Le Piramidi di Giza si ergono ancora possenti e maestose, alla periferia del Cairo. Il tempo le ha appena scalfite, senza togliere nulla alla loro imponenza e all’aura di mistero che le circonda. Quale era il loro vero scopo? Quando sono state edificate? Quale tecnologia è riuscita nell’impresa? Domande alle quali due secoli di egittologia non hanno saputo dare risposte del tutto esaurienti.
Decine di ricercatori, appassionati di archeologia e pensatori liberi, chiusi i libri di storia
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È questo l’approccio di Simone Scotto di Carlo, giovane ingegnere ambientale originario di Bacoli con la passione per la archeologia. Da neofita, armato di tanta umiltà ma anche grande determinazione, ha iniziato a confrontare le Piramidi di Cheope, Chefren e Micerino con altri edifici straordinari dell’antichità. Il primo è stato il Colosseo, uno dei vanti dell’ingegneria romana e costruito ben 2500 anni dopo rispetto alle tre sorelle della piana di Giza. Eppure, da vari punti di vista decisamente inferiore.
Nel suo studio, pubblicato da vari siti ( eccone un link: http://www.acam.it/la-costruzione-della-grande-piramide-tre-riflessioni/), Scotto di Carlo xxx xxxx
Ora, fa un passo in avanti. Nel suo ultimo articolo, l’ingegnere prende in esame le Sette Meraviglie del Mondo, ovvero quelle costruzioni magnificenti che la cultura classica riteneva il non plus ultra del genio umano. L’elenco comprendeva i Giardini pensili di Babilonia, il Colosso di Rodi, il Mausoleo di Alicarnasso, il Tempio di Artemide ad Efeso, il Faro di Alessandria d’Egitto, la Statua crisoelefantina di Zeus ad Olimpia e la Grande Piramide.
La prima considerazione è forse banale, ma incisiva ???: tutte queste straordinarie opere sono scomparse, distrutte da guerre, incendi, terremoti o semplicemente dallo scorrere del tempo. Di esse, oggi, abbiamo solo le descrizioni tramandate nei testi antichi e in rari casi fortunati qualche resto. Ciò vale per tutte, eccetto che per Giza: le tre piramidi sono ancora lì, pressochè perfette.
Eppure, sono le più antiche: secondo la datazione ufficiale, esse vennero erette tra il 2600 e il 2500 a.C., in piena età del Rame, mentre le altre costruzioni sono databili tra il VII e il III secolo a.C., nell’età del Ferro. Dunque, quando esistevano tecniche e strumenti di costruzione più evoluti. Ma ciò nonostante, nessuna è sopravvissuta alle Piramidi. “Anomalia che appare ancora più evidente, se si pensa che la Grande Piramide di Cheope è la più imponente: è l’opera più alta, voluminosa, pesante e complessa tra le Sette meraviglie”, dice l’articolo.
Non solo: “Essa, progettata e realizzata per durare nei secoli e sfidare calamità di ogni genere, richiedeva conoscenze ingegneristiche di altissimo livello. Le moderne tecniche di progettazione strutturale utilizzano il concetto di tempo di ritorno, per valutare le potenzialità della struttura di resistere alle calamità naturali che si possono abbattere in quell’area. Chiedere ad un progettista di realizzare un edificio per un tempo di ritorno che comprenda 5 mila anni di eventi naturali, senza prevedere alcun intervento di manutenzione, significa metterlo in serissime difficoltà, ancora oggi. Ritenere che gli Egizi fossero in grado di fare tali considerazioni già nel 2600 a.C. significa attribuire loro capacità ingegneristiche addiritura superiori a quelle moderne.”
Altro elemento da prendere in seria condiderazione: quei capolavori che ancora oggi ci stupiscono sono nati all’inizio della civiltà egizia, secondo i testi di scuola sorta all’inizio del III millennio a.C. Invece, le altre “meraviglie” sono apparse al culmine o verso la fine della storia dei popoli che le hanno prodotte. “Ciò indica un’inversione nello sviluppo delle capacità tecniche ed architettoniche degli antichi Egizi che appare unica tra i percorsi storici delle altre civiltà conosciute.
Gli Egizi sarebbero stati in grado, agli albori della loro civiltà ( il 9% della loro storia) di costruire l’opera megalitica più imponente e duratura dell’Umanità; inoltre, cessato quel determinato periodo storico, non sarebbero stati più in grado di edificare opere simili per il resto della loro storia.” Il paradosso è proprio questo: con il passare dei secoli, le maestranze egizie avrebbero perso le competenza necessarie per innalzare quei monumenti. Come l’autore dimostra in alcune tabelle, le uniche piramidi ben conservate sono le sette costruite prima del 2500; le successive sono fortemente danneggiate se non addirittura completamente sgretolate.
“L’indicazione è univoca: le piramidi più maestose e meglio conservate sono le più antiche. Dalla Quinta Dinastia fino alla fine della civiltà egizia, i Faraoni non stati in grado di costruire piramidi capaci di durare fino ai giorni nostri, pur avendo realizzato piramidi di dimensioni decisamente inferiori rispetto alle precedenti. Lo stato di conservazione è pessimo; addirittura alcune hanno la consistenza di semplici cumuli di pietre e sabbia, mentre altre sono completamente distrutte.
Quindi, pur avendo avuto periodi di sviluppo economico e politico importanti e pur avendo realizzato ancora opere meravigliose (basti pensare al complesso templare di Karnak o al Tempio di Abu Simbel), gli Egizi non sono stati più in grado per i restanti 2800 anni di impero di ripetere una sola opera lontanamente confrontabile – come dimensioni, mole, peso, difficoltà costruttiva e stato di conservazione- come le grandi piramidi del periodo della III e IV dinastia e in particolar modo con la piramide di Cheope.”
Conclude Simone Scotto di Carlo:”Questa raccolta di anomalie legate alla settima meraviglia del mondo antico ha lo scopo di porre in essere un dubbio ragionevole e legittimo: le piramidi attribuite ai Faraoni della III e IV dinastia potrebbero essere state costruite da un’altra civiltà precedente? Potrebbero aver avuto solo il merito di rinvenire e portare alla luce da millenni di parziale sepoltura dovuta alla sabbia del deserto le prime sette piramidi? Non essendo io uno storico nè un archeologo, mi limito a puntare con una piccola torcia un’esile luce su una strada che potrebbe portare ad una nuova fase di conoscenza della storia antica.”
Uno studio dettagliato, completo e soprattutto intuitivo, che fa comprendere- anche ai meno esperti- le incongruenze delle teorie comunemente accettate dall’archeologia ufficiale. E forse potrà essere utile anche a coloro che ancora si ostinano a negare l’evidenza e ad accettare, senza spirito critico, anche ciò che appare illogico. È a loro che l’ingegnere campano si rivolge principalmente. “Da sempre mi affascina la storia del mondo antico ed in particolare i misteri che la avvolgono”, spiega in una breve intervista.
“Ho iniziato ad appassionarmi all’argomento in un modo poco scientifico circa 5 anni fa attraverso i documentari che parlavano di OOPArt e di costruzioni megalitiche. La scintilla che ha acceso la voglia di approfondire l’argomento sulla costruzione della Grande Piramide è stata la chiusura mentale di alcuni egittologi: partecipando alle discussioni su un gruppo di Facebook dedicato alle civiltà megalitiche, ho deciso di combattere la loro “fede” assoluta nella teoria classica sugli inizi della civiltà e sulla paternità delle grandi piramidi.
Nonostante la mia impreparazione sull’argomento, l’ignoranza di alcuni egittologi mi consolava e mi invogliava ad andare avanti: alcuni di loro non sapevano (e addirittura sostenevano il contrario) che all’epoca della costruzione della Grande Piramide, gli Egizi non conoscevano la ruota e di conseguenza la carrucola e la grù.” Proprio così: nel 2500 a.C., avrebbero potuto usare solo corde, cunei di legno e strumenti in rame. Il bronzo e il ferro sarebbero arrivati nei secoli successivi…
L’idea di paragonare le Piramidi ad altre opere del passato è nata dall’esigenza di approfondire il discorso sulle origini delle civiltà. “Il metodo è molto semplice e può essere applicato da chiunque abbia un minimo di nozioni di storia e tanta voglia di leggere. Molte informazioni le prendo direttamente on-line da siti che stimo credibili e autorevoli. Poi, prima di pubblicare, invio il materiale ad alcuni amici- esperti veri del settore- per una correzione almeno “macro” sui dati ed i concetti esposti. Lo scontro frontale con gli egittologi ha dato il là ai due piccoli studi che oggi sono pubblicati su 11 siti, tra i quali vi sono anche alcuni importanti nel settore dell’archeologia non ufficiale.”
E quella ufficiale, invece, come ha reagito? “Ha ignorato (e spesso deriso) questi 2 piccoli studi: infatti ho inviato decine di e-mail a professori di storia, archeologia ed egittologia in tutta Italia, ottenendo nel caso migliore una porta in faccia”. Scotto di Carlo, che da qualche anno abiota a Pinerolo, riserva invece parole di stima per l’architetto Fiorini, autore del libro “Nel cantiere della grande Piramide”. “Ho avuto l’onore di conoscerlo e devo ammettere che le sue ipotesi sono molto convincenti, il suo è il lavoro più convincente sull’argomento. Con lui ho ancora oggi interessanti scambi di opinione: anzi, più che altro sono io che chiedo opinioni a lui…”
Ma se i Cheope ha soltanto riscoperto e magari restaurato- come farebbe intendere la lapide assai danneggiata trovara tra le zampe della Sfinge- chi ha fatto erigere quei monumenti tanto impressionanti? La risposta non c’è. “Io credo che sia giunto il momento di abbattere i dogmi dell’egittologia e dell’archeologia tradizionale.
Questo non significa abbandonarsi alla teoria degli antichi astronauti, o credere ciecamente che Atlantide sia la soluzione a tutti i dubbi. Se così fosse, cadremmo dalla padella nella brace!”, scherza il giovane ricercatore.
“L’Aristotelismo si è dimostrato un metodo di analisi capace di farci credere per quasi due millenni che la Terra fosse al centro dell’Universo; forte di quest’esperienza, la comunità scientifica dovrebbe liberarsi di ogni dogma precostituito e procedere nella ricerca di una nuova teoria capace spiegare OOPart e Megalitismo in modo più organico e completo. Pensiamo solo ai passi da gigante fatti nell’astronomia e nella fisica dello spazio quando ci si è liberati dal sistema tolemaico e si è adottato il sistema copernicano…
credo che gli stessi passi possiamo farli nella comprensione delle origini della nostra civiltà. Io non ho una vera opinione sulla costruzione della Grande Piramide, ma i dubbi sulla reale potenzialità degli Egizi dell’età del Rame di costruire un’opera immensa come la Piramide di Cheope restano grandi almeno come i monoliti in granito che costituiscono la camera del Re”
SABRINA PIERAGOSTINI
e comparazioni?
Procedo per ispirazione!
In una delle tante discussioni accesissime con gli egittologi, ho cercato di discutere con loro su un confronto con un’opera antica a noi ben nota e mi è venuto subito in mente il Colosseo.
Da lì il primo approfondimento.
Il metodo è molto semplice e può essere applicato da chiunque abbia un minimo di nozioni di storia e tanta voglia di leggere.
Molte informazioni le prendo direttamente on-line da siti che stimo credibili e/o autorevoli.
Poi, prima di pubblicare, invio il materiale ad alcuni amici esperti veri del settore per una correzione almeno “macro” sui dati ed i concetti esposti.
3) Come è venuta questa idea?Come le accennavo, nasce dall’esigenza di approfondire il discorso sulle origini della civiltà e sulla reale collocazione temporale e storica di OOPart e costruzioni Megalitiche.
Poi lo scontro frontale con gli egittologi ha dato il “LA” a qualcosa di più elaborato come i due piccoli studi di cui le ho inviato copia.
Studi che oggi sono pubblicati su 11 siti tra i quali vi sono anche alcuni importanti nel settore dell’archeologia non ufficiale.
Da notare che l’archeologia ufficiale ha ignorato (e spesso deriso) questi 2 piccoli studi: infatti ho inviato decine di e-mail a professori di storia, archeologia ed egittologia in tutta Italia, ottenendo nel caso migliore una porta in faccia