Pietra del Focolare a Pietrasanta: incontro (folgorante!) col Vermentino

Da Iltaccuvino

Fresco fresco del ricordo della manifestazione Vini ‘d’Autore – Terre d’Italia, organizzato con la solita macchina quasi impeccabile da L’Acquabuona, i primi vini che racconto con gusto sono quelli de La Pietra del Focolare, azienda di Ortonovo (SP), praticamente sul confine che divide Liguria e Toscana, sui dolci crinali dei Colli di Luni.

Qui il Vermentino è il vitigno di casa, principe di queste terre, e fulcro della produzione di questa piccola azienda, di circa 7 ettari, guidata da Stefano Salvetti, che non riusciamo a incontrare, impegnato come noi ad assaggiare curiosamente tra i banchi dei colleghi. Veniamo accolti invece dalla moglie Laura, che ci illustra i propri vini, iniziando dalle difficoltà incontrate nell’ultima annata, che li ha privati dell’etichetta di vertice. Ma le cose che hanno fatto, pur in quantità un po’ più limate, rispetto comunque a produzioni già dalle bassissime rese, hanno provato a farle bene. E lo proviamo con l’Augusto 2014, dal profilo succoso e dai cenni esotici, con bei frutti al naso, che tornano aggraziati in una beva onesta e saporita, dal ricordo di mela-banana con accenni di erbe aromatiche. E’ capace di essere un vino quotidiano senza essere banale. Chiama un tramonto estivo e una terrazza sul mare.

Qualche grado di colore in più lo troviamo nel giallo paglierino del Villa Linda 2014, dotato anche di un bagaglio di aromi che si arricchisce di paglia, anice, ananas e pesca gialla. Ripulisce il palato con bella freschezza. Un vino più articolato, che chiede però almeno un paio di mesi in bottiglia per essere apprezzato al meglio. Qui le uve provengono in prevalenza dal podere Villa Linda, che gli dà il nome, ma si completa con le uve da vari appezzamenti, disposti dai 20 ai 250 metri di quota, sfruttando anche una piccola percentuale di uva Albarola.

Si va nei poderi di Sarticola per ottenere il Solarancio, qui presentato col millesimo 2013 (uscirà a settembre il 2014, se la memoria non mi inganna). Le vigne si infittiscono fino a 8000 ceppi per ettaro, le rese scendono a 30/40 quintali, e i terreni su cui poggiano le viti di vermentino sono un agglomerato di su scisti rossi. Cambia anche la vinificazione, che prevede una sosta di 48 ore sulle bucce, poi lunga fermentazione a T controllata e affinamento in acciaio sulle fecce fini per un anno. Il colore è un oro vivace e invitante, i profumi si giocano la carta della mineralità che ammicca all’idrocarburo, intrigante su un mix di frutti gialli e custard al limone. Al palato mantiene le promesse coniugando tensione e dinamica a una rotondità e una persistenza notevoli. Grande prospettiva e carattere da bianco di razza.

Chiudiamo la carrellata col bianco di punta, che come accennato non ci sarà nel 2014, in quanto la precarietà delle uve ha preferito indirizzare le migliori a realizzare il Solarancio. Ma parliamo de L’Aura di Sarticola 2013, un vino che è stato davvero sorprendente e folgorante, e non mi lascio andare spesso a fanatismi. Parto dal provare a raccontarlo, con la sua veste di oro, dalla ricca estrazione, e poi un naso preciso, elegante, ricamato su toni di miele, fiori di tiglio e di acacia, zenzero fresco, zeste di cedro e marmellate di agrumi. All’assaggio stupisce, conquista, coccola e coinvolge. Sorso ritmato, sull’onda di una cavalcata fresco sapida che si porta in sella gli agrumi e i fiori percepiti al naso, con un passo elegante ed equilibrato, che mi fa pensare a certe cosine francesi nei dintorni di Montrachet, ma al di là di fatui paragoni, è un vino seriamente buono, innegabilmente. Detto questo puntualizzo che non abbiamo trovato un accenno di ossidazione, non una sovraestrazione, non una sensazione tannica. E tutto ciò per spiegare che mai si immaginerebbe la complessa vinificazione che c’è dietro, suddivisa in tre partite diverse. Un terzo viene vinificato come il Solarancio, con sosta sulle bucce per 48 ore, mentre un secondo terzo viene tenuto invece per 15 giorni in fermentazione a 20°C, a contatto con le bucce, per poi andare in tonneau non tostati, dove svolge anche la mallolattica e rimane per un anno prima dell’assemblaggio finale. Infine l’ultima parte è raccolta al tramonto e vinificata con pigiatura tradizionale con i piedi. Questo Colli di Luni Vermentino Superiore dalla vinificazione così articolata guadagna in struttura e rotondità, ma senza eccessi e pretenziosità. Mi resta solo la sensazione di essere davanti a un grande bianco, dotato di tutto quello che mi aspetto e ne vorrei subito un magnum per portarlo agli amici e farne godere a tutti la bontà. Solo 500 bottiglie, quando prodotto, di questa chicca, dal prezzo oltretutto commuovente. Provare per credere.


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