Ebbene topi ve lo svelo. Sono la figlia di un giocatore di bocce. Un gran giocatore di bocce. Un vero campione. Campione della Lunga. Vedete, il gioco delle bocce, molto sentito nella mia valle e anche in tutta la nostra vicina Provenza, si divide in tue tipologie: alla Lunga, con bocce più grosse, più regole e se vogliamo anche con più difficoltà e la Petanque con bocce invece più piccole e meno rigori nonostante vanti anch’essa diversi campioni. La differenza più grande tra le due sta nel campo da gioco. Se nella Lunga si utilizzano campi regolamentari e ben delineati da linee che servono alle regole della disciplina, la Petanque può invece svolgersi su qualsiasi tipo di terreno e senza righe a circoscrivere tranne il segno della postazione di tiro. Per cui, un prato, un terreno sabbioso, una strada non asfaltata, andranno tutti bene, con più o meno difficoltà, per divertirsi in compagnia. E’ un gioco infatti che possono svolgere i più grandi e i più piccini ma, i veri professionisti, si dividono in due categorie ossia il Puntatore e il Bocciatore. Colui che avvicina la propria boccia il più possibile vicino al pallino e quello che invece, con una bocciata, deve cercare di spazzar via la boccia dell’avversario. Esiste anche la figura del “Jolly”, mi si passi il termine, che è la persona in grado di puntare ma anche di bocciare all’occorrenza, quando i suoi compagni di squadra rimangono senza bocce o quando gioca singolarmente. Mio padre è prettamente un puntatore. Il migliore ovviamente per me. Una precisione da maestro, un tocco pulito, un lasciare la boccia fluido e morbido. Pare governarla anche da lontano. Conosce le minime pendenze di ogni campo. Ha giocato ovunque nella sua lunga carriera iniziando da bambino. Divertentissimi sono i tornei estivi. Nella mia valle non c’è paesino che non abbia un campo da bocce e, alla sera, mentre gli uomini giocano, le mogli, con il golfino sulle spalle, li stanno a guardare. Si possono vincere anche ricchi premi a seconda dell’organizzazione o ci si può semplicemente prendere un pò in giro tra amici. Le bocce sono belle pesanti, di certo non rimbalzano e anch’io mi diverto molto con queste sfere lucenti. Mio padre, un gran giocatore, mio nonno un gran giocatore. Tutta la famiglia insomma. Ricordo di aver vinto una medaglietta anch’io in passato, durante una gara con il mio papà. Per il resto, la mia attività “boccistica” si limita al puro divertimento. Sono affezionata a questo sport. Ci sono nata dentro. Ho passato intere giornate e serate a guardare mio padre e non mi pesava. Quando un bocciatore stà per effettuare il suo lancio dopo aver preso una minima rincorsa, a differenza ancora della Petanque nella quale si boccia da fermi, bisogna stare tutti in silenzio e completamente immobili altrimenti il bocciatore oltre a sbagliare il tiro, potrebbe causare un danno serio sulla testa di qualcuno. Immaginatevi quindi le ammonizioni a noi piccoli quando, tutti insieme, ce ne stavamo lì, ai bordi del campo, a vedere i nostri genitori intenti a vincere. Ricordo l’aria fresca sulla pelle quando il giocatore mi passava davanti e, dopo aver tirato, mi sorrideva. Mi conosceva, ero la figlia del suo grande amico. Ricordo le scarpe impolverate di papà. Il suo sorriso quando mi diceva – Tieni – e mi regalava la medaglia vinta. Sempre. Ricordo i moscerini impazziti vicino ai lampioni. Ricordo gli stock! delle bocce che picchiavano tra di loro, le urla allegre di chi faceva punto e gli insulti scherzosi di chi perdeva. Ricordo le strette di mano a fine partita e poi tutti al bar del paese dove, il perdente, doveva pagare da bere a tutti. Che bello! Era arrivato il momento del gelato o del ghiacciolo all’anice! Alcune partite erano interminabili ma noi si stava lì e se proprio capitava che la noia s’impadroniva di noi, con la notte complice, si andava a giocare a nascondino per le vie del borgo. Molto spesso eravamo impazienti perchè i grandi ci dicevano che a fine gara, avremmo potuto giocare noi con quelle palle dure protagoniste della serata. Era come avere in mano un tesoro e, imitando i veri giocatori, lanciavamo il pallino, pulivamo le bocce con lo straccetto e marcavamo la grossa biglia a terra con l’apposito ferretto. E poi la si misurava anche. Ovvio. Vuoi mica che ti regalo un punto così, senza accertarmene? Con il piccolo metro, che era più divertente da maneggiare che altro, si contavano pazientemente tutti i cm che dividevano la mia boccia dal pallino e quella dell’avversario e…. via a litigare. Non è solo uno sport per me. E’ un ricordo, un incontro, un’emozione, un lieto pensiero. Sarò sincera, non invidio le mogli dei giocatori che ogni domenica e, in estate, quasi tutti i giorni, sono nelle bocciofile a perdere o a vincere. Ma per come ho vissuto io quest’attività, l’ho rinchiusa nel cuore. E voi topi, avete mai giocato a bocce? E’ anche da voi sentito questo passatempo? Un bacione, a presto!
Magazine Diario personale
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