Pietro Savorgnan di Brazzà

Da Aquilanonvedente

Credo che molti (come il sottoscritto fino a poche ore fa) ignorino l’esistenza di questo singolare personaggio: Pietro Savorgnan di Brazzà (Brazaville, attuale capitale della Repubblica del Congo, prende il nome da lui, che l’ha fondata).

Ma cos’aveva di particolare questo tizio, nato a Castel Gandolfo nel 1852 e morto a Dakar nel 1905, naturalizzato francese?

Era un  esploratore alternativo“, diremmo oggi, “dal volto umano“, uno di quelli che gli schiavi li comprava per liberarli, a differenza di quello che facevano i suoi colleghi inglesi, portoghesi, francesi o tedeschi.

Innamorato dell’Africa, cercava territori inesplorati da conoscere e studiare, stringeva accordi con re locali, era un idealista insomma.

A 15 anni si presentò a un ammiraglio francese in viaggio a Roma e si propose come ufficiale. Nel 1875 si avventurò nel cuore dell’Africa occidentale, lungo il fiume Ogoouè, con un carico di vestiti in velluto e seta con tanto di strass, cinture e diademi, che scambiò con gli indigeni in cambio di piroghe per continuare il suo viaggio.

Nel 1880 effettuò una seconda spedizione, in Congo. Le notizie su questo bianco buono fecero il giro dei villaggi e il capo del popolo tèkè lo invitò nella sua capitale e, in cambio di protezione, garantì il protettorato francese sulla riva destra del fiume, dove sarà poi fondata la città di Brazaville.

La popolarità dell’esploratore italo-francese cresceva, ma in Francia suscitò invidie e gelosie. Durante un convegno pubblico a Parigi si confrontò con l’esploratore britannico Henry Morton Stanley e oppose al piglio arrogante di quest’ultimo la sua nobiltà d’animo e le sue motivazioni che lo avevano portato in Africa (che non erano quelle di sfruttare le immense ricchezze naturali del continente, ovviamente a costo zero).

Nel 1898 Brazzà fu destituito dal ruolo di governatore del Congo e si ritirò ad Algeri. Qualche anno dopo, quando in Francia circolarono voci di abusi, stragi e orrori compiuti dai colonizzatori in Congo, venne richiamato per svolgere un’inchiesta sul posto. Accettò l’incarico, trovò le prigioni dell’orrore e scrisse una relazione al vetriolo, terminata la quale s’imbarcò per la Francia, ma non arrivò mai a destinazione: morì a Dakar per una malattia tropicale o, come sospettarono alcuni, avvelenato.

Credo che vada ricordato questo personaggio, per quanto fu diverso dagli altri colonizzatori del tempo.

Sono passati, per esempio, soltanto poco più di cento anni da quando, nel 1904, il generale tedesco Lothar von Trotha sterminò gli Herero dell’Africa sud occidentale, che passarono da 80.000 a 15.000 anime. “L’esercizio della violenza, del terrorismo e perfino della macabra ferocia era ed è la mia politica” dichiarò il generale.

Chissà se qualcuno ha quantificato anche questi danni di guerra da rimborsare…



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