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Titolo: So dove sei Autrice: Claire Kendal Editore: Garzanti Numero di pagine: 325 Prezzo: € 16,40 Il mio voto: ★★★ La recensione: Dall'altra parte della strada, nascosto in un angolo, negli incubi. Come riuscirsi a liberare di un pensiero fisso, di un'ombra che non va via, di un amore possessivo che ignora il suono di un inequivocabile no? So dove sei è un thriller che tratta di stalking. Come la cronaca nera, come il nuovo serial di Kevin Williamson, come quel grande libro che fu Nell'angolo più buio. L'esordio dell'inglese Claire Kendal parla di un qualcosa di così diffuso e abusato da risultare, all'apparenza, poco originale. Ma il romanzo, narrato sia in prima persona che in terza, sia diario che narrazione ordinaria, è la storia personale di una vittima, e ogni vittima ha una sua verità da comunicare, un messaggio da lanciare, giustizia da reclamare. L'autrice lascia parlare la sua Clarissa a briglie sciolte. Scortese togliere la parola a un personaggio di finzione che potrebbe essere attorno a noi, in cerca di un aiuto. O di un volto conosciuto, al prossimo incrocio, a consolidare le sue ansie persistenti. Clarissa è finita a letto con Rafe, un collega, e si sono fatte troppo piccole l'università, il quartiere, l'intera città: l'uomo l'ha intrappolata con le sue manie in altre manie. Di quella notte: solo i lividi e la confusione. Quello che è successo ma non doveva la porterà a rifugiarsi in un tribunale, membro della giuria nel processo di un crimine sessuale lungo e efferato, e a dare un nome a prede sbandierate per beffa in ambienti in cui non esiste sessualità senza dolore. L'autrice, maturissima, ripete il nome della sua protagonista cento volte. Come quando dici e ridici una cose, finché non ne perdi il senso profondo. Quelle reiterazioni, assillanti, rendono l'ossessione. Quel nome inconsueto, Clarissa, ricorda quello di colei che colloquiò con il male in Il silenzio degli innocenti. La caratterizzazione della protagonista, grazie a stralci di memorie dirette, è esemplare: una giovane donna con passioni d'altri tempi – il cucito, le favole, i principi azzurri – che non fa altro che inciampare negli uomini sbagliati. Rafe, il viscido aguzzino, e Robert, la nuova fiamma che le fiamme le spegne in un lavoro eroico e pericolosissimo. Ma qualcosa, nella seconda parte, non va. L'andamento discontinuo disperde l'attenzione, la parentesi giudiziaria porta a un fattore ignoto e superfluo, l'epilogo – soddisfacente, ma poco brillante – non regala sorprese. Restano una prima parte apprezzabile, uno stile riconoscibile e curato, la voglia di sviscerare l'argomento per guardare gli organi marci del mostro di turno. E vedere se ha un cuore che batte. Elementi che fanno di So dove sei un buon libro, ma un thriller che – per le troppe parole – non ti bracca.
Titolo: Agnes Autrice: Peter Stamm Editore: Beat Numero di pagine: 155 Prezzo: € 9,00 Il mio voto: ★★★ La recensione: I libri che non sai inquadrare. Quelli che hanno qualcosa che non riesci a cogliere. Ingiudicabili, quasi. Introversi, ermetici, completi in minima parte. Libri come questo Agnes. Ben scritto, pieno di frasi da appuntare e rileggere, di una quiete che rilassa e conquista pian piano. La cosa più bella del romanzo dello svizzero Peter Stamm è un incipit che dice tutto e non dice niente. Inchioda, con la curiosità che cresce. Agnes è morta. L'ha uccisa un racconto. Ci sono due Agnes, in centocinquanta pagine: quella che il protagonista conosce in una giornata di pioggia in una biblioteca, a Chicago; e l'altra, quella di cui il protagonista scrive, all'inizio per scherzo, su insistenza di quella donna misteriosa e taciturna che gli è entrata prima in casa, poi nel cuore. All'inizio, verità e finzione coincidono. Il racconto del protagonista è un riassunto delle loro giornate, una sua versione di fatti realmente accaduti. Poi la Agnes del romanzo prende vita e, come gli scrittori sanno per esperienza diretta, il personaggio conduce il suo creatore davanti a svolte impreviste e dolorose, mentre la sua relazione con l'altra Agnes – la prima, la vera – giunge ad un bivio. L'amore per una donna, l'amore per la scrittura. Un racconto dedicato a una lei come fosse un ritratto: pagine per controllare la persona, così come si controlla la materia letteraria. Fino ad arrivare a rivolgersi all'amata in terza persona, a confonderla con la Agnes tra le pagine: quella che, insieme a lui, ha costruito una felicissima saga familiare, mentre nella realtà, amara, restano solo loro. Soli. In una città fredda e dispersiva. Primo romanzo che leggo dell'autore, Agnes si è rivelata una strana lettura, di cui ho idee confuse, ma non negative. Uno stile algido e asciutto, una prosa che sembra incisa nel legno, una storia d'amore, tra uno scrittore e una violoncellista che studia i misteri della matematica, destinata a finire già a pagina uno, che artiglia lo stomaco con un misto di inquietudine e sentimento. Si legge in un pomeriggio, ma ha ali pesanti. Agrodolce, decisa, tesa come una corda che aspetta la carezza dell'archetto. O il taglio netto di un paio di forbici. “La felicità la si dipinge con dei punti, l'infelicità con delle linee. Se vuoi descrivere la nostra felicità, devi fare tanti piccoli punti, come Seurat. E che si tratta di felicità, lo si vedrà solo a distanza.”
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