere il ferro della rotativa e trasformarsi in rivista: per chi ha avuto la fortuna di assistere, uno spettacolo da raccontare.
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