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Piero de’ medici, lo sfortunato

Creato il 06 dicembre 2013 da Postpopuli @PostPopuli

 

Siamo alla ventunesima puntata della serie di articoli di Luca Moreno sulla storia di Firenze. Le immagini sono numerate in continuità con quelle del ventesimo articolo.

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Piero de’ Medici, lo Sfortunato

di Luca Moreno

 

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Figura 58: Piero de’ Medici (da Wikipedia)

Ciò che ancora rimane da raccontarvi in questo lungo capitolo è una storia breve e triste, quella di Piero de’ Medici, detto lo Sfortunato (1472 – 1503, figura 58) il figlio primogenito di Lorenzo de’ Medici e Clarice Orsini. Ancora un’educazione raffinata, per succedere al padre come Signore di Firenze e Direttore del Banco di famiglia. Seguendo gli insegnamenti di Agnolo Poliziano, suo maestro prediletto, acquistò una particolare dimestichezza con le lingue antiche, il latino e il greco. Nel suo breve governo, si preoccupò poi di portare avanti alcune imprese avviate dal padre, come la Villa di Poggio a Caiano. Il 22 maggio 1488 sposò Alfonsina Orsini, dalla quale avrebbe avuto due figli Lorenzo (poi Duca di Urbino) e Clarice.

La personalità di Piero non è del tutto chiara. Alcuni lo definiscono arrogante, indisciplinato ed insolente: giudizi denigratori molti dei quali provengono dalle testimonianze dei biografi di Michelangelo, con il quale ebbe un rapporto forse stretto, ma molto contrastato. Tuttavia, pare indubbio che non avesse talento e carisma. Con la morte del padre, egli prese regolarmente il comando della città, ma, dopo un breve periodo relativamente tranquillo, il fragile equilibrio pacifico tra gli Stati Italiani, a cui faticosamente Lorenzo aveva contribuito, crollò con la decisione del Re Carlo VIII di Francia di attraversare con un esercito le Alpi, nel 1494, per prendere il Regno di Napoli, sul quale vantava diritti ereditari.

Tutti gli stati italiani videro con grande apprensione la discesa di un così grande esercito, e a Firenze tutti gli occhi erano puntati su Piero, per osservare come si sarebbe comportato con un ospite, se non ostile, certamente ingombrante. Piero, caricato di tali aspettative, volle tentare di ripetere il gesto che rese celebre suo padre, quando andò a incontrare il Re di Napoli e quindi mosse per parlamentare con Carlo VIII, allo scopo di convincerlo a non entrare in Firenze. Il clima, però, non era dei migliori perché in città prevaleva ormai l’incantesimo del Savonarola, che identificava il male con ogni azione della famiglia Medici. Piero non seppe gestire la sua impresa, arrivando a concedere al Sovrano quattro piazzeforti strategiche e in zone di confine, non ponendo nessuna condizione, accettando tutto ciò che Carlo chiedeva e consentendo a quest’ultimo di ottenere il libero passaggio in terra di Toscana.

 

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Figura 59: la Fortezza di Sarzanello (da Wikipedia)

A Savonarola e al partito antimediceo non sembrava vero di disporre di un’occasione d’oro per far scattare una rivolta popolare da lungo tempo coltivata attraverso le infuocate prediche del frate domenicano, ormai non più controllabile da personalità carismatiche quale quella di un Lorenzo de’ Medici. I fiorentini, infuriati, si riversarono nelle piazze chiedendo a gran voce la restaurazione di una vera Repubblica, corretta nel senso di una maggior presenza popolare e di una spiccata teocrazia.

Piero, in un primo momento, si rifugiò a Venezia con la famiglia; ma non riuscì più a rientrare. Nominato da Luigi XII di Francia Governatore di Cassino e del suo distretto, a causa di tale nomina si trovò coinvolto nelle guerre tra Spagnoli e Francesi per il controllo del Regno di Napoli. Morirà annegato durante una marcia di trasferimento nel 1503.

Intanto, Firenze aveva provveduto a esiliare solo il ramo principale della famiglia Medici – visto che il ramo secondario, che faceva capo a Lorenzo il Vecchio, fratello di Cosimo, si era schierato con i rivoltosi – e a saccheggiare le case dei Medici. Fu una vera rovina, perché, tra oggetti distrutti e trafugati, il palazzo di Via Larga fu devastato. Tutto ciò che poteva ricordare gli antichi e ora odiati signori doveva essere cancellato.

La Banca crollò e la famiglia, bandita dalla città, perse in un sol colpo, in questo che viene ricordato come il secondo esilio dei Medici, fortuna, proprietà e potere. Cacciati i Medici dalla città, la Signoria dovette affrontare Carlo VIII e le sue truppe, che nel frattempo avevano conquistato Pisa. Carlo si rifiuta di ascoltare i messi fiorentini ed entra in pompa magna a Firenze, dove il Savonarola, sempre più compreso nel ruolo di araldo della volontà divina, saluta il “Re Cristianissimo” come un liberatore.

Il Sovrano prende alloggio nel palazzo di Via Larga e detta alla Signoria le sue condizioni, che, essendo ancora quelle dell’accordo con Piero, sono rifiutate con fermezza. Il Re allora minaccia di far suonare le trombe per preparare i soldati al saccheggio della città. È a questo punto che il Senatore Pier Capponi pronuncia la celebre frase, che gli varrà una statua sotto il loggiato degli Uffizi: “Se voi sonerete le vostre trombe, noi soneremo le nostre campane”.

 

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Figura 60: La collocazione delle Fortezze Elaborazione di Google Earth

Carlo comprende che scatenare l’esercito contro la cittadinanza sarebbe un atto imprudente, e così decide di ridimensionare le clausole del trattato, che comunque impone a Firenze la consegna di Sarzana, Sarzanello (figura 59), Pietrasanta, Ripafratta e Pisa. Queste fortezze (figura 60), necessarie per assicurare alle truppe la via di un’eventuale ritirata verso la Francia, sarebbero poi state riconsegnate alla Repubblica soltanto dopo la conquista di Napoli. Inoltre, i fiorentini dovevano corrispondere un’indennità enorme, pari a 120.000 ducati.

Due giorni dopo la firma del trattato, il Re lascia Firenze per puntare su Napoli. Con la partenza di Carlo e del suo esercito, nulla può più ormai fermare l’ascesa politica di Girolamo Savonarola, che instaura un regime teocratico e regge le sorti della città come un autentico despota.

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