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Le atmosfere restano tutto sommato le stesse, mentre la vicenda si stringe ancor più alla figura di Jack Sparrow, che fuggito all'ennesima impiccagione certa in quel di Londra si ritrova imbarcato sulla nave del leggendario Barbanera alla ricerca della fonte dell'eterna giovinezza.
Riuscirà il più irriverente dei pirati a vincere la concorrenza dello stesso Barbanera, della sua ex fiamma Angelica e del sempre più combattivo Barbossa e raggiungere questo luogo famigerato?
L'altra sera, al termine della visione dell'ultimo - che, poi, ultimo non sarà di certo - capitolo della saga di Jack Sparrow, riflettevo sull'affermazione di Julez a proposito di questa serie, nata come costola di un'attrazione Disney da parco giochi e divenuta negli ultimi dieci anni un vero e proprio fenomeno di marketing legato a libri e prodotti d'intrattenimento, nonchè trampolino di lancio per attori come Bloom e la Knightley, che, in qualche modo, rappresenta per le nuove generazioni quello che Indiana Jones era stato per la nostra.
Ovviamente, Sparrow e soci non reggono - e mai reggeranno - il paragone con l'indimenticabile Indy, sia dal punto di vista tecnico che di emozioni suscitate nel pubblico, eppure una certa qual verità rispetto a questa affermazione è pressochè inconfutabile.
Tolti, infatti, Il gladiatore e Alexander - che mi piacerebbe, visto che trovo si adattino bene al periodo primaverile, rivedere e postare a breve -, pochi film nell'ultimo decennio hanno saputo rivitalizzare il concetto dell'epopea d'avventura, e l'unico regista ancora legato a questa grande tradizione pare essere Peter Jackson, che con la trilogia de Il signore degli anelli e King Kong ha saputo riportare l'audience là dove era stata abbandonata dallo Spielberg dei tempi d'oro.
Sicuramente, i quattro film finora realizzati e legati ai pirati dei Caraibi si inseriscono a pieno titolo in questo filone, pur rappresentandone, in qualche modo, la materia più bassa, e non risultando mai davvero convincenti anche agli occhi della critica più o meno illustre: personalmente, quando vidi il terzo capitolo sperai che la parola fine potesse essere finalmente posta sulle gesta di Sparrow e soci, imbolsiti e resi più che noiosi dopo le tutto sommato divertenti e godibili avventure dei primi due film - il secondo, merito anche dell'introduzione di Davey Jones, resta ancora il mio preferito -.
Il terrore, poi, che Rob Marshall - disperso ufficialmente dopo l'ottimo Chicago - raccogliesse il testimone lasciato da Verbinski trasformando il tutto in una baracconata in stile Nine si fece sempre più definito con l'avvicinarsi dell'uscita in sala.
Insomma, nulla - ma proprio nulla, compreso l'ormai irritante gigioneggiamento di Johnny Depp nel ruolo sempre più ingombrante di Sparrow e la presenza della da me personalmente detestata Penelope Cruz - faceva presagire a una qualsiasi cosa buona legata a questo Oltre i confini del mare.
Eppure devo ammettere di essere stato piacevolmente sorpreso: certo, siamo pur sempre di fronte ad un prodotto di totale intrattenimento di neppure alta qualità, eppure lo scempio del terzo capitolo pare essere stato definitivamente superato, e ad alcune ottime sequenze - la pubblicizzatissima parte dedicata alle sirene e la battaglia per la fonte tra spagnoli, inglesi e pirati - si aggiungono personaggi decisamente azzeccati - l'ottimo Barbanera interpretato da Ian McShane e la new entry Sam Claflin, erede più che probabile del fu Orlando Bloom - ed un ritmo da Cinema di genere dei bei tempi, dimentico delle lunghe e noiose parti troppo parlate del capitolo precedente.
Le note negative maggiori stanno proprio in Depp - ormai prigioniero della macchietta che è diventato Sparrow - e nella Cruz, personaggio aggiunto per ritagliare uno spazio ad una protagonista femminile di richiamo che nel ruolo di Angelica perde inesorabilmente il confronto con le precedenti Elizabeth Swann e Tia Dalma.
Il massacro operato dalla critica illustre, comunque, mi è parso sinceramente eccessivo, e se si è riusciti a passare indenni al sonno inesorabile indotto dal terzo film neanche stessimo attraversando un tratto di oceano infestato da frotte di sirene prese da una sessione intensiva di canto corale, allora quest'ultimo lavoro risulterà quasi piacevole, e pronto ad intrattenerci nella migliore tradizione del blockbuster da weekend.
Perchè, al contrario di Indiana Jones, questi pirati non sono proprio altro.
MrFord
"In high seas or in low seas,
I'm gonna be your friend,
he said, "I'm gonna be your friend."
And, baby, in high tide or low tide,
I'll be by your side,
I'll be by your side."
Bob Marley - "High tide or low tide" -
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