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pitture, di quando si parlava della fine del millennio (10)
Creato il 11 gennaio 2011 da AureliocupelliIl primo numero aveva per titolo "MATTONI".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/05/di-quando-si-parlava-della-fine-del.html
Il secondo numero, "NUVOLE".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/05/di-quando-si-parlava-della-fine-del.html
Il terzo numero, "STRADE".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/07/strade-di-quando-si-parlava-della-fine.html
Il quarto numero, "ORIZZONTI".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/07/orizzonti-di-quando-si-parlava-della.html
Il quinto numero, "ACQUE".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/09/acque-di-quando-si-parlava-della-fine.html
Il sesto numero, "MACCHINE".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/10/macchine-di-quando-si-parlava-della.html
Il settimo numero, "PAPAVERI".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/11/papaveri-di-quando-si-parlava-della.html
L'ottavo numero, "VITIGNI".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/11/vitigni-di-quando-si-parlava-della-fine.html
Il nono numero, "GIRASOLI".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/12/girasoli-di-quando-si-parlava-della.html
Continuando a seguire il filo conduttore fondato sul confronto rappresentato dalla contrapposizione-complementarietà tra l'uomo e la natura, questo decimo numero, intitolato "PITTURE", secondo elemento della terza tetralogia, voleva rappresentare come l'uomo cerca di andare oltre il tempo della sua vita.
Il decimo numero di "FRAMMENTI", realizzato nel mese di ottobre del 1997, lo presentai nel mese di novembre dello stesso anno, all'interno delle iniziative dell'annuale Mostra Mercato del Tartufo Bianco di San Miniato.
primi pensieri
L'uomo oltre i limiti al tempo posti dalla natura
Questo decimo frammento di questo millennio che sta per concludersi, può rappresentare il compimento della metà di questa mia opera di ricerca attraverso quei fattori e quegli elementi che stanno caratterizzando il mondo che mi appartiene. La cerchia dei miei rapporti interpersonali, come lo spazio geografico nel quale riesco a muovermi, con il continuo scopo di ampliarlo, rappresentano il substrato dove raccolgo i frammenti che ho l'ambizione di portare con me al prossimo millennio come testimonianza della conclusione dell'attuale. Pur muovendomi senza un vero e proprio piano d'opera, ma cercando di farmi influenzare dai movimenti delle vicende che mi si susseguono davanti agli occhi, mi sono dato come ipotetico limite il numero di venti frammenti da raccogliere entro l'anno duemila.Questo decimo frammento di questo millennio che sta per concludersi, diviene così, per me, l'occasione per compiere un'omaggio ad un personaggio col quale mi sento particolarmente legato sul piano del rapporto con l'arte. Il professor Dilvo Lotti, importante pittore, scrittore, vero e proprio operatore culturale, capace di rappresentare un vero e proprio punto di riferimento all'interno del panorama artistico nazionale, è stato il mio scopritore, e mi ha seguito in ogni mio passo. Non finirò mai di ringraziarlo, e non smetterò ma di rendergliene atto in pubblico.Questo decimo frammento di questo millennio che sta per concludersi, pur essendo un omaggio all'amico Dilvo, non è un frammento a se. Ma è perfettamente integrato in quel filo conduttore che lega l'opera intera. Quella contrapposizione e quella complementarietà che si crea all'interno delle azioni compiute dalla natura e dall'uomo. In "GIRASOLI" ho raccolto un campione di quella natura che pensa a se stessa, alla sua sopravvivenza, incurante degli anni che trascorrono. Una natura che va avanti per la sua strada in mille manifestazioni. Con i girasoli lo fa in maniera spettacolare. I loro fiori gialli, sparsi nella campagna dall'uomo, riescono a colpire quella parte dei nostri sensi che si emoziona e si incuriosisce di fronte ad eventi dal forte impatto visivo.Questo decimo frammento di questo millennio che sta per concludersi, "PITTURE", dove sono raccolti perticolari di un'opera pittorica di Dilvo Lotti, dal titolo "Deajunér in piazza San Marco", mostra la stessa capacità di emozionare ed incuriosire di cui è capace la natura. La pittura dell'uomo diviene così contrapposta e complementare alla capacità della natura di emozionare col suo impatto visivo. La natura usa colori e forme proprie, l'uomo usa colori e forme propri, ma ciascuno dei due compie un'azione molto simile. La natura usa quei colori e quelle forme per permettere a se stessa di sopravvire, ma in un certo qual modo lo fa anche l'uomo. Ma l'azione è simile non uguale. L'uomo usa forme e colori affinché sopravviva non tanto se stesso in quanto persona fisica, ma che sopravviva il suo ricordo negli uomini che lo seguiranno anche dopo la sua scomparsa.Questo decimo frammento di questo millennio che sta per concludersi, vuol portare un'ulteriore contributo allo svolgimento della storia di un uomo che vive in complementarietà con la natura, della quale si interessa a riprodurne forme e colori, e allo stesso tempo si contrappone ad essa nel tantativo di portare se stesso oltre i limiti che essa ha fissato per lui. Ma il senso di "PITTURE" può andare oltre, verso l'individuazione di un concetto di scambio che possa crearsi su relazioni dirette tra la presenza in natura di manifestazioni particolari che rendono alcune piante oggetto di ammirazione e particolare interesse, e la presenza tra gli uomini di persone i cui interessi che guidano i motivi che li tengono legati alla loro presenza terrena concidano in maniera correlata con gli scopi di queste paricolari manifestazioni della natura.Questo decimo frammento di questo millennio che sta per concludersi, si materializza nella volontà di mostrare quella capacità umana di realizzare una storia che si muove al di fuori del semplice bisogno della specie di realizzare un movimento di sopraffazione interno ed esterno ad essa al fine di raggiungere lo scopo della propria sopravvivenza attraverso l'affermazione. A differenza di cosa avviene per tutti gli altri animali e le altre specie naturali il cui sviluppo passa attraverso la quotidiana lotta per la conquista delle fonti di nutrimento, l'uomo riesce ad affermare la sua diversità, la sua capacità di usare il proprio intelletto e la padronanza del corpo per compiere atti che ne emancipano la qualità della vita.
pensieri in foto
Mentre il professore osserva un particolare del suo dipinto da me fotografato, il volto di una donna, la moglie Giuseppina avvicinandogli una foto che la ritrae, gli chiede: —Mi somiglia?—. E lui risponde: —I tratti ci sono, ma poi, oltre il soggetto si concretizza un'idea che spesso è una trasformazione, una trasfigurazione.—. Ecco la pittura, quella possibilità di confrontarsi con gli oggetti-soggetti in maniera personale, attraverso le proprie capacità tecniche ed artistiche, che permettono la realizzazione di un'opera. La fotografia, se termina in essa, senza che cioè si intervenga graficamente, con aggiunte o sottrazioni eseguite in un secondo momento, dopo l'istante impressionato sulla pellicola, non permette questa trasformazione, tanto meno la trasfigurazione.La nuova frontiera della fotografia elettronica aprirà un nuovo concetto di immagine fotografica. Non avremo più il supporto plastico della pellicola coperta dai suoi reagenti chimici che si muovono su di essa nell'istante dell'esposizione alla luce, col destino di restare immutata fino al deterioramento fisico. Avremo un supporto magnetico, instabile e fluttuante, sul quale si potrà agire con semplici gesti mediati dalle capacità matematiche di un computer. Le immagini realizzate nell'istante dello scatto fotografico non sarà più un mero fatto compiuto già nella sua finalità dello scopo, ma potrà rappresentare un semplice supporto di partenza, attraverso il quale si può costruire un'altra immagine diversa, o una successione di esse, o qualsiasi altra cosa.L'immagine diviene così una tela. Come il pittore torna più volte sulla sua opera, nel tentativo e con la volontà di affinare quei particolari che ancora non lo convincono, che ancora non rispondono a quell'idea che lui vuol concretizzare nel suo dipinto, il fotografo, grazie alla nuova frontiera che gli si è aperta davanti, può modificare i piccoli particolari della sua immagine, costruendo attraverso ad essi l'immagine che lui vuole, a prescindere dal fatto che il soggetto che ha ritratto abbia correlazione più o meno diretta con l'idea che lui vuol realizzare.
Otto fotoFrammenti di un'opera pittorica di Dilvo Lotti.
I foto-frammenti che propongo con "PITTURE" sono immagini raccolte in più visite in questo mese di settembre in casa di Dilvo Lotti, ritraendo particolari del "Le Déjeuner in Piazza San Marco", realizzato dal professore nel 1984.
Nello studio del professor Dilvo Lotti troneggia, sul fondo della stanza, su di un cavalletto, il grande quadro dal titolo "Le Déjeuner in piazza San Marco". Di quest'opera ne descrive una visita, in maniera piacevole ed interessante, l'amico comune Luca Macchi, pittore anch'egli, sul catalogo di una mostra tenutasi a San Miniato quest'anno a festeggiare i settantacinque anni di attività artistica del professore.
Piazza San Marco è luogo per turisti, per la folla. Un suonatore intrattiene i compagni di viaggio con la sua chitarra e la voce della sua donna.
Una ragazza svestita, coperta da un colorato tessuto si riposa delle fatiche del viaggio, incurante delle sue nudità e dell'uomo che la osserva.
Il gruppo è riunito attorno ad un bivacco, di quegli oggetti classici dell'armamen-tario del turista. I cappelli, le bibite e la mashera veneziana. Bivacco dentro al quale plana un piccione in cerca di cibo tra gli avanzi.
I turisti nel loro riposo si dedicano anche all'osservazione della piazza. Una piazza viva e tumultuosamente in movimento. Un cenno con la mano allo splendore di quella variopinta vita è il gesto che spontaneamente compie l'osservatore.
Nella piazza si scorge una corsa di maschere colorate e bislacche, che sembrano fuggire e rincorrersi a vicenda, con abiti veri e presunti.
Cortei mi mischiano e si scambiano a processioni, gruppi e visitatori solitari, feste e disgrazie, c'è un mondo intero che si muove e vaga per la piazza. Figure indaffarate che si spostano da una parte all'altra.
Ma è il pittore il protagonista, con i suoi colori e le sue forme, che imprime sulla tessitura della tela. Su di essa il tratto dell'autore appare come parte del tessuto.
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