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Pieta’ – Kim Ki-duk

Creato il 08 luglio 2013 da Maxscorda @MaxScorda

8 luglio 2013 Lascia un commento

Pieta
Ultima premiatissima opera di Kim, straordinario cineasta coreano, senza alcun dubbio il piu’ conosciuto e forse piu’ rappresentativo della sua patria.
Storia durissima perche’ durissimo e’ il contesto e il protagonista.
Gang-Do e’ un terribile strozzino, persino peggio di un killer.
Egli storpia e mutila le persone che non riescono a restituire i soldi prestatigli in modo da incassare l’assicurazione a loro intestata.
La sua giornata e’ spesa ad amputare dita e mani, gettare malcapitati dai palazzi, insomma, ogni espediente e’ buono per recuperare soldi, nella freddezza ed indifferenza piu’ assoluta.
Accade pero’ che all’improvviso compaia la madre che lo abbandono’ appena nato e che mai ha visto e conosciuto. Non e’ che da un tipo del genere si possa pretendere entusiasmo e la diffidenza e’ il piu’ esiguo dei prezzi da pagare, eppure qualcosa cambia nel loro rapporto tanto da indurlo a riconsiderare la sua vita e quanto male abbia procurato.
Kim ci ha abituati a mazzate nello stomaco ma qui ci si spinge un gradino avanti.
Torna il "Bad guy" degli esordi, il coccodrillo metropolitano tra animali selvaggi ed e’ una figura tremenda e sulla sua condizione senza speranza si gioca l’intera storia. Maschio che confonde i ruoli di uomo e figlio, nella migliore interpretazione freudiana, ruoli che in "Pieta’" si mescolano come raramente si e’ visto sul grande schermo.
Torna pero’ anche la sua idea di donna, madre cosmica de "L’isola" ma anche maledetta come in  "Address unknown" e "Birdcage Inn". Nondimeno e’ la femmina che attraversa il suo cinema da "The bow", "Samaritan girl" e ancora "Birdcage Inn" ma anche la sua assenza, come in "Primavera, estate…".
Jo Min-soo la madre protagonista femminile e’ sconvolgente ed intensa. Mi ha ricordato  Kim Hye-ja l’altra straordinaria madre di "Madeo" perche’ anche su di lei pesa l’intera struttura narrativa, il suo sguardo regge la tensione e il dramma sino al terribile finale che ancora una volta conferma quanto il cinema coreano ed orientale in genere, surclassi il nostro. Non voglio anticipare nulla ma "Pieta’" si lega saldamente alla tradizione, diciamo cosi’, della vendetta cosi’ bene rappresentata dalla trilogia di Park Chan-wook, divenendo percio’ un ideale quarto capitolo. D’altronde la vendetta e’ un tema ricorrente al cinema coreano e perche’ non costruire una pentalogia col superbo "I saw the devil" di Kim Jee-woon.
L’unico difetto sta in certe reazioni di tutti i personaggi in genere, eccessivamente lineari e funzionali al soggetto ma e’ marginale su un film che vuole essere un thriller giocato sull’animo umano.
Ancora una volta Kim Ki-duk e’ una garanzia e se col tempo altri registi coreani hanno dimostrato quanto il loro cinema sia potente e vitale, egli resta al vertice per tecnica e narrazione.

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