Per tutta la notte attivisti e simpatizzanti della spedizione umanitaria organizzata dalla Freedom Flottilla Coalition e da Ship to Gaza hanno seguito in rete il percorso di avvicinamento del veliero Estelle alle acque di Gaza. Un viaggio umanitario intrapreso al costo di rischiare la vita - l'ultima flottilla nel 2010 subì un attacco aereo israeliano che causò la morte di nove attivisti di nazionalità turca - dagli attivisti decisi a rompere il criminale blocco a cui è sottoposta questa martoriata striscia di terra. L'obiettivo era quello di attraccare al porto di Gaza City per consegnare il carico umanitario raccolto nelle varie tappe di avvicinamento, l'ultima al porto di Napoli: 2 alberi d’ulivo, 41 tonnellate di cemento, sedie a rotelle, deambulatori, stampelle, stetoscopi ostetrici, libri per bambini, giocattoli, 300 palloni da calcio, strumenti musicali, attrezzature teatrali. Materiale notoriamente utlizzato dalle «organizzazioni terroristiche» secondo l'ottica israeliana.
Il viaggio umanitario è stato però fermato da un vero e proprio atto di pirateria, già annunciato nel silenzio della comunità internazionale, contrario a tutte le leggi e i trattati dallo stato ebraico che ha inviato ben sei navi da guerra e abbordato il veliero Estelle con tanto di militari muniti di maschere anti-gas alle 10:15 di questa mattina, quando l'imbarcazione si trovava ad oltre trenta miglia nautiche dalle acque di Gaza, a circa diciassette miglia nautiche dalla costa egiziana. L'equipaggio che comprende anche parlamentari svedesi e spagnoli è stato posto in stato di arresto e condotto verso il porto di Ashdod.
Attraverso un comunicato l'esercito israeliano ha reso noto di aver condotto l'azione in «conformità al diritto internazionale». Affermazione falsa visto che secondo le leggi e gli accordi in vigore le acque internazionali costituiscono una res communis omnium, cioè un bene appartenente a tutti dove vige piena libertà di navigazione. In alcuni casi uno Stato può esercitare la propria giurisdizione su navi straniere in navigazione nelle acque internazionali: ad esempio per controllarle e accertarne la nazionalità, oppure per verificare che nave non compia atti di pirateria, di commercio di schiavi o altre attività illecite stabilite dall'articolo 110 Convenzione di Montego Bay; tuttavia, si deve rilevare che se il sospetto sull'attività svolta dalla nave o sulla sua nazionalità si rivela infondato, lo Stato che ha proceduto all'abbordaggio deve risarcire i danni e le perdite provocate. Inutile dire vista la protervia e l'arroganza israeliana, che questo passaggio rimarrà di certo lettera morta.
Infine, sempre secondo la disciplina attuale che regola la navigazione in acque internazionali uno Stato non può fermare o abbordare navi battenti bandiera straniera. Questo è proprio il caso del veliero Estelle battente bandiera finlandese. Dunque è lecito, oltre che necessario chiamare le cose con il proprio nome: Israele ha compiuto un vero e proprio atto di pirateria.
Parole chiave: aiuti umanitari + blocco + embargo + Estelle + Israele + Palestina + striscia di gaza