E' Gibran. E' scritto sui muri in questo posto in cui entro per la prima volta. Ho provato a spiegarlo anche al Signor Dude ma, niente da fare, passo sempre per una svampita quando dico queste cose.Il the alla menta qui è buonissimo. Lo fanno bollente, zeppo di foglie di menta, servito al vetro e con zollette di zucchero bruno. Poi ti ci abitui, e ci rimani male dove te lo servono senza menta.E' che poi fa sempre piacere quando ti regalano un libro con la dedica. Se poi la dedica è scritta in dialetto perché si dà il caso che tu e lo scrittore abbiate mezza terra d'origine in comune, tutto prende una piega piacevolmente paradossale, in un'ottica europeista come quella beneluxina. Volevo cucinare, invece stavo male, invece mi si è ammuffito il pane libanese e quindi anche la cena è scivolata nella frugalità. Faccio incubi in cui perdo l'agenda e non so più nemmeno come mi chiamo. Mio fratello ha il diabete, ci rimango ancora male quando ci penso. Ma come mai San Sebastiano martire è un'icona gay? Mi sfugge il nesso con la Carrà e la Lear. Dalla regia mi dicono "perché è raffigurato sempre nudo". Io la prendo per buona ma poi penso che anche Gesù è spesso in negligé. Fare la lavatrice, come lavare i piatti e innaffiare le piante, rappresenta un momento estremamente zen delle mie giornate. Ma quand'è che i ragazzini hanno smesso di baciarsi per la strada? Baciarsi, si baciano comunque, facebook è un ricettacolo di ormoni secondo solo alla tiroide, ma sembra lo facciano solo lì. W. mi ha invitato al teatro di Laeken, che a quanto pare è un luogo caldo frequentato dalla cricca fiamminga di Bruxelles. Ci andrò, anche se si prospetta un periodo lavorativamente troppo intenso per dire quando. Voglio rinchiudermi in casa e scrivere. Quand'ero piccola ho rotto l'Olivetti di mio nonno; ancora mi sento in colpa, anche se nonno non se n'è mai curato. Aveva gli occhi come due buchi di cielo, mio nonno. Ho passato una settimana inenarrabile, col fratello in visita, la febbre, il lavoro, le nottate fuori a pensare a come evitare il come del giorno dopo. Sono un po' stanca, ma da sabato mi rinchiudo. E scrivo. Sul serio, senza venir qui a sputare germi di cose come ho fatto ultimamente. Che, per inciso, fa bene comunque, ma questo tipo di scrittura per associazioni è come la grappa, poca è buona, troppa è coma. Ma che bel proverbio inventato e (finora) quasi credibile. Adesso vado a dormire, che se mi si rompono le dighe mi tocca scrivere finché reggeranno le palpebre. L'ultimo pensiero è per quel barbone fuori dal Delhaize che sembra Hemingway; spero davvero dorma al caldo.
E' Gibran. E' scritto sui muri in questo posto in cui entro per la prima volta. Ho provato a spiegarlo anche al Signor Dude ma, niente da fare, passo sempre per una svampita quando dico queste cose.Il the alla menta qui è buonissimo. Lo fanno bollente, zeppo di foglie di menta, servito al vetro e con zollette di zucchero bruno. Poi ti ci abitui, e ci rimani male dove te lo servono senza menta.E' che poi fa sempre piacere quando ti regalano un libro con la dedica. Se poi la dedica è scritta in dialetto perché si dà il caso che tu e lo scrittore abbiate mezza terra d'origine in comune, tutto prende una piega piacevolmente paradossale, in un'ottica europeista come quella beneluxina. Volevo cucinare, invece stavo male, invece mi si è ammuffito il pane libanese e quindi anche la cena è scivolata nella frugalità. Faccio incubi in cui perdo l'agenda e non so più nemmeno come mi chiamo. Mio fratello ha il diabete, ci rimango ancora male quando ci penso. Ma come mai San Sebastiano martire è un'icona gay? Mi sfugge il nesso con la Carrà e la Lear. Dalla regia mi dicono "perché è raffigurato sempre nudo". Io la prendo per buona ma poi penso che anche Gesù è spesso in negligé. Fare la lavatrice, come lavare i piatti e innaffiare le piante, rappresenta un momento estremamente zen delle mie giornate. Ma quand'è che i ragazzini hanno smesso di baciarsi per la strada? Baciarsi, si baciano comunque, facebook è un ricettacolo di ormoni secondo solo alla tiroide, ma sembra lo facciano solo lì. W. mi ha invitato al teatro di Laeken, che a quanto pare è un luogo caldo frequentato dalla cricca fiamminga di Bruxelles. Ci andrò, anche se si prospetta un periodo lavorativamente troppo intenso per dire quando. Voglio rinchiudermi in casa e scrivere. Quand'ero piccola ho rotto l'Olivetti di mio nonno; ancora mi sento in colpa, anche se nonno non se n'è mai curato. Aveva gli occhi come due buchi di cielo, mio nonno. Ho passato una settimana inenarrabile, col fratello in visita, la febbre, il lavoro, le nottate fuori a pensare a come evitare il come del giorno dopo. Sono un po' stanca, ma da sabato mi rinchiudo. E scrivo. Sul serio, senza venir qui a sputare germi di cose come ho fatto ultimamente. Che, per inciso, fa bene comunque, ma questo tipo di scrittura per associazioni è come la grappa, poca è buona, troppa è coma. Ma che bel proverbio inventato e (finora) quasi credibile. Adesso vado a dormire, che se mi si rompono le dighe mi tocca scrivere finché reggeranno le palpebre. L'ultimo pensiero è per quel barbone fuori dal Delhaize che sembra Hemingway; spero davvero dorma al caldo.
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