Piume d'Angelo - Capitolo 10 | Ricordi

Da Sofiastella84 @Sw3etValent1na

Il funerale si svolse una piovosa mattina di novembre. Cadeva una pioggia fine, appiccicosa.
Fu una cerimonia sobria, alla sola presenza di Amy e dei genitori.
Nella fossa, fu calata una bara vuota. La madre pianse, il marito che le cingeva le spalle.
Amy si chiese come potessero fingere a quel modo, quando tutti e due sapevano benissimo che Alex era viva, su Midgard e si rispose, infastidita, che lo facevano per lei; che avrebbe dovuto essere all'oscuro di tutto e così invece non era. Non versò neanche una lacrima.
Quando rientrarono, si chiuse in camera sua. Era disgustata e se fosse rimasta con i genitori un momento di più, si sarebbe messa a urlare. No, quelli non erano i suoi genitori. Ma allora... chi erano i loro genitori, quelli veri, suoi e di Alex? Frugò nella memoria, ma non riuscì a darsi una risposta.
Forse erano morti quando lei e Alex erano molto piccole, per questo non riusciva a ricordare.
Ma... come spiegare le foto? Perché costruire una storia di famiglia per far credere loro di essere figlie naturali della coppia? E poi... come faceva a sapere sempre se Alex stava bene o male? Come faceva a sapere che era viva? Che l'incontro che aveva avuto con Sarah non era una sua fantasia?
Le domande erano tante che si sentiva scoppiare la testa, ma dove cercare le risposte?
Poteva chiedere a mamma e papà? No, non poteva. Alex l'aveva messa in guardia dall'indagare.
Forse era meglio seguire il suo consiglio e poi mamma e papà avrebbero potuto insospettirsi.
Non voleva creare loro dei fastidi o metterli in pericolo. Erano l'unica famiglia che aveva.
«Ne sei sicura?»
Amy avvertì una forte fitta alle tempie e una serie di immagini frammentarie le esplosero davanti agli occhi. Era come guardare spezzoni di un film accostati a caso, senza una logica o un ordine precisi.
Un ospedale. Gente in camice bianco. Un sorriso. Una villetta con giardino in mezzo a un parco. Una cameretta con due letti e le pareti tinteggiate di rosa. Un passerotto morto nelle sue mani di bambina. Una stanza dei giochi. Camici bianchi chiazzati di sangue. Volti contratti dal terrore. Suppliche. Una voce che ripeteva «Fermati!». Alex bambina, a nove anni, che compariva prepotentemente nel suo campo visivo, le labbra che formavano una litania che lei non riusciva a comprendere. Alex, stremata, in ginocchio, gli occhi gonfi di pianto, le guance rigate di lacrime, il volto e le mani macchiati di sangue, che l'abbracciava e sussurrava al suo orecchio «Perdonami».
Amy urlò. Si portò le mani alla testa. Si accasciò sul letto. Il buio calò a portarle conforto.
Dal piano di sotto, i genitori la sentirono urlare e corsero a vedere. La trovarono priva di sensi sul letto.
Le guance erano rigate di lacrime e pensarono avesse pianto per Alex e poi fosse crollata dal dolore.
La madre le tolse le scarpe e il cappotto, l'accomodò sul letto, le stese addosso una coperta e la lasciarono dormire.
Marie proruppe allarmata nell'inconscio di Alex.
"Sarah! Siamo nei guai! Grossi! Guai. Grossi!"
Sarah appose un segnalibro al romanzo che stava leggendo, si alzò dal divano e la raggiunse.
Le cinse le spalle, l'accompagnò al divano e la fece sedere. Si mise accanto a lei, stringendole le mani.
"Calmati. Spiegami cos'è successo."
"Amy! Amy! Si è messa a pensare troppo e crack! Si è aperta un'enorme crepa nella barriera e sono usciti un fiotto di ricordi! Oddio, cosa faccio adesso?"
"Amy sta bene?"
"È svenuta!"
"Metatron?"
"Ancora intrappolato, grazie al cielo!"
"La crepa ha danneggiato il sigillo?"
"No, è lontana dal sigillo. Dov'è Alex? Puoi chiamarla?"
"Ti ricordo che qui è mattina. Alex sta facendo colazione. Non posso chiamarla quando è sveglia."
"Ma questa è un'emergenza!"
Sarah sospirò.
"D'accordo."
Alex stava portando un boccone di pancakes con sciroppo d'acero alla bocca, quando udì la voce di Sarah chiamarla dal profondo della sua coscienza. La forchetta restò ferma a mezz'aria per un secondo, poi Alex lentamente la ripose, prese congedo da Joshua e Milla e si ritirò in camera sua.
Trovò Marie e Sarah ad aspettarla, sedute sul divano, in soggiorno. Marie era visibilmente agitata.
"Cos'è successo?"
"La barriera si è danneggiata e alcuni ricordi sono fuoriusciti e hanno raggiunto la coscienza di Amy."
Alex si rivolse a Marie.
"Amy sta bene?"
Marie annuì.
"I ricordi erano molto frammentari. Non credo abbia compreso cosa significassero."
"Metatron?"
"È ancora in gabbia" interloquì Sarah.
Marie si alzò, aggirò il divano, afferrò le mani di Alex e la guardò con occhi da cucciolo.
"Non puoi fare niente per rimettere a posto la barriera? Oddio, che faccio? Se si aprono altre crepe..."
Marie distolse lo sguardo.
"Non posso controllare Metatron. Non ne sono mai stata capace. Alex, ho paura!"
Alex guardò Sarah, che le raggiunse e posò le mani sulle spalle di Marie, tirandola a sé.
"Marie" spiegò Alex. "Non posso «aggiustare» la barriera. Devo demolire quella vecchia e costruirne una nuova. Questa volta posso costruirne una permanente, ma non posso farlo da questa distanza. Cercherò di tornare a Londra e incontrare Amy il prima possibile. Nel frattempo puoi solo tenere le dita incrociate e sperare che la barriera regga fino al mio ritorno. Mi dispiace, Marie. Non posso fare niente da qui."
Marie scoppiò a piangere e Sarah la strinse in un abbraccio.
"Ci penso io a farla calmare."
Alex annuì e ritornò alla coscienza.
Trovò Joshua appoggiato allo stipite della porta della sua camera.
"Devo tornare da lei" disse Alex. "Il sigillo si deteriora. Devo creare una nuova barriera."
Joshua entrò e chiuse la porta. Si accomodò sulla sedia della scrivania e incrociò le braccia.
"Alex, se tu sei l'unica che può negare il potere di Metatron, perché separarvi e mandarti su Genesis? Se non ci fosse stato Siegfried, se Sarah non avesse chiesto aiuto, avresti potuto morire."
"Ma così non è stato. C'era Sieg con me e Sarah è intervenuta a chiedere aiuto quando io non potevo... non volevo farlo. Qualcuno ha fatto in modo che io sopravvivessi e venissi posta sotto la vostra custodia."
"Sì ma... perché? Non conosco Edwards, ma io e Sigmund con Ueda non siamo in buoni rapporti."
Alex rifletté.
"L'idea di assegnarmi Sieg come scorta probabilmente è di Edwards. Joshua, per quale motivo il Lohengrin era tra le navi della flotta che ha preso d'assedio Genesis? Cosa vi ha spinti a inviare una nave?"
"Abbiamo ricevuto notizia dai uno dei nostri informatori che la Federazione stava progettando una grossa operazione militare con il Sistema Genesis come obiettivo. Per questo abbiamo inviato una nave. Tabatha ha ricevuto richiesta di fornire una scorta allo specialista che sarebbe sceso sul pianeta a disattivare il cannone Mjollnir a operazione iniziata. Volevano Sieg e il Gungnir come scorta."
"Hanno fatto richiesta esplicita per quel pilota e quel mezzo?"
Joshua annuì.
"Tabatha ha chiesto istruzioni al governatore, prima di confermare la disponibilità di Sieg."
"Era il modo più sicuro perché io mi salvassi."
Joshua assunse un'espressione meditabonda.
"Okay... Ma perché mandare proprio te su Genesis e non un altro agente? Non ha senso..."
"Ha senso, invece, se l'obiettivo di Edwards era indurmi a risvegliare Sandalphon dal suo sonno. Ma non credo che sia il potere di Sandalphon in sé che interessa a Edwards. Probabilmente vuole usare me come una «chiave» per liberare Metatron. Non si rende conto che il potere di Metatron non può essere controllato."
Joshua tamburellò il piano della scrivania con le dita.
"Se non fosse Edwards, a volere il potere di Metatron? Magari lavora per qualcun altro..."
"Ueda?"
"Ueda non ha bisogno del potere di Metatron per vincere la guerra. Fra l'altro non è mai stato un sostenitore di questi progetti e in ogni caso, penso che Edwards e Ueda siano semplici pedine."
Joshua si alzò.
"Che ne dici, sarebbe possibile fare una bella chiacchierata con Edwards?"

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