Sulla sommità del Gianicolo , suggestivo luogo della memoria che ricorda le radici e le lotte per l’Italia , domina l’imponente monumento equestre di Giuseppe Garibaldi, realizzato da Emilio Gallori e inaugurato nel 1895. Sul basamento spiccano le figure allegoriche dell’Europa e dell’America, oltre a gruppi di bronzo che rievocano le imprese più importanti dell’Eroe dei due mondi( lo sbarco a Marsala, la resistenza di Boiada, la difesa di Roma).
La storia è soggetta a diverse e mutevoli interpretazioni, ma le prodezze di Garibaldi divennero poi memorabili sia per la destra che la sinistra. A mio parere proprio la forte e carismatica personalità di Garibaldi suscitava e suscita tutt’oggi un certo fascino. Egli temprò il carattere per mare, navigando prima in Oriente col padre Domenico, capitano mercantile, e altri armatori, poi combattendo nel Sud America per lo stato Rio Grande do Sul, di cui comandò la flotta di guerra, nella ribellione contro il governo brasiliano. È passato alla storia come l’uomo d’azione, l’avventuriero, il rivoluzionario, l’anticlericale, il promotore della libertà, della giustizia e dell’amicizia tra i popoli, il difensore dell’identità nazionale. Animato contraddittoriamente da ideali nazionali e cosmopoliti, da militarismo e pacifismo, fu critico non solo del pontefice ma anche dei politici di professione e della politica piemontese. Accolto freddamente dal governo sardo quando rientrò nel 1848 dal Sud America poiché i tempi erano propizi per la libertà e la rivoluzione di Palermo faceva ben sperare, poi espulso dai territori del Piemonte ove ritirò dopo la disfatta della Repubblica Romana e il tentativo di raggiungere Venezia che resisteva agli austriaci, abbandonò ogni ambizione quando capì che la monarchia sabauda poteva essere la soluzione per l’unità d’Italia, e al re Vittorio Emanuele consegnò il Sud , rifiutando però la nomina a generale con le annesse ricompense. I suoi ideali in fin dei conti furono sfruttati da una politica sabauda che si rivelò più di conquista che di liberazione, soprattutto del ricco Sud Italia.La sua popolarità lo fece diventare simbolo dell’unità nazionale, richiamata nelle tante piazze e strade d’Italia che portano il suo nome, facendo dimenticare lo spirito rivoluzionario degli anni giovanili e quello antipolitico della vecchiaia. Garibaldi da lassù guarda Roma, capitale di quell’Italia libera e unita in cui tanti, come lui, avevano creduto.
I tanti, più noti, sono ricordati in 84 busti marmorei che in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia sono stati ripuliti e restaurati. Sono erme di patrioti garibaldini, politici ed intellettuali, combattenti per la difesa e la liberazione di Roma, compresi quattro garibaldini stranieri (l’inglese John Peard , il finlandese Herman Lijkanen, l’ungherese Istvàn Türr e il bulgaro Petko Voivoda).
Nel parco del Gianicolo ci sono anche quattro stele dedicate agli studenti che da ogni parte confluirono a Roma per difendere la breve Repubblica Romana. Se la passione è il motore dei grandi cambiamenti, in questi busti se ne trova conferma.
La mia attenzione però è stata attirata da questa targa, dedicata al tredicenne Lorenzo Brunetti, di cui il viale del Gianicolo porta il nome. Lorenzo morì col padre Angelo Brunetti, più noto come Ciceruacchio (1800- 1849 ), il cui monumento, realizzato da Ettore Ximenes e inaugurato nel 1907, è stato trasferito da Trastevere al Gianicolo.
Ciceruacchio, soprannominato così dalla madre in quanto paffuto, era figlio di un maniscalco, divenne poi carrettiere e infine oste. Generoso e coraggioso s’adoprò per il bene del popolo in occasione del colera e dell’alluvione. Non era istruito ma in compenso era dotato di buona capacità dialettica, espressa solo in romanesco, con la quale interpretava e trasmetteva gli umori della gente comune, e capì che l’istruzione per tutti poteva essere un mezzo per acquisire maggiore consapevolezza e dignità di vita. Fu apprezzato anche da nobili e governanti, oltre Mazzini e Garibaldi che gli chiesero consigli e collaborazione durante la breve vita della Repubblica Romana. Incoraggiò il papa Pio IX a promuovere riforme liberali e donò vino per festeggiare la liberazione dei prigionieri politici nel 1846. Dopo il voltafaccia del pontefice, Ciceruacchio si schierò contro la politica del papa re che non realizzò le riforme tanto attese dal popolo. Da buon patriota e capopopolo difese la Repubblica Romana nel 1849 e , dopo la sua caduta , seguì Garibaldi con l’intento di raggiungere Venezia. Costretto ad approdare in prossimità del delta del Po, fu denunciato alle autorità dalla gente del posto e nella notte del 10 agosto 1849 fu fucilato insieme ai suoi due figli Luigi e Lorenzo.
Nel parco del Gianicolo tra i grandi citati nella storia del Risorgimento Italiano, è ricordato anche il giovane trasteverino Righetto, simbolo dei ragazzini caduti in difesa della Repubblica Romana nel 1849. Roma era soggetta a pesanti attacchi da parte dei francesi corsi in aiuto del papa e Trastevere era particolarmente bombardata. Una banda di ragazzini, guidati da Righetto, un dodicenne senza famiglia che lavorava presso un fornaio, pensò di difendere la gente del quartiere avvisandola della caduta della bombe e precipitandosi a spegnerne la miccia con uno straccio bagnato. Nel giugno del 1849 sulla piccola spiaggia della Renella, sotto ponte Sisto, Righetto morì con la sua inseparabile cagnetta Sgrullarella a causa di una bomba che gli cadde sulle mani.
Altre generazioni di altri tempi, animate da quella grande passione che rende fieri e coraggiosi in ogni circostanza.
Noi, italiani del Duemila, riusciremo mai a scrivere pagine di storia di cui i posteri si sentiranno orgogliosi?
Qui la splendida interpretazione di Nino Manfredi in un estratto del film “In nome del popolo sovrano” di Luigi Magni, recentemente scomparso.
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