Giudizio con rito immediato per i pirati del mare affidato dal gip Valerio Savio, su richiesta del pubblico ministero Francesco Scavo alla terza Corte d’Assise. i reati contestati sono quelli di pirateria, sequestro di persona a scopo di terrorismo, violazione della legge sulle armi e danneggiamento.
I pirati del mare alla sbarra per la prima volta in Italia e precisamente il 23 marzo prossimo, davanti ai giudici della III Corte di assise di Roma. Sono nove i somali (attualmente detenuti a Regina Coeli e a Rebibbia) accusati dell’abbordaggio alla portacontainer Montecristo, avvenuto il 10 ottobre scorso nel Golfo di Aden. Gli imputati rischiano pene pesanti, anche oltre 20 anni.
Atti di depredazione, danneggiamento e detenzione di armi da guerra, aggravati dalla finalità di terrorismo i reati contestati dal pubblico ministero Francesco Scavo. In particolare, la depredazione, ossia l’atto di pirateria, è un reato previsto dal codice della navigazione e afferma che il “comandante o l’ufficiale di nave nazionale o straniera, che commette atti di depredazione in danno di una nave nazionale o straniera o del carico, ovvero a scopo di depredazione, commette violenza in danno di persona imbarcata su una nave nazionale o straniera, è punito con la reclusione da dieci a venti anni. Per gli altri componenti dell’equipaggio la pena è diminuita in misura non eccedente un terzo”. Secondo l’accusa, l’abbordaggio era finalizzato all’ottenimento di un riscatto destinato ad organizzazioni terroristiche.
A disporre il giudizio, con il rito immediato, è stato il gup Valerio Savio. Pienamente accolta la richiesta del pm Scavo, lo stesso che dovrà indagare sul caso dei due marò italiani accusati di aver ucciso due pescatori indiani. Per l’assalto alla Montecristo – 23 uomini di equipaggio tra i quali sette italiani – furono arrestate, il 19 ottobre scorso, 15 persone, 13 dei quali somali e due pachistani.
La nave italiana fu liberata grazie ad un blitz compiuto dalle forze militari inglesi. Pochi giorni dopo furono tutti gli arrestati furono trasferiti a Roma. Davanti al giudice negarono le accuse, ma solo i due pachistani riuscirono a dimostrare di essere estranei ai fatti tanto da ottenere non solo la rimessione in libertà, ma anche l’archiviazione delle loro posizioni. Dei 13 somali 4 sono minorenni e gli atti che li riguardano sono stati inviati per competenza alla procura presso il tribunale dei minori.
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