Titolo:
Adieu mon coeur
Autore:
Angelo Calvisi
Editore:
CasaSirio
Numero
di pagine:
Prezzo:
€ 13,00
Il
mio voto: ★★★
La
recensione: Ha un titolo francese, un autore italiano, un
protagonista cittadino del mondo. A farcelo conoscere, una casa
editrice piccina ma in crescita che, con i suoi scrittori di qualità,
le edizioni curate e quel formato tascabile che è un piacere, la scorsa estate, si era
imposta come un'autentica rivelazione. Qualche mese dopo, rieccola
ospite sul blog: pubblicano il romanzo di Angelo Calvisi,
pensano a me per avere un parere e, questa volta, fanno più colpo
loro – pop e pieni di carattere – che un libro
breve e particolare, di cui poco mi viene da dirvi. La storia a
frammenti di Paolo, e son frammenti sparsi, lo mostra
bambino, adolescente ed adulto, nell'arco di trent'anni vissuti in
giro e a pieno. Cresciuto nella provincia genovese, passa l'infanzia
in oratorio, tra le partite a calcio balilla, gli amici i cui
nomignoli sono tutto un programma, le prime cotte e i primi dolori: i genitori litigano spesso, le altre bambine
non se lo filano, un avvenimento luttuoso è dietro l'angolo. Quattro parti, quattro decenni e, nel finale, un salto indietro.
Un'adolescenza in comunità, la scoperta della musica, una moglie e un paio di figli in Francia. Ma com'è che si
dice? Mogli e buoi dei paesi tuoi e, sempre parlando per proverbi
della nonna, il primo amore non si scorda mai. Ecco che ritorna la spasimata Michela, che proprio non può
desiderare. Ecco che la bottiglia, la chitarra e rimpianti ci fanno
prima perdere e poi ritrovare. Il cuore resta – checché ne dica il
titolo – e ci sono
una bella struttura ad incastro, verità e nostalgia a palate, qualcosa del Nick Hornby di Alta fedeltà,
del Nicholls di Un giorno, del
Biglia bugiardo e avventuroso di Ti prendo e ti porto via.
Le gioie del vinile e le donne, gli incontri una volta ogni morte di
Papa e la non trascurabile
incapacità nel combinarne una giusta. Che c'è, allora, che non va?
Oggettivamente, niente: Adieu mon coeur è un amarcord tra
passato e presente, con tocchi di grottesco, un colonna sonora perfetta, l'umorismo vincente, l'occhio lucido. Ma trent'anni li avrei
letti ancora più volentieri in più pagine e il me a cui tanto a
genio il racconto, alla fine, non sta, ha patito un po' i salti e la
divisione in capitoli a sé stanti. Gradirò sempre i tipi di
CasaSirio, perciò, ma mi farò un'idea pià precisa di chi sia Angelo
Calvisi – professionista poliedrico e dalla biografia stermianta, da quel che leggo –
con a dispostizione, si spera, un'altra storia e, soprattutto, altre
pagine.
Titolo:
Non respirare
Autrice:
Elisabetta Pastore
Editore:
Frassinelli
Prezzo:
€ 18,00
Numero
di pagine: 244
Il
mio voto: ★★½
La
recensione: Spesso, ci sono libri – belli, brutti, boh – a cui
non ti avvicineresti mai, se non fosse che, a promuoverli, c'è
tutto un ambaradan e la firma di un editore di cui ti fidi alla cieca. La Frassinelli piace perché
raramente cavalca l'onda, la Frassinelli non pubblica comuni erotici.
Allora cos'era il romanzo della Pastore, sulla doppia vita di una
ragazza meridionale che impara a diffidare dagli uomini, a preferire
la campagna alla metropoli, a esplorare la propria sessualità?
L'etichetta di romanzo erotico, in realtà, più che stretta gli sta
larga, lì dove si immaginerebbero comunemente parole languide, un
fare ammicante, protagonisti avvenenti. Non
respirare ha invece una protagonista smilza, poco procace, e uno stile asciutto e spigoloso. Veronica, di giorno
avvocato sottopagato e di notte voce a un telefono a pagamento, fa
sesso alla cornetta perché a Roma non si può campare e perché il
suo ragazzo è un tossico che le mette a soqquadro la borsetta. I suoi interlocutori cercano il massimo del piacere e le confessano l'inquietudine più segreta. Vive lunghe giornate e
lunghissime notti. Vive due vite. Eppure resta una
protagonista a metà: senza carattere. Ma ha le sue peculiarità, i
suoi tratti distintivi. Disegna, ad esempio, spinta da voci che, a
matita, si fanno volti. E son volti che, a volte, incrocia dove meno
si aspetterebbe. La matita sul foglio è istinto basico; il sesso non
è fatto ma descritto, parlato. In Non respirare, la
parola assume fondamentale centralità, infatti, e i toni, carezzevoli e sboccati, non cadono nell'eccesso. La storia, sventato
il pregiudizio iniziale, c'è, così come lo stile. Un eros a voce; un'esordiente promettente. Non respirare, tuttavia,
convince poco. La Pastore, seppure spicchi, con un non so
che del Lucarelli di Almost Blue,
segue quella che chiamo la poetica dello spezzettamento: frasi e
paragrafi telegrafici, nessun capitolo, un racconto racchiuso tra un
punto fermo e l'altro. E, per i miei gusti, sono troppi i
punti e troppo poco quello che c'è in mezzo. I sussurri di Veronica
– la stessa che fa boccheggiare, venire, piangere i suoi lontani e
solitari clienti – qui arriva come smorzata. La linea sta per cadere. Chi c'era davvero dall'altra parte? Tuuuu tuu...
Inviato il 02 marzo a 18:51
Ciao, sono Angelo (Adieu Mon coeur). Desidero ringraziarti per le tue parole. E dirti anche che il senso più profondo del libro risiede proprio nei "salti" che infastidiscono una parte del "te"! Poi una volta ne parliamo, se vuoi... Alla prossima.