Devo dire che Bersani questa volta è stato molto molto chiaro: “non sono indispensabile” e “no al governissimo”.
“Ripeto quello che ho sempre detto: io ci sono, se sono utile. Non intendo certo essere di intralcio. Esistono altre proposte che, in un Paese in tumulto, non contraddicano l’esigenza di cambiamento e che prescindano dalla mia persona? Nessuna difficoltà a sostenerle! Me lo si lasci dire: per chi crede nella dignità della politica e conserva un minimo di autostima, queste sono ovvietà! È forse meno ovvio ribadire una mia convinzione profonda, cui farei fatica a rinunciare. Il nostro Paese è davvero nei guai. Si moltiplicano le condizioni di disagio estremo e si aggrava una radicale caduta di fiducia. Ci vuole un governo, certamente. Ma un governo che possa agire univocamente, che possa rischiare qualcosa, che possa farsi percepire nella dimensione reale, nella vita comune dei cittadini. Non un governo che viva di equilibrismi, di precarie composizioni di forze contrastanti, di un cabotaggio giocato solo nel circuito politico-mediatico. In questo caso, predisporremmo solo il calendario di giorni peggiori”.
La linea è quella giusto, lo ripetiamo da tempo.
Ora un presidente della repubblica sul modello dei presidente della Camera e del Senato.