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Piccolo taccuino lisbonese (parte III)

Creato il 06 gennaio 2011 da Sogniebisogni

Lo sculture e' un fingitore

Pasteis de Nata. Ottimi dolcetti di pasta sfoglia e crema, famosi specialmente quelli di Belém, i portoghesi sanno fare dolci meravigliosi, da accompagnarsi con obbligatorio caffè del Brasile. Pessoa. Il nome è già tutto un programma: in portoghese significa “persona”, ma anche “nessuno” e infatti ha scritto sotto l’egida di 72 eteronimi accertati. Dire che è il più grande poeta portoghese sarebbe limitante, perché è uno dei più grandi d’Europa. Non so cosa ci faccia sepolto anche lui nel chiostro dos Jerónimos, come fosse un re o un navigatore, ma forse la pro loco portoghese l’ha sistemato lì per la comodità dei turisti. La sua statua in bronzo è seduta a un tavolo del caffè “A Brasileira” anche se scoprirete che invece Pessoa preferiva andare al caffè “Martinho da Arcada”, ma del resto se il poeta è un fingitore non pretenderete la verità dagli scultori. Porto. Quando avete finito di farvi la ginjinha, chiudete la serata con il profumo intenso di un porto invecchiato 10 anni e ripromettetevi, come ho fatto io, di andare al più presto a gustarlo nella valle del Douro. Salazar. Un mesto Mussolini portoghese, ma al contrario del nostro capoccione non sembra l’argomento del giorno a Lisbona. Per cinquant’anni ha tenuto fermo il paese all’agricoltura semi-autarchica perché l’industria favorisce lo sviluppo del comunismo. Avete capito perché non conviene ossessionarsi col comunismo? Saramago & Siza. Alfieri del contemporaneo portoghese, ma uno viveva ormai nelle Canarie e l’altro passa il tempo fra Oporto e Dio sa dove. Sopa. La zuppa che apre il pasto, di pesce o di legumi che sia, anche qui devo dire che a Lisbona battono gli spagnoli dieci a zero. Tejo. In italiano è il Tago. Tutte le volte che a Lisbona uno dice «Toh, il mare» in realtà sta guardando il Tejo, estuario gigantesco, maestoso e percorso lentamente da enormi navi da carico. Un acquario ipnotico della saudade. Terremoto. Quello disastroso del 1755 ha buttato a terra la maggior parte dei capolavori tardo-gotici e manuelini, ma ha dato il destro a Voltaire di scrivere uno dei più divertenti capitoli del «Candide», consoliamoci così, come Pangloss nel migliore dei mondi possibili. Torre de Belém. Magistrale capolavoro manuelino, un’incongrua fortificazione decorata che più che un’opera di difesa sembra la casa delle fate. Sulle sponde del Tejo, una volta sorgeva al centro del fiume come una sorta di portaerei, ma il terremoto del 1755, fortunatamente senza danneggiarla, ha spostato il fiume, facendola arenare sulla riva. Tram. Il più famoso è il numero 28, vecchio modello scampanellante che risale pittorescamente l’Alfama, ma in ogni caso che siano tram, metro o trenini, i mezzi pubblici di Lisbona funzionano tre volte meglio di quelli di Roma. Vasco de Gama. L’altro eroe eponimo portoghese. Come Camões era un provetto avventuriero, ma invece che alle risse e alla poesia si dedicava piuttosto a massacrare ferocemente le popolazioni autoctone in Asia e Africa. Qualche volta dovremmo fare i conti col nostro passato. Vinho verde. Onnipresente sulle tavole delle trattorie. Vino imbottigliato giovanissimo, vivace e fruttato. Rinfresca, va giù come l’acqua e poi vi mozza il fiato. Più o meno l’effetto di un viaggio a Lisbona insomma.


Bibliografia essenziale

Victor Manuel Adriao, Lisbona insolita e segreta, Jonglez, Versailles, 2010.

José Saramago, L’anno della morte di Ricardo Reis, Feltrinelli, Milano, 2010.

José Saramago, Storia dell’assedio di Lisbona, Feltrinelli, Milano, 2006.

Antonio Tabucchi, Requiem, Feltrinelli, Milano, 2002.

Antonio Muñoz Molina, L’inverno a Lisbona, Feltrinelli, Milano, 2001.

Alvaro Siza, Scritti di architettura, Skira, Milano, 1996.


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