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pioggia e sorrisi

Creato il 14 gennaio 2011 da Occhio Sulle Espressioni
pioggia e sorrisi狂った一頁 (Kurutta ippêji)
1926
Giappone
regia: Teinosuke Kinugasa
soggetto:Yasunari Kawabata
sceneggiatura: Yasunari Kawabata, Teinosuke Kinugasa, Minoru Inuzuka
Pellicola indispensabile se si vuole avere un quadro sufficiente delle avanguardie cinematografiche diffuse per il mondo, e questa vale in rappresentanza della terra nipponica. Figlia del movimento Shinkankakuha, tradotto come neopercezionismo o neosenzazionalismo, fra le cui schiere era presente Yasunari Kawabata, il noto premio Nobel per la letteratura, soggettista e sceneggiatore dell'opera insieme a Kinugasa stesso e Minoru Inuzuka.
Purtroppo possiamo bearci soltanto di un'ora di film, frutto di un rimontaggio avvenuto dopo un fortunoso ritrovamento nel 1971, e probabilmente parte della comprensibilità è venuta meno. Non è però solo questo a rendere ostica l'assimilazione, ci troviamo di fronte al caso di un film senza didascalie (ispirazione in tal senso possibile da L'ultima risata di Murnau, apprezzato dal regista), al tempo sopperite dall'interpretazione di un "benshi", un narratore presente in carne ed ossa. L'impedimento può però trasformarsi in modalità di lettura, creando una sorta di empatia visiva, una trasmissione del senso puramente emozionale, non narrativa, che si confà al volere emotivo dello Shinkankakuha; d'altronde la natura tecnica del film si presta a questa alternativa estrema, essendo un vortice virtuoso, fatto di distorsioni, montaggio accelerato, campi particolari, montaggio alternato e soprattutto sovraimpressioni, tutto utile a creare un'atmosfera onirica, mnemonica e dell'immaginazione. Si è usata gran parte delle tecniche disponibili al tempo, viste anche in film francesi arrivati sul posto, cosa non consolidata nel Giappone di allora, più avvezzo a stilemi realisti. Curiosa la somiglianza anche con le favolose tecniche del cinema sovietico, che Kinugasa avrebbe conosciuto, apprezzando tanto alcuni autori, dopo l'ultimazione di Kurutta... Menzione anche per i titoli iniziali, poeticamente sublimi.
È però con un apporto narrativo che l'opera dà il meglio, tale da aiutarci a capire tratti sfuggenti della storia. Questa descrive la vita in un ospedale psichiatrico, con protagonisti il custode e sua moglie, rinchiusa nella struttura a causa di una passata azione sconsiderata. Personaggi salienti sono anche la figlia della coppia ed il suo compagno, e non meno lo sono gli altri ricoverati, in particolare la vicina di cella della donna, che esternerà le sue emozioni ballando freneticamente per quasi tutta la durata. Sarà proprio lei a dare il via alla sequenza principe, dove i folli si ribelleranno e leggeranno il mondo attraverso il suo corpo. Sottofondo sarà un'ossessiva e martellante musica, allo stesso modo presente nel resto del lavoro, utilizzata più recentemente e in vece dell'accompagnamento originale. Magnifico il finale, dove il protagonista donerà a se stesso, alla sua donna e ai pazienti delle maschere da teatro , tutte sorridenti, che libereranno ognuno facendo da scudo alla cattiva realtà, per esorcizzarla e far finalmente venir fuori la serenità.
In Italia è noto come Una pagina di follia.

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