Magazine Cultura
Ma leggiamo il pensiero di Pino
Impossibile non chiederti lumi sulle origini dei Trip e su come diventasti il loro drummer!
Le origini dei Trip sono inglesi e l’atto iniziale fu quello di Ricky Maiocchi (ex Camaleonti); Io suonavo con il gruppo torinese "Le Teste Dure" e a Torino i Trip erano di casa. I Trip erano per me il top dei gruppi che si esibivano nei migliori locali di Torino ed in tutta Italia. A mia insaputa mi seguivano come batterista, e Billy Gray aveva il compito di ascoltarmi per poi riferire a Wegg e Joe. Una sera, mentre scendevo le scale di un famoso locale di Torino, il "Mack uno", incrociai Wegg, che appena mi vide propose l’espressione di colui che vede un miraggio… mi disse: “Cercavo proprio te!”. Con il suo inglese italianizzato, o forse italiano inglesizzato, mi chiese di andare a suonare con loro in quanto il loro batterista, Jan Broad, li aveva abbandonati dopo una accesa discussione. Precisamente con loro iniziai nel ’67, allo Scotch di Finale Ligure: a quel tempo suonavamo cover.
Hai partecipato ai primi due album della band e sei quindi entrato di diritto nella storia della Musica Progressiva Italiana: che cosa c'era di realmente innovativo in quei due dischi?
Di innovativo credo ci fosse stato il modo di suonare, con gli strumenti (basso chitarra e organo) in forma polifonica fraseggi di blues, musica classica e rock, distaccandoci quindi dai soliti brani di musica leggera: strofa, refrain, ritornello, refrain, strofa, ritornello, e così via. Eseguivamo delle Suite musicali.
Perchè ad un certo punto ti staccasti dal gruppo?
Nel capodanno del 1971/1972 facemmo un concerto vicino a Roma, a Civita Castellana. Rientrando a Roma, arrivati all'hotel come sempre accadeva, abbiamo scaricato i bagagli per portarli all'interno dell'hotel, lasciando il furgone incustodito per alcuni minuti. Ritornati per prendere il furgone e custodirlo in garage trovammo l'amara sorpresa: il furgone era sparito (forse eravamo stati seguiti). Ci trovammo ripuliti degli strumenti e quindi a terra, moralmente ed economicamente. Per rifarci proposi ai ragazzi di fare un genere discograficamente commerciale (vedi Fantasia e Una Pietra Colorata), per rifarci un pò e per provare a vendere più dischi, in quanto con il nostro genere facevamo pienoni ai concerti, ma dischi se ne vendevano pochissimi; sicuramente il nostro genere Prog vende più oggi (ma è troppo tardi). Wegg e Joe non colsero la mia proposta; solo Billy aveva capito quanto chiesi (infatti anche lui se ne andò dalla band per fare il suo blues. Decisi così di uscire dal gruppo, forse con troppa impulsività, e di ritirarmi anche dalla musica.
Delle band italiane dell'epoca i Trip erano i più internazionali, data la presenza di Wegg Andersen e Billy Gray, ed un inizio all'insegna di Ritchie Blackmore: erano davvero un passo avanti a noi, questi inglesi?
Sììììì, gli inglesi erano più avanti di noi, non tanto per la tecnica personale, comunque diversa dalla nostra, ma per l’esecuzione dei pezzi; in Italia i musicisti imparavano a memoria i brani e li eseguivano (come in molti fanno ancora oggi), gli inglesi invece fornivano un’interpretazione personale, che è molto diverso semplicemente dal suonare ed eseguire i brani.
Due ex Trip citati non sono più tra noi: che ricordi hai di loro
Wegg e Billy erano due persone diverse tra loro pur essendo anglosassoni. Di Wegg ricordo il suo spirito avventuriero: infatti non viaggiava con noi sul furgone, adorava spostarsi in solitaria, passando da una città all'altra in treno, mentre noi tre viaggiavamo con il furgone contenente la nostra strumentazione. Per quanto riguarda la musicalità Wegg e Billy avevano in comune il sound e il groove, la loro intesa musicale era impressionante. Billy lo ricordo come una persona socievole, simpatico, intraprendente e sciupafemmine in quanto era un dolce conquistatore e seduttore. Tra di noi esisteva una classifica per quanto riguardava avere successo con le donne: in 1° posizione c'era appunto Billy, seguito da Wegg, poi Joe e per ultimo il sottoscritto e infatti i giornalisti mi definivano "il brutto conquistatore".
Dopo un lungo letargo durato una quarantina di anni, Joe Vescovi ha riannodato la fila dei Trip, ed io sono testimone oculare degli atti più importanti: cosa ha significato per te la reunion, anche se non ti ha visto coinvolto completamente?
Molti anni prima della effettiva reunion, avvenuta nel 2010, avevo contattato più volte Joe e Wegg, proponendo loro di riformare il gruppo e ritornare sulla scena; purtroppo però senza esito, le risposte sono sempre state "NI" o "SO". Anche se non sono stato coinvolto direttamente sono stato felice della reunion perchè, essendo io lo storico del gruppo mi piaceva sapere che i nostri fans erano felici di questo, dimostrandomi comunque grande affetto e dimostrazione che non mi avevano dimenticato. Anzi, c'è stato pure un grande scontro tra fans e Joe su facebook, i nostri seguaci si sono divisi, chi voleva il sottoscritto nella reunion e chi voleva Furio. Sta di fatto comunque che in più occasioni sono stato coinvolto come special guest, e questa per me è stata una bella soddisfazione.
Che tipo di batterista era ed è Pino Sinnone?
Io vengo dall'oratorio, figlio di operaio, e con una famiglia alquanto numerosa (7 figli) abitavamo nelle case popolari. Iniziai a suonare su pentole, casseruole e ogni superficie che mi permetteva di sfogare il mio istinto ritmico. Non avevo tecnica, sono andato soltanto sei mesi a scuola da un batterista di musica da ballo che faceva l'imbianchino, il quale mi insegnò solo a tenere le bacchette in mano. Il resto lo feci da solo quindi autodidatta dell'altro ieri, senza molti riferimenti. I batteristi autodidatti di oggi hanno molti riferimenti da cui attingere. Mi ritengo perciò un batterista da gruppo e non solista, tenendo il groove appunto per il gruppo.
Recentemente sei stato ospite del secondo album de Il Cerchio d'Oro, assieme a Fico Piazza, Ettore Vigo e Martin Grice: che cosa hai provato nel partecipare ad una registrazione a distanza di cosi tanti anni?
Devo ringraziare i ragazzi del Cerchio d'Oro che mi hanno stimolato nel riprendere le bacchette in mano che avevo abbandonato per più di 35 anni. E' stata per me una grande emozione aver partecipato alla registrazione del loro eccellente ultimo lavoro dal titolo "Dedalo E Icaro"; il brano in cui ho suonato si intitola “Il Mio Nome è Dedalo", un brano abbastanza impegnativo per repentini cambiamento di tempo.
Qual è il tuo più grande rammarico, riferito al tuo impegno musicale?
Non ho alcun rammarico. Per mia fortuna sono una persona consapevole di ogni avvenimento della mia vita, consapevole di essere stato il batterista de The Trip, consapevole di aver rifiutato la proposta di andare con i Pooh, consapevole di aver abbandonato per mia scelta lo strumento, consapevole del passare degli anni e… consapevole di invecchiare serenamente; a questo proposito mi sono creato un aforisma a doc: "Non sono un vecchio che vuole ostinatamente fare il giovane, ma sono un giovane felicemente invecchiato”.
Ci saranno altre occasioni per vederti dal vivo o in qualche nuovo album?
E’ possibile che mi possiate vedere dal vivo in circostanze di ospite di qualche gruppo, ed è anche possibile che mi possiate ascoltare in un nuovo album, non come Trip ma come Pino "Caronte" Sinnone.
Dopo pochi giorni Joe ha cambiato luogo di vita e Pino ha voluto ricordare così quei momenti…
Nel 2012, dopo il concerto ad Alassio in memoria di Wegg, venni a sapere che a Joe era stato riscontrato un tumore al pancreas. La sua famiglia ed io abbiamo cercato di non far trapelare la notizia per non allarmare amici e fans. Joe è stato un grande musicista/compositore... a circa 20 anni compose molti meravigliosi brani di cui tutti sanno, ne cito solo due, Caronte ed Atlantide. Joe era a capo dei Trip, non per fare il comandante, ma per trasferire ai noi, suoi compagni di "Trip", Wegg, Billy ed il sottoscritto, le sue magnifiche opere, .che sono ascoltate ancora oggi da molti fans sparsi per il mondo. Quando non eravamo in tournee andavamo in ritiro alla famosa "Villa Rosso", a Cisano sul Neva, in provincia di Savona. Avevamo un bellissimo affiatamento tra noi facevamo le prove durante il giorno e, alla sera tardi, quando era giunta l'ora di andare a dormire, lui si fermava ancora sulle sue tastiere e componeva. Il giorno seguente ci faceva ascoltare cenni delle sue creazioni e dava ad ognuno di noi tre il suggerimento di come voleva la base ritmica musicale di quei brani. Era piuttosto severo e a volte addirittura (era anche un polistrumentista) imbracciava il basso, poi la chitarra e poi anche si sedeva alla batteria per farci sentire come voleva l'esecuzione. Lui amava vestire con abiti settecenteschi creandosi cosi una immagine unica, quella da “lord". Un giorno di Maggio 2012 mi telefonò e mi disse che stava organizzando un concerto ad Alassio, in memoria di Wegg, e mi avrebbe voluto sul palco come "special guest", in quanto batterista storico de' "The Trip". Indescrivibile la mia felicità di poter nuovamente suonare con lui dopo 40 anni. Una settimana prima che morisse mi venne una gran voglia (presentimento) di andare a trovarlo in quel di Grottammare dove risiedeva: in 40 anni non ci ero mai andato e ci sentivamo solo al telefono). lo vidi nel letto in ospedale, fu felicissimo di incontrarmi, e sono riuscito a dirgli: “Joe ti voglio bene...”, al che lui mi rispose che non aveva alcun dubbio ed anche lui me ne voleva. Una cosa mi fece ancora più felice fu quando la moglie che lo seguiva con amore mi disse: “Pino il tuo arrivo qui al suo capezzale lo sta facendo rivivere... si stava lasciando andare”. Ebbi una grandissima soddisfazione quando mi disse che suonare con me era sempre una grande onore e piacere, e questa è la cosa che mi rimarrà per sempre nel cuore. Purtroppo il 29 novembre, alle 23.30, ebbi l'amara notizia della sua morte. In chiesa durante la messa (la chiesa era gremita), salii sul pulpito e dissi ai numerosi presenti: “Proviamo ad immaginare di trovarci alla stazione per accompagnare Joe all'ultimo suo viaggio... Lui è salito su di un treno, ha preso posto, i vetri sono oscurati, noi non lo vediamo ma lui siiiiii.... ci vede, ed è qui con noi”. Feci ascoltare un brano cantato da lui, Little Janie, composto nel 1969 e dedicato alla grande Janis Joplin.... a quel punto scoppiò un grande e lungo applauso... ciao Joe!
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