Si chiama V774104, ed è ad oggi l’oggetto più distante dal Sole nel nostro Sistema Solare, tre volte più lontano di quanto non lo sia Plutone. E’ un nuovo pianeta nano, la cui scoperta è stata annunciata l’ 11 novembre 2015 da Scott Sheppard, astronomo della Carnegie Institution for Science a Washington DC, nel corso del Meeting della Division for Planetary Sciences dell’American Astronomical Society, nel Maryland.
I dati raccolti su V774104 portano a ipotizzare che esso si trovi a circa 103 unità astronomiche che, espresse in chilometri, rappresentano circa 15,4 miliardi di chilometri dal Sole. L’unità astronomica rappresenta la distanza media della Terra dal Sole, pari a quasi 150 milioni di chilometri. Le dimensioni di V774104 sono comprese tra 500 e 1 000 chilometri, circa meno della metà del pianeta nano Plutone, che ha un diametro di 2370 chilometri. Ci vorrà circa un anno di studi e osservazioni per poter determinarne l’orbita in modo completo. L’aspetto importante è che orbite di oggetti così lontani non si possono spiegare sulla base delle attuali conoscenze del Sistema Solare, per cui quello che si può fare è ipotizzare la presenza di una nuova classe di oggetti “estremi” nel nostro Sistema Solare le cui orbite vengono influenzate dalla presenza di pianeti vagabondi (chiamati anche pianeti orfani) o di stelle vicine. V774104 potrebbe far parte di una delle due differenti classi di oggetti finora proposte: se la sua orbita, dopo i futuri calcoli, risultasse più vicina al nostro Sole, allora il pianeta nano potrebbe essere far parte della popolazione formata da mondi ghiacciati con orbite che sono il risultato di interazioni gravitazionali con il pianeta Nettuno. Ma, se la sua orbita non lo porterà più vicino al Sole, allora questo pianeta nano potrebbe far parte di un’altra classe di oggetti, che al momento comprende solo due mondi lontani: Sedna e 2012 VP113. Questi due pianeti nani non si avvicinano più di 50 unità astronomiche al Sole, e le loro orbite raggiungono anche le 1000 unità astronomiche dal Sole. Sheppard li definisce “oggetti della Nube di Oort interna” per distinguerli dagli oggetti ghiacciati della Fascia di Kuiper, con orbite comprese tra le 30 e le 50 unità astronomiche. La Nube di Oort rappresenta quell’ipotetica nube sferica popolata da oggetti ghiacciati, o nuclei cometari, a centinaia (e forse quasi un migliaio) di unità astronomiche dal Sole, che viene a rappresentare il confine del Sistema Solare, laddove si esaurisce l’azione gravitazionale del Sole.
Indicato dalla freccia gialla, il nuovo pianeta nano V774104 distante 103 unità astronomiche dal Sole. Esso rappresenta l’oggetto più lontano scoperto nel nostro Sistema Solare. Crediti: Subaru Telescope/ Scott Sheppard, Chad Trujillo e David Tholen.Ciò che rende intriganti questi oggetti della Nube di Oort interna è il fatto che le loro orbite così eccentriche non possono venir spiegate sulla base della struttura (già nota) del Sistema Solare. “Un qualcosa”, che non è il Sole, deve perturbare le loro orbite. Delle possibili spiegazioni di questo “qualcosa” ci sono: una, porta a pensare all’esistenza di un ipotetico pianeta gigante gassoso mai osservato, in orbita attorno al Sole a grandissime distanze da esso, un oggetto che probabilmente deve essere stato allontanato dalla regione interna del Sistema Solare, e che è in grado di disturbare gli oggetti della Nube di Oort interna. Una seconda teoria ipotizza che le forze gravitazionali, che hanno agito sul Sistema Solare quando il proto-Sole era circondato da altre nursery stellari, possano aver fornito gli impulsi sufficienti per modificare le orbite di oggetti così lontani dal Sole.
Questi corpi lontani e freddi, in altre parole, portano la firma di qualcosa che è avvenuto all’interno del Sistema Solare. Una firma che rappresenta sicuramente anche il loro fascino.
Con la scoperta di V774104, Eris perde il suo primato decennale di pianeta nano più lontano, in un’orbita a 97 unità astronomiche dal Sole. Mike Brown, scopritore di Eris e astronomo presso il California Institute of Technology di Pasadena, scherzando, dice che è triste per aver perso il primato. Ma il fascino dell’astronomia sta anche nello spingersi sempre più in là, nonostante il sentimento che ci lega a una scoperta.