Magazine Cultura
È un buon periodo, in fatto di letture. Certo, le riserve di libri da leggere sono a un passo dall'esaurirsi. La sola idea mi fa rabbrividire, ma cercherò di non pensarci... beh, i due libri di cui mi va di chiacchierare oggi mi sono piaciuti un sacco e parlano entrambi di musica. Non in modo centrale e ossessivo, la musica ne semplicemente fa parte. È nell'ambientazione, nei discorsi, un sottofondo piacevole. È raro trovare libri così, e non so quanto mi ci vorrà per trovarne altri.
Fauci di Nicola Gardini – Feltrinelli, 2013
Gardini è una persona gentile e, per quel poco che ricordo, anche piuttosto simpatica. Peccato che quando è passato a presentare il libro precedente a un Festival dalle mie parti, io ancora non avessi letto nulla di suo. Apprezzavo da lontano la sua disponibilità, ma purtroppo non si era ancora insinuato nei miei circuiti di lettrice e mi sono lasciata sfuggire l'opportunità di farci una chiacchierata, di chiedergli un autografo, di ascoltarlo parlare di scrittura. Spero vivamente che ripassi anche quest'anno. Un po' di ottimismo, su.Dicevo, Fauci.Fauci è la storia scritta in prima persona – e, mi pare di capire, con sprazzi autobiografici – di Sergio, un ragazzo a un passo dalla laurea in Lettere che parte per l'anno di militare. È il 1985, la leva è ancora obbligatoria. Si trova sul treno un po' sperduto, quando fa la conoscenza di Marcello, che gli si appiccica addosso in una marea di chiacchiere musicali e francesismi dopo avergli visto in mano un libro che ha ricondotto a Wagner. Non si parla moltissimo dell'anno della leva, anche perché Sergio non lo vive granché. Marcello è un super-borghese, di quelli che possono trovare raccomandazioni anche nello spazio, e riesce sempre a strappare permessi per sé e per l'amico. Sergio conosce la famiglia super-borghese e altamente bizzarra di Marcello e ha l'occasione di sbirciare in quel loro ambiente sociale che, domineddio, quanto sono fuori dal mondo. Marcello è appassionato di opera – immagino che i continui rimandi possano guastare un poco la lettura di chi non se ne interessa, ma io personalmente ho gradito eccome – e la sua adorazione per la Callas inizia a influire anche su Sergio, che poco a poco impara i rudimenti e si appassiona lui stesso.Però è pur sempre un brutto ambiente. Un ambiente strano e fuori dal mondo, quello della gente così ricca che non ha bisogno di lanciare occhiate al di fuori della gabbia dorata che la protegge. E Marcello, così come la sua famiglia, ne fa parte.Potrebbe uscirne fuori un delirio esistenzialista, se non fosse che la voce di Gardini è così lieve e ironica. Insieme a Sergio, che dopotutto è davvero un bravo ragazzo, ci guardiamo attorno in quel mondo strano. L'effetto è grottesco e straniante.E sì, lo consiglio un sacco.
Il concerto di Alain Claude Sulzer – traduzione di Emanuela Cervini – Sellerio, 2013
C'è voluto un po' perché questa lettura ingranasse. Poi è partita e... beh, l'ho adorata. Tutto accade nel corso di una serata, in cui i personaggi sono legati soltanto dal suddetto concerto. Il celeberrimo pianista Marek Olsberg è chiamato a esibirsi alla Filarmonica di Berlino. Solo che durante il concerto, a poche battute dalla fine dell'Hammerklavier di Beethoven... ecco, dico solo che succede qualcosa.È un romanzo corale, un insieme di più romanzi brevi che si intervallano e riprendono uno dopo l'altro. Racconta la serata di Marek, della sua assistente Astrid con la sua terribile emicrania, del suo agente Claudius, del suo giovane amante Nico, di Esther e Solveig, due amiche che intervengono al concerto. Poi di Sophie e della nipote Klara, di Johannes e di Marina e di Lorenz... personaggi che non hanno granché a che fare l'uno con l'altro, se non appunto il concerto. Il luogo in cui si trovano, o in cui dovrebbero trovarsi. Eppure, in modo diverso, quella serata è un punto di svolta per tutti loro.Su Anobii questo libro ha un punteggio piuttosto basso. Ho letto critiche al fatto che le storie dei personaggi fossero così slegate tra loro, e poi sulla loro stereotipicità. E... non so, forse è vero che sono un po' stereotipici. O magari sono solo persone normali, banali. Tipiche e basta. E il fatto che quel concerto rappresenti una svolta nelle loro vite non mi sembra una strana forzatura. Le cose cambiano per loro perché sono loro i primi a muoversi. Agiscono, e da queste azioni, vuoi il destino, vuoi la decisione, porta a delle nuove strade da percorrere. È un libro che parla di come da un piccolo cambiamento nei propri programmi possa scaturire un cambiamento più grande.O almeno, io l'ho letto così.Neanche a dirlo, consigliato. Consigliatissimo.
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