di Giovanni Agnoloni
Pietro Ruggieri, Le naturali alternanze, Galaad Edizioni, 2013.
La vita è come la musica, fatta di note in battere e in levare. Lo sa bene Pietro Ruggieri, che lo dimostra in questa raccolta poetica, che fin dal titolo confessa la propria vocazione lirica e “filosofica”. Ci sono pause, iati, nell’eterna dinamica della natura, in cui si riflettono le vicende, soprattutto d’amore, dell’io narrante implicito e sotteso a questa successione di brevi ma densissimi “canti”.
Le parole ne delineano i profili con la ricchezza materica della spatola di un pittore amante degli spessori (“Troppo pesanti questi raggi, / si uncinano alla pelle”, sono i versi d’esordio di “Deserto”), lasciando intuire la distanza tra l’attimo anelato e il punto di osservazione attuale (“Camminerò sulle rive / della tua finta presenza, / senza lacrime e senza sorriso, / ricordando il nulla che era, / attendendo il bene che rechi. / Ora è silenzio, anima mia. / Dormi”, leggiamo in “Pensieri notturni”).
Le scelte lessicali non sono mai volte solo a produrre un effetto: dietro c’è sempre un vissuto, un’atmosfera imbevuta di mondo, che, quasi “in negativo”, spinge e fa emergere un nucleo percettivo-emotivo viscerale (“Segui le onde lente, / lo sciaquio mesto e antico / che tramò sogni d’estate. / Non odo ancora passi / verso la mia presenza, / non conosco il volto / foriero di trepidi agguati” – da “Attesa”). E le “naturali alternanze”, come ben sottolinea Michele Toniolo nella sua prefazione, sono quelle tra i moti ondosi dell’animo, ma anche del cosmo nella sua interezza (“Sento un rumore di fondo, / incessante risuona dall’antro, / sommesso rimbalza e fa eco, / risale continuo la china, / riporta le voci non dette, / timori antichi e mai sciolti, / corregge le pause serene, / rivela passioni inevase” – da “Lo specchio”).
Presupposto e imperturbabile testimone di tutto questo è infatti la Natura, la Grande Madre, che non dà risposte ma, lucrezianamente, sembra dirigere in una sublime indifferenza (o magari seguendo una logica imperscrutabile) questa eraclitea “danza degli opposti”, che scioglie in un’intuizione liberatoria (“Brusio intorno d’insetti e / nenia di voci distanti, / lo scorrere lento dell’acqua / trascina gli affanni / spingendoli al mare” – da “Alla foce del Salinello”).
C’è, dunque, un approdo, una soluzione inaspettata, frutto non della somma algebrica tra i tanti “più” e “meno” dell’equazione esistenziale, ma di un imponderabile fattore spiazzante, radicato nell’Eterno e nel Profondo. È qui che la poesia di Pietro Ruggieri punta, a questo utero di pura essenza, da cui si parte e dove, affidandosi ai flussi della vita e intuendone la legge intima, è possibile fare ritorno.
Per saperne di più consulta l'articolo originale su: