Pietànza
Dall’italiano antico pietanza ‘pietà’, perché in origine alludeva al cibo dato in elemosina.
Sostantivo femminile.
1. Nome generico delle vivande che si mangiano a tavola; in particolare, la vivanda che si serve a tavola dopo il primo piatto: una pietanza prelibata, squisita; pietanza di carne, di pesce.
2. (antico) Elemosina fatta ai frati o ai preti: egli molto spesso, sì come agiato uomo, dava di buone pietanze a’ frati (Boccaccio).
Pietanzièra
Derivato di pietanza.
Sostantivo femminile.
(non comune) Recipiente metallico, per lo più tondo e basso, con chiusura ermetica, in cui viene conservato il cibo da consumare fuori casa: il manovale Marcovaldo… a mezzogiorno mangia con la pietanziera anziché tornare a casa (Calvino).
Una (parola) giapponese a Roma
Glissons [glis'son]
Voce francese, imperativo di glisser ‘sorvolare, passar sopra’.
Interiezione.
Lasciamo perdere, sorvoliamo.
Ci scrive Igal Gigliotti a proposito di palmento.
— Termine in uso nel dialetto siciliano, indicante l’insieme dei locali dove si pigiavano l’uva e le olive. Presumibilmente da ‘palamento’ (detto ancora così nelle montagne della provincia di Enna) e indicante l’insieme delle ‘pale’ che componevano i macchinari di pigiatura.
Attenzione: il complesso della masseria siciliana con annesso il ‘palmento’ era quasi sempre circondato da una cortina di palme, alberi da cui si traeva il fogliame impiegato per intrecciare i canestri e i graticci da usare per il trasporto e la conservazione di uve e olive. —
Luoghi (comuni) del mondo
Ci scrive Frustalampi.
— Il "ruzzino" dei luoghi (comuni) del mondo mi piace parecchio.
Dunque, volente o nolente?
Così, a colpo, direi:
piaccia o non piaccia;
voglia o non voglia;
per forza forzato;
o per amore o per forza (e viceversa);
volere o volare;
bere o affogare;
o così o Pomì;
malgré moi;
obtorto collo;
quamvis si liberus essem noluissem, tamen coactus volui (anche se, essendo libero di decidere, non avrei voluto, tuttavia, costrettovi, volli) o più semplicemente coactus tamen voluti. —


