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Pillole di sapere: come diventare critico d’arte, filosofo, scrittore, opinionista, ecc. in pochi secondi e senza nessuno sforzo…

Da Bruno Corino @CorinoBruno

Pillole di sapere: come diventare critico d’arte, filosofo, scrittore, opinionista, ecc. in pochi secondi e senza nessuno sforzo…
Molti anni fa or sono, avevo un amico (simpaticissimo) ch’era convinto d’essere l’erede artistico di Cezanne e Dubuffet. Si autodefiniva un pittore informale. A quel tempo, infatti, l’arte informale spadroneggiava. Qualsiasi dilettante, che non sapesse dipingere o tenere un pennello in mano, faceva “arte” a modo suo. E guai a contraddirlo. Guai a dirgli che imbrattare stoffe o tele con colori buttati a caso non vuol dire fare arte. Che l’arte è il prodotto di un processo di conoscenza, lungo, elaborato, meditato.
Insomma, l’astrattismo, il concettualismo, e l’informale avevano aperto la strada a chiunque volesse definirsi artista. Il fatto che non fosse più necessaria la forma, dava finalmente l’illusione di poter sprigionare la propria repressa creatività. A quel punto, non c’era bisogno di conoscere le elementari regole della pittura, l’uso della prospettiva, la conoscenza dei materiali o delle tecniche pittoriche. Tutto questo non faceva altro che tarpare le ali al genio artistico. Erano sufficienti una buona dose di faccia tosta e di presunzione per diventare un artista.
Un fenomeno simile, in altri ambiti però, noto che si sta verificando nell’era di Internet: tutti possiamo improvvisarci giornalisti, recensori, storici, scrittori, filosofi, opinionisti, politologi, analisti, ecc…
Non abbiamo bisogno praticamente di imparare quasi di niente: sono sufficienti una connessione a Internet, saper a malapena leggere e scrivere, aprire un blog o partecipare a un blog, e il gioco è fatto!
Poniamo che questa mattina abbia voglia di diventare un critico d’arte e scrivere un post proprio sull’arte informale. Poniamo che io ne abbia sentito parlare occasionalmente in una trasmissione televisiva. Preso dalla curiosità, ho consultato la voce “arte informale” su Wikipedia, trovando alcune nozioni. Dopo di che inizio il lavoro di copia/incolla. Estrapolo alcune frasi da tutto un contesto, e, se sono bravo, cerco di connetterle in modo coerente. Poi vado in un sito dove si parla di questa corrente artistica ed estrapolo qualche altra frase per non dare a vedere che ho copiato tutto da Wikipedia. Infine, per meglio “personalizzare” il mio post vado alla ricerca di una frase ad effetto. In pochi minuti ho creato un interessante post sull’arte informale.
Adesso lo limo un po’ ed ecco il risultato:

“L'Arte informale prende forza negli Stati Uniti ed in Europa tra il 1950 ed il 1960, soprattutto in Francia, con protagonisti come Jean Fautrier, Jean Dubuffet e Georges Mathieu. Questo è un movimento artistico di vaste proporzioni e naturalmente, i linguaggi pur avendo un comune denominatore che li accomuna, si differenziano tra loro per le diversità delle tradizioni culturali dalle quali i singoli artisti attingono. Le due componenti fondamentali dell'informale si precisano nel gesto e nella materia. Può essere un gesto simbolico, ad esempio, come quello di tagliare una tela o un gesto di provocazione, come quello di apporre la propria firma, o, ancora, un gesto di protesta, come quello di realizzare macchie più o meno informi. La materia, infine, si trova improvvisamente in primo piano. È nella sua scelta e in quella di tutti i possibili accostamenti tra materie diverse che l'artista manifesta la propria energia creativa. La poetica dell'arte informale, fortemente impregnata delle teorie filosofiche fenomenologiche ed esistenziali, realizzò l'identificazione dell'artista con la propria opera mediante il gesto stesso del dipingere, provocando così un'incolmabile frattura tra l'importanza nuova assunta dalla tecnica e quella non più valutata della teoria e del contenuto. Va notato che è impossibile definire l'Informale come un movimento: “non è una corrente precisa: è un clima in cui rientrano diverse correnti, tutte irrazionali e quasi sempre non figurative” (G. Ballo, 1968)”.

Mi sembra, effettivamente, un bel post! In pochi secondi mi sono trasformato in un critico d’arte! Cosa c’è di mio? Niente. Solo l’abilità di copia/incolla…
Nessuno sforzo creativo, nessuno studio di base…
Allo stesso modo posso improvvisarmi storico, filosofo, opinionista, ecc.: è sufficiente prendere dei pezzetti di qua e di là, disporli in un determinato modo, e il gioco è fatto!
Cosa voglio dimostrare con questo esempio? Anzitutto, che non abbiamo più bisogno di studiare, di consultare biblioteche su biblioteche, per scrivere su un qualsiasi argomento: il “sapere” è a portata di mano! Non solo, ma diventa qualcosa che posso manipolare a mio piacimento.
Quali conseguenze posso trarre sul nostro modo di concepire il sapere?
1) La conoscenza e il sapere diventano “effetti di superficie”, una sorta di patina da spalmare sulle cose…
2) che non ho bisogno né di un buon livello critico della conoscenza né di alcuna facoltà creativa…
Ma la conseguenza più importante e negativa è che non occorre “specializzarsi” per scrivere su qualcosa. Se l’essere critico d’arte è qualcosa alla portata di tutti, la funzione del critico d’arte perde completamente di valore. Così per gli altri “mestieri”.
Intendiamoci: non è che la ricerca del sapere si blocchi, bensì è l’immagine che si ha del sapere a subire una configurazione del tutto inedita. In sostanza, l’immagine che si sta affermando del sapere e della conoscenza è che sia un cumulo di nozioni già bell’e predisposto e che non occorra nessuno sforzo per poterlo acquisire. Il sapere si configura come una sorta di serbatoio al quale ognuno può attingere per riempiere la sua tanica. Il che porta a credere che tutto sia già stato detto e scritto, e che quindi non ci sia altro da aggiungere…
È insomma il valore nozionistico del sapere quello che si sta affermando nell’opinione comune. Non sono dunque importanti i processi di produzione del sapere, ma i suoi risultati. Tutto ciò porta ad essere dei fruitori passivi del sapere e non dei produttori (in quanto il sapere è già stato prodotto). Ma la mera fruizione di sapere porta al deprezzamento del suo valore. E, dal momento che i suoi processi di produzione sono messi in secondo piano, questi processi non vengono più controllati dai suoi fruitori. Cioè non vengono sottoposti a nessun controllo critico. Perciò la qualità dello stesso processo tende a scemare ogni giorno. Ecco perché ormai possono propiziarci qualsiasi tesi, qualsiasi ipotesi, qualsiasi conoscenza, senza provocare alcun moto di rigetto, tanto ormai siamo abituati ad ingurgitare qualsiasi pillola di sapere…


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