Se avete amato la crisi finanziaria del 2008, vi innamorerete della prossima
di Philippe Plassart
E' un segnale rivelatore. Alla fine, i mercati non hanno voluto includere il rischio di un default della Grecia. Inebriati dalla liquidità, fanno mostra di un incrollabile ottimismo. Non c'è niente che riesca a scalfire un simile ottimismo, nemmeno le cattive notizie che continuano a susseguirsi. Destabilizzazione della penisola arabica, segnali di rallentamento dell'economia mondiale, ecc., non hanno importanza, l'indice VIX che misura la volatilità dei mercati, ossia il loro grado di stress e di paura, rimane al suo livello minimo. Ben lontano dai picchi raggiunti nel corso della crisi del 2007/2008. "L'idea stessa di rischio sembra essere scomparsa dalla mente degli investitori. Come se avessero sottoscritto presso la Banca Centrale un'assicurazione contro tutti i rischi", ha osservato Christopher Dembik, analista della Banca Saxo. Eppure, c'è qualcosa che non va.
"I mercati azionari vanno al massimo e vedono la vita tutta rosa, mentre l'economia reale continua a dare segni di sofferenza. Qualcosa non torna, qualcuno si sta sbagliando", analizza Véronique Riches-Flores, economista indipendente. I mercati non hanno memoria. Hanno dimenticato le crisi passate - la crisi della borsa del 1987, la crisi monetaria del 1993, il collasso ed il salvataggio in extremis dei fondi Long Term Capital Management, così come la crisi della bilancia dei pagamenti dei paesi asiatici nel 1998, lo scoppio della bolla Internet nel 2001, e soprattutto quella che è stata la più terribile, quella dei subprime e della cartolarizzazione nel 2007/2008, nel corso della quale il sistema finanziario era quasi esploso. Ora, i semi di una prossima crisi - impossibile, certamente, da datare, ma potenzialmente assai più devastante - sono stati probabilmente già seminati. E indubbiamente la cosa peggiore è proprio l'attuale senso di falsa sicurezza che porta ad ignorare questi rischi.
Un rilascio di liquidità senza precedenti
E' stato Milton Friedman, al fine di evitare un collasso finanziario, a suggerire un rilancio della liquidità, "sganciando denaro dagli elicotteri". Le banche centrali hanno seguito le raccomandazioni del maestro. A loro difesa, va detto che senza dubbio non avevano altra scelta. La riserva federale americana in tal modo ha iniettato quasi 3.500 miliardi di dollari, e la Banca Centrale europea, da qui al settembre del 2016, andrà ad acquistare 1.100 miliardi di euro di titoli di Stato. Quanto alle altre banche centrali (Inghilterra, Giappone), anch'esse non hanno fatto eccezione. In totale, il bilancio della banche centrali è raddoppiato, passando da un po' meno del 3,5% a quasi il 6% del PIL mondiale. Problema: questo denaro che dovrebbe sostenere l'economia non è ancora arrivato, al momento, ai suoi destinatari, le imprese e le famiglie, attuando in tal modo una ripresa del credito. "Il canale bancario su cui hanno contato le banche centrali non funziona per niente bene. Tant'è che il finanziamento dell'economia non è più al centro delle attività bancarie", analizza Jézabel Couppey-Soubeyran, specialista di economia bancaria e finanziaria.
Da dov'è passato allora questo denaro? Nei mercati finanziari. Le quotazioni azionarie a Wall Street in 5 anni sono raddoppiate, e a Tokyo in due anni, mentre le borse europee hanno seguito lo stesso esempio dopo che la Banca Centrale ha annunciato, a sua volta, l'attuazione di misure non convenzionali. Ora, tali movimenti verso l'alto sono in gran parte scollegati dalla realtà economica e da una crescita che non ha niente di sfavillante. "Si è confusa la creazione monetaria con la creazione di ricchezza", taglia corto l'economista Charles Gave.
Un'area di tasso d'interesse inedita
Questo afflusso di liquidità ha avuto come effetto quello di schiacciare il tasso d'interesse a dei livelli storicamente bassi, quasi vicino allo zero su quasi tutta la curva. Un'evoluzione desiderata dalle stesse banche centrali. "Sono più di sei anni che la Federal Reserve fornisce denaro gratuitamente. E la BCE ha fatto lo stesso. Ora, quando il denaro non costa niente, si possono fare solo sciocchezze", lamenta l'ex-banchiere Jean-Michel Naulot. Peggio ancora, a determinate scadenze, i tassi sono perfino divenuti negativi. Una situazione che può essere vista come aberrante, dal momento che arriva a far pagare al creditore il prezzo della sua sicurezza. "Come può funzionare un sistema economico senza una ricompensa per l'incertezza, legata al trascorrere del tempo? Questo semplicemente non è possibile. Non ci troviamo più in un mondo logico", stima Charles Gave.
In ogni caso, questa zona inedita di tasso d'interesse, e le sue anomalie, ha avuto come effetto quello di falsare un buon numero di calcoli economici e finanziari. E quindi di perturbare la razionalità degli attori. "Gli investitori ìn cerca di rendimenti non li trovano più per mezzo dei canali tradizionali. Valutando male il rischio, si rivolgono a dei titoli sempre meno sicuri: junk bonds, azioni speculative", osserva Christophe Nijdam, segretario generale dell'ONG Finance Watch.
La finanza, sempre più un campo minato
Nel 2009, i leader del G20 avevano manifestato la loro volontà di rimettere "al suo posto" la finanza, cioè a dire al servizio dell'economia. Sei anni dopo, bisogna constatare che la sfera finanziaria, sempre più ipertrofica, rivolta più che mai - e sempre più velocemente - a sé stessa, senza altra considerazione che del suo proprio interesse. "La finanza mondiale rimane un campo minato", diagnostica l'esperto Paul Jorion. E un campo minato in continua espansione. Il mercato dei derivati ammonta ormai a quasi 700mila miliardi di dollari, ossia dieci volte il PIL mondiale.
Quanto allo "shadow banking" - questa finanza nell'ombra che sfugge alla regolamentazione - esso continua a svilupparsi, spesso nello stesso seno della finanza ufficiale. Sono apparsi dei nuovi strumenti, con un forte potenziale destabilizzante, come il Trading ad alta frequenza, che prima della crisi del 2008 praticamente non esisteva, e che ormai rappresenta la metà delle transazioni. Inoltre, ci sono dei segmenti di mercato che sperimentano nuove "mode" come i "repos" o i "prestiti di titoli", in cui i titoli, per esempio dei debiti, possono servire da garanzia per dei nuovi prestiti. Meccanismi dove la fertilità dell'innovazione finanziaria fa a gara con la sua complessità. Un cocktail che ci ricorda la cartolarizzazione che ha preceduto la crisi dei mutui subprimes.
Le anomalie di una regolamentazione incompiuta
Un'altra promessa non mantenuta, quella di regolare il settore della finanza. "Sono stati fatti due passi avanti ed un passo indietro. Comunque, il cammino percorso non è stato sufficiente", analizza Christophe Nijdam. "Le attività speculative delle banche non sono state vietate", si allarma, a sua volta, Jean-Michel Naulot. Le lobby delle banche e degli istituti finanziari hanno opposto una resistenza feroce ad ogni tentativo di inquadramento. Sicché i famosi coefficiente prudenziali di Basilea III, che si presumeva mettessero il settore al riparo da una ricaduta, appaiono del tutto edulcorati. "Le banche hanno guardato soprattutto alla valutazione dei propri rischi, cosa che naturalmente le ha portate a minimazzare quest'ultimi. Risultato, i cuscini dei fondi di capitale richiesti si sono rivelati insufficienti. In ogni caso, il dispositivo completo della prevenzione dei rischi non sarà operativo prima del 2019 e del 2020", dichiara Jézabel Couppey-Soubeyran. Un quadro che lascia del tutto scettico Paul Joirion: "Il livello delle riserve è stato deciso sulla base di una probabilità gaussiana di incidente, cioè a dire secondo una curva a campana. Ora, gli shock finanziari non rientrano affatto in questa categoria a causa del loro carattere sistemico. Si è visto chiaramente con il fallimento della compagnia americana di assicurazioni, AIG, nel 2008. Questa aveva accumulato delle riserve intorno ai 4 miliardi di dollari. Ed è stata spazzata via da perdite intorno agli 85 miliardi." Guardarail ben fragili, i coefficienti prudenziali, che rassicurano a buon mercato, non fanno altro che aumentare pericolosamente la sensazione di una falsa sicurezza.
I segnali di un'esuberanza irrazionale
Sovrabbondanza di liquidità, schiacciamento dei tassi d'interesse, sofisticazione degli strumenti finanziari, guarda-rail illusori. Sono tutti elementi che spingono, di nuovo, "al crimine". Alcuni attori hanno rinunciato alle pratiche a rischio molto elevato. Secondo le autorità normative britanniche, più di un fondo speculativo su dieci attualmente utilizza un effetto di leva finanziaria superiore a 50, ciò vuol dire che si gestiscono delle posizioni di mercato che corrispondono a 50 volte le quantità di denaro che sono in gestione! Acrobazie senza rete. "Attualmente, ho ritrovato a New York gli stessi segnali che avevo osservato nel periodo che ha preceduto la crisi del 2007-2008: un abbassamento generale della vigilanza, un'assunzione sconsiderata di rischi, pratiche di collocazione del credito che non hanno alcun senso", riflette Édouard Tétreau, manager di Mediafin.
E come nel 2007, il centro di questi eccessi sembra trovarsi negli Stati Uniti. Secondo il premio Nobel Robert Shiller, grande esperto della formazione delle bolle speculative, il PER (rapporto fra prezzi ed utili) corretto del ciclo economico si è alzato, a Wall Street, fino a 27, un livello mai raggiunto prima salvo che nel ... 1929, 2000 e 2007. Si vedono altri segnali "di esuberanza irrazionale", come la moltiplicazione di "società zombie", per esempio nel biotech o nei network sociali, capaci di aspirare capitale senza alcun risultato, osserva Christopher Dembik. Ma è soprattutto il ritorno spettacolare dei subprime e delle attività di riconfezionamento e cartolarizzazione dei debiti che fa tornare alla mente il ricordo della crisi. "40% dei crediti al consumo distribuiti sul mercato americano, sono destinati alle famiglie ... insolventi", avverte Édouard Tétreau.
La minaccia assai reale di una crisi sistemica
Siamo pronti quindi a rivivere una crisi, tipo quella dei fondi del mercato monetario che, nell'agosto del 2007, aveva interrotto brutalmente il mercato interbancario internazionale? Una crisi di natura sistemica quindi, in cui la caduta di un anello della catena coinvolge tutti gli altri come in un gioco di domino. L'interconnessione fra gli attori - e quindi la loro dipendenza degli uni dagli altri - non ha smesso di crescere negli ultimi anni, ed ha ricominciato a provocare sudori freddi ad alcuni osservatori.
Si formano dei veri e propri nodi. Sul mercato del "prestito di titoli" e dei "repos", stimato a 20mila miliardi, uno stesso titolo può essere rivendicato in media da due attori e mezzo, cosa che pone il problema della sua attribuzione in caso di improvvisa richiesta di liquidità. I difetti delle camere di compensazione del mercato dei derivati costituiscono un'altra fonte di preoccupazione. Sono state create una mezza dozzina di banche dati, ma non dispongono di registri standardizzati, cosicché in caso di urgenza di dover definire le posizioni, non sarà possibile farlo. Panico assicurato.
Quale sarà il detonatore?
Quale sarà questa volta il detonatore della crisi? Proverrà dalle compagnie tedesche di assicurazione sulla vita che si sono assunte tutti i rischi per mantenere le loro promessa di rendita al 3%, in un contesto di tasso zero? Dagli scricchiolii del vasto mercato dei "prestiti studenteschi" americani, la cui mancanza di tracciabilità comincia a spaventare i professionisti più agguerriti? Oppure dalla bomba ritardata del prossimo innalzamento dei tassi di interesse? "Quando i tassi sono a zero, come lo sono oggi, il rischio di sensibilità dei titoli alla risalita dei tassi si trova al suo massimo" - ci ricorda Christophe Nijdam. "Un innalzamento dei tassi dallo 0% all'1% provoca meccanicamente, in un'obbligazione a trent'anni, una perdita di capitale del 26%, quasi il doppio dell'impatto di un innalzamento dal 4% al 5%."
Una carneficina che potrebbe destabilizzare molti portafogli obbligazionari, ivi compresi quelli istituzionali. L'innalzamento dei tassi impatterà anche il mercato dei derivati, composto all'85% di derivati dela tasso ... Stupore e tremore. Ma la crisi arriverà senza dubbio da dove nessuno se l'aspetta, come il battito d'ali della farfalla che provoca l'uragano a migliaia di chilometri. Quando nell'ottobre del 2006, in una sperduta contea dello Stato della California, il prezzo delle case registrò il suo primo abbassamento dopo anni ed anni di boom immobiliare, nessuno prestava troppa attenzione ad una tale informazione. Fu il punto di partenza di quella che doveva diventare, qualche mese più tardi, la più grave crisi dopo quella del 1929.
Philippe Plassart
fonte: Le nouvel Economiste