Magazine Cultura
Piccoli scorci di libri, ovvero recensioni assai brevi e poco impegnative #6
Creato il 07 dicembre 2012 da Laleggivendola @LaLeggivendolaKillshot di Elmore Leonard – traduzione di Luca Conti – Einaudi, 2009
Questo lo avevo scelto su suggerimento di Gaia di Giramenti, che parlandone aveva usato come metro di paragone 'Hap&Leo' di Lansdale. E io adoro Hap e Leo di Lansdale, perciò mi sono fiondata in biblioteca ad abbrancarlo come una belva feroce. Oddio, l'effetto non dev'essere stato precisamente quello, perché il libro era sullo scaffale più alto e ho dovuto saltellare con fare ben poco feroce e minaccioso per afferrarlo... ad ogni modo, dicevo Killshot di Leonard.Non ho trovato molte analogie con Hap&Leo. I dialoghi erano molto più credibili – scusa, Joe – e mancava quel senso di virile cameratismo da 'schiacciamoci le lattine in testa e poi prendiamoci a cazzotti e aiutiamoci a rialzarci stagliati contro il tramonto'. Cioè, quell'amichevole e scanzonata violenza. Sia chiaro, la violenza c'è, anche se meno di quanta me ne aspettassi. È che non viene spiattellata, sviscerata, calpestata o messa in risalto. Curiosamente, manca il compiacimento della truculenza. Sì, va bene, qualche testa esplode, pallottole di qui, ossa spezzate di là. Però con freddezza chirurgica, senza stare troppo a rimestare nel sangue, capite? Se questo sia un pregio o un difetto, dipende dai gusti. Io avrei preferito qualche tamarrata splatter in più, ma lettori con un po' più di classe preferiranno questo tipo di descrizioni.La trama, in soldoni. Ci sono Carmen e Wayne, una coppia felicemente sposata. Lui carpentiere e lei agente immobiliare. Lui cacciatore di cervi, lei fissata con l'analisi dell'ortografia. E poi ci sono questi due criminali, Blackbird e Richie. Uno sicario per la mafia, l'altro un delinquente che spazia tra sagaci intuizioni e squallida idiozia. Per puro caso, Wayne e Carmen finiscono per ostacolare il piano ordito da Richie a danno dell'agenzia immobiliare per cui lei lavora e... e poi si va avanti.Devo dire che c'è voluto del tempo, perché la lettura ingranasse, più del solito. Però devo dire anche che ho apprezzato molto i dialoghi realistici, il modo in cui vengono spiegati i rapporti che legano i personaggi e le loro peculiarità. Sono così veri che potresti incontrarli andando a fare la spesa. Certo, nel caso di Blackbird e Richie non sarebbe un bell'incontro, però...
L'inverno di Frankie Machine di Don Winslow – traduzione di Giuseppe Costigliola – Einaudi, 2008
C'è Frankie Machine, in realtà Frankie Machianno, questo apparente cittadino rispettabilissimo, proprietario di un negozio di articoli per la pesca, di un'azienda ittica che fornisce il pescato a buona parte dei ristoranti di San Diego, oltre che di tovaglie e biancheria in genere. Lavoratore instancabile, divorziato ma ancora in buoni rapporti con la moglie e con la figlia ormai adulta. Ha sessantadue anni ed è stato un potente mafioso. Guarda con malinconia ai tempi andati, alla tradizione, al senso dell'onore ormai perduto. Rimane una leggenda nella criminalità organizzata, con la bocca ancora cucita nonostante tutti gli anni passati. Eppure si ritrova braccato da sicari mandati da una qualche famiglia mafiosa e, con tutto il peso dei suoi anni, deve tornare a indossare i panni di Frankie 'Machine'. Indagini nel presente, intermezzi dell'amico detective quasi arrivato alla pensione e di un giovane mafioso intraprendente sulle sue tracce. Stralci del passato, ricostruzioni dell'America di quegli anni, di Nixon, dei tempi d'oro delle 'famiglie'.Ho adorato questo libro, eppure ammetto che avrei gradito qualche ingarbugliamento in più, un intreccio più elaborato, qualche intoppo tra Frankie e la verità. Non che sia roba da poco, non che ci siano argomenti tralasciati o che la trama non sia già complessa, però...Ad ogni modo, lo consiglio. Molto.… giusto per essere chiari, la parte sopra non vuole in alcun modo guardare con favore alla mafia e a tutto ciò che rappresenta o ha in mano. È Frankie Machine a parlare di onore o tradizione, laddove io etichetterei semplicemente con 'cacca'. Spero di essermi spiegata.
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