(Pubblicato su Kataweb Forumcinema il 14 dicembre 2002. Per S.)
Eppure la presenza intensa e appassionata di PPP ha occupato un posto rilevante nelle vicende degli intellettuali italiani durante il Novecento, per la sofferta collocazione umana, artistica e politica, per l’esplorazione tormentata delle tematiche dell’Io e dell’Eros (nell’esaltazione e nell’angoscia, sino al legame stretto con la morte).
In tutte le opere (sia letterarie sia cinematografiche) c’è la lucidità di un profeta che annunciò con largo anticipo – e la consapevolezza di non poterlo evitare – ciò che stava per capitarci: la trasformazione antropologica del cittadino italiano in consumatore, l’omologazione culturale, lo sviluppo senza progresso... Pasolini scelse la parte scomoda di chi non si limita a registrare i fenomeni del proprio tempo, ma provocò e attaccò utilizzando diverse forme di comunicazione, affiancando e poi sostituendo alla poesia i giornali e il cinema.
La sua tragica e oscura fine (3 novembre 1975) ci ha privato di un grande intellettuale che si era ritagliato un ruolo alternativo, eretico rispetto a qualsiasi forma di ortodossia. Ne ha accentuato le connotazioni di personaggio provocatorio, facendone (in positivo o in negativo) l’emblema di un’epoca e di un clima culturale, ma non ha favorito la lettura critica della sua opera. La vita di Pasolini si è chiusa con una parola impossibile che ora più nessuno intende.
Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno, di Laura Betti (Francia/Italia, 2001, 90'). Giovedì 10 novembre, ore 2,45. Rai1.