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L’università fa (purtroppo?) parte della pubblica amministrazione per cui la politica dei concorsi è imposta dall’articolo 97 della costituzione italiana. Ma tale articolo non dice che sia necessario presentare domanda via fax o che sia necessario compilare diverse pagine scritte in un linguaggio burocratico. Inoltre, il fatto che l’università italiana faccia parte della pubblica amministrazione fa sottostare i ricercatori italiani a leggi pensate per il sistema pubblico italiano con conseguenze a volte ridicole. Ad esempio, il primo Gennaio di quest’anno è entrata in vigore una nuova normativa sulle spese della pubblica amministrazione (legge di stabilità Dlgs. 190/2014). Questa normativa si applica anche alle spese di registrazione ai convegni. Fino ad oggi, per andare ad un convegno, si pagava la quota di registrazione e si presentava la ricevuta di pagamento per il rimborso alla propria università. Adesso, per essere rimborsati, bisogna farsi rilasciare fattura intestata all’università di appartenenza o far pagare le spese di registrazione direttamente dalla propria università tramite bonifico bancario. Sembrerebbe banale, peccato che per molte organizzazioni all’estero (come l’American Physical Society o APS) il concetto di fattura intestata all’università (con tanto di indicazione di partita IVA) è incomprensibile e molte conferenze non accettano pagamenti via bonifico bancario, ma solo pagamenti online via carta di credito. Per cui, per farla breve, il sottoscritto, per poter essere rimborsato per le spese di partecipazione al April Meeting della APS, ha dovuto contattare gli organizzatori della APS negli USA per spiegare loro perché la loro solita ricevuta non vada più bene (ed hanno avuto non poche difficoltà a capire cosa volessi ed ancora non sono sicuro che sarò rimborsato al 100% dalla mia università).
Insomma invece che cercare di ammodernare l’Italia (ferma ancora all’epoca dei fax) adesso vogliamo imporre la nostra burocrazia anche all’estero. Per cui i ricercatori che vogliono lavorare liberamente si trovano sempre di più sommersi da burocrazia inutile che si presenta a noi ogni settimana (soprattutto per docenti come me che fanno anche parte di commissioni per la selezione di studenti, assegnazione di borse di studio, contratti di ricerca, etc…). L’ossessione per la burocrazia è sicuramente una delle cause per cui l’Italia è poco attraente per chi volesse venire dall’estero (ed anche per chi in Italia ancora ci lavora). Tutto questo mentre alcuni membri del governo continuano a parlare (ipocritamente a questo punto) di internazionalizzazione dell’università.