Ho sempre amato la pioggia.
La pioggia calma, senza vento, quella che cade dritta e decisa, mi rilassa. Amo camminare sotto la pioggia, possibilmente senza ombrello, riparata solo da un buon impermeabile con cappuccio.
Mi piace sentire l'acqua cadermi addosso, e anche qualche goccia bagnarmi il viso.
Mi piace sentire l'umido dei muri e, quando d'estate la pioggia cade sull'asfalto caldo, mi piace immergermi nel vapore che sale.
E mentre cammino mi piace osservare le altre persone intorno a me.
C'è chi cammina in fretta in fretta, il collo incassato nelle spalle e la fronte aggrottata quasi a voler diventare un grumo impermeabile.
C'è chi cammina rasente ai muri, cercando riparo sotto balconi e tettoie.
C'è chi evita accuratamente ogni pozzanghera.
C'è chi, impavido, sfida gli elementi.
C'è chi smadonna in silenzio perché proprio oggi era uscito con le scarpe di camoscio nuove e chi inveisce contro l'automobilista che è entrato nella pozzanghera senza alcun riguardo, inondandolo di acqua sporca.
C'è la signora preoccupata per i capelli appena fatti che si afflosciano mestamente appesantiti dall'umidità.
C'è il poveraccio a cui una goccia è caduta direttamente nel collo.
C'è l'automobilista incazzato nero perché aveva lavato solo ieri l'automobile e quello a cui si rompono i tergicristalli proprio nel bel mezzo dell'acquazzone.
E, se alzi lo sguardo verso le case, vedi il bambino col naso incollato ai vetri, la signora che sta frettolosamente raccogliendo il bucato, e immagini che ci sia chi sta davanti al fuoco, chi legge un libro e chi, cullato dal ticchettio delle gocce sui tetti, si riscalda in un abbraccio.
E, come dice De André, C'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo.