Magazine Diario personale

Pioggia indipendente

Creato il 03 agosto 2014 da Scribacchina

Ieri sera, birretta(e) con un gruppo di amici che non vedevo da un po'; location, una delle solite feste della birra della zona. Di solito, in queste feste è raro vedere sul palco gente che suona – figuriamoci che suona bene. E infatti, quello che ho sentito era perfettamente in linea con questo assunto.
Ma andiamo con ordine. In cartellone c’era un gruppo che mi era stato descritto dai più navigati come «garage-teen-pseudorock-indipendente»; inoltre, due gruppi-spalla ignoti a tutti.
Dirò soltanto del secondo gruppo spalla, del quale non farò il nome per evitare linciaggi o simili – tanto s’assomigliano tutti, questi gruppi di giovani ribelli.

Intenta a sezionare i sentori della birra che avevo tra le mani, sento dire: «Ehi, ma quella lì è una bassista!». Ovviamente non ci si riferiva a me, ma alla «bassista» che stava sul palco.
Uso non a caso le virgolette. Perché una fanciulla con maglietta ad altezza inguinale, collant 10 denari, basso pure lui ad altezza inguinale, sacro plettro alla mano e raffiche di note tutte uguali mica può chiamarsi «bassista». Completavano la line-up un ragazzone un po’ alticcio che si atteggiava a cantante e un batterista che (forse) salvava tutta la formazione.

Testi rigorosamente in italiano. Mi ha colpito un brano (immagino di protesta) dove il testo era formato esclusivamente da nome e cognome di donnacce della politica-entertainment – immaginate, urlati a raffica, i nomi delle varie «Belen! Daniela Santanché! Barbarba D’Urso! Giorgia Meloni!» e via dicendo.
L’altro brano-top era una sorta di cantilena sgraziata che diceva una cosa del genere: «Siamo tutti in cerca di qualcuno / che ci prenda per il culo».
Dopo una serie di tentativi di feedback e dopo un siparietto piuttosto triste (il cantante inginocchiato davanti alla bassista, lei che gli passa il basso come fosse il sacro graal e gli dona il plettro poggiandolo sulla di lui lingua, quasi un’ostia sacra), non ho retto oltre e me ne sono andata a casa. Anche perché pioveva che dio la mandava – un po’ come stamattina, d’altra parte.

Ma la curiosità è donna. E, come già dissi ripetute volte, Scribacchina lo è: curiosa e donna.
Scopersi così tramite il santissimo Wikipedia che quel gruppetto indipendente non era propriamente composto da regazzini, giacché s’era formato nel lontano 2005 (quasi diec’anni fa). Non solo: il gruppo ha alle spalle tre album (ben tre album, signori miei!), è endorser Gibson (…) e uno dei suoi video è comparso in una puntata di una nota sit-com su Italia1. Inoltre, sembra sia stato premiato come miglior gruppo indipendente proprio l’anno scorso. Mica patatine.

[mi viene in mente quel mio amico bassista che, conscio delle proprie capacità, diceva di fare «free jazz»...]

Ora. Se nel 2014 «musica indipendente» significa gente che non sa suonare, cantanti stonati e testi senza un briciolo di poesia (ma neanche di prosa, suvvia), beh, io torno senza troppi rimpianti ai feedback del mio Pastorius.
E tanti saluti.


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