Magazine Diario personale
Amy fu svegliata dalla suoneria del miniPhone. Inserì il plug nell'orecchio e la voce elettronica dell'operatore la informò che era Dennis Lawson a chiamare.
Amy si sentiva ancora frastornata dagli eventi del giorno prima. Che ore erano?
Quelle immagini le giravano ancora in testa. Non riusciva a dargli un senso. Erano... ricordi?
«Amy, ci sei?»
"Dennis, mia sorella è appena morta. Ieri le abbiamo fatto il funerale..."
«Lo so, ma... Ho bisogno di parlarti. Vengo a prenderti. Offro io.»
"D'accordo."
Mentre Dennis conversava con sua madre, Amy si fece una doccia veloce, indossò una t-shirt, una felpa kerokero con il cappuccio, un paio di jeans, raccolse i capelli in una coda e scese in soggiorno.
"Usciamo, mamma" disse, infilandosi le scarpe da ginnastica senza slacciarle. "Andiamo, Dennis?"
Andarono da Milly's al centro commerciale di Westfield, il loro ritrovo preferito.
Amy non aveva fame e ordinò una cupcake al limone e un tè bianco. Dennis prese un waffle con sciroppo d'acero e panna montata, un sandwich cream cheese e cetriolo e un caffè americano senza zucchero.
"Mi dispiace per Alex. Sapevo che studiava all'estero ma... Cos'è successo? Sul giornale c'era scritto che è stata uccisa in azione. Non sapevo nemmeno che si fosse arruolata..." disse Dennis, a disagio.
"I particolari non li conosciamo nemmeno noi" mentì Amy. "Alex svolgeva incarichi d'intelligence per la Flotta Stellare. Le circostanze della sua morte sono coperte da segreto militare."
"Era una spia?"
Amy lo fulminò con lo sguardo.
"Senti, non mi va di parlare di Alex."
"Hai ragione, scusa."
Seguì un momento di silenzio. Amy sbocconcellò la cupcake, ma nemmeno la soffice crema di burro aromatizzata alla vaniglia e il delicato aroma di limone dell'impasto riuscirono a scacciare il sapore amaro e metallico che aveva in bocca. Ripose la cupcake e prese un sorso di tè.
"Dennis... Forse ti sembrerà una domanda strana. Alex e io, abbiamo sempre abitato a Kew?"
Dennis sembrò sorpreso da quella domanda.
"Non ti ricordi? Con la vostra famiglia vi siete trasferiti che tu e Alex avevate dieci anni."
"Oh... Oh, certo. Che scema!"
Era convinta di aver sempre abitato a Kew. Quanto dei suoi ricordi d'infanzia era reale e quanto... costruito?
"Come mai volevi vedermi con tanta urgenza?"
"Ah..."
Dennis esitò. Abbassò lo sguardo sul waffle che andava raffreddandosi e dal quale non aveva ancora preso un morso.
"Immagino non ci sia un modo facile per dirtelo, quindi... Io e Rebecca abbiamo fatto domanda per l'Accademia militare di San Francisco. Partiamo alla fine della settimana. Andiamo in guerra, Amy."
"Oh."
"Tutto qui? Nemmeno una lacrimuccia?"
"Mi spiace, Dennis. Sono troppo frastornata per..."
"Non fa niente."
Amy si allungò sul tavolo e gli posò un bacio sulla guancia.
"Te ne darò uno vero quando torni."
"Sono tornata."
Amy salì in camera sua, chiuse la porta e si buttò sul letto.
Dunque la famiglia si era trasferita a Kew quando lei e Alex avevano dieci anni.
Chissà perché era convinta di aver sempre abitato là?
Amy interrogò la memoria. Dove avevano vissuto prima di trasferirsi a Kew?
Le immagini dell'album fotografico di famiglia le fornirono una pronta risposta.
Le gemelle erano nate a New York, dove avevano abitato fino all'età di tre anni.
Dopo c'erano state Roma, Venezia, Tokyo, Stoccolma, Berlino, Amsterdam e infine Londra.
Amy e Alex avevano frequentato le scuole elementari a Roma, presso un collegio femminile cattolico.
Curioso che non riuscisse a rammentare le amiche di scuola o di aver visitato la Torre di Tokyo.
Amy corrugò la fronte nello sforzo di ricordare, ma, al di là di quanto immortalato nelle foto c'era il nulla.
Era logico. Se i suoi genitori non erano i suoi genitori, aveva senso che le foto fossero forgiate.
Dove aveva trascorso i suoi primi nove anni di vita? Chi erano i suoi genitori? Dove avevano vissuto?
I frammenti di memorie che aveva visto la sera prima le si ripresentarono alla mente.
Cominciò a sentire dolore alle tempie e dietro gli occhi. Premette il volto sul cuscino.
Dennis e Rebecca partivano per la guerra. Amy alla guerra non ci aveva mai pensato.
Dopotutto, la Terra era al sicuro, nel cuore del territorio federale, lontana dal teatro delle operazioni.
Era egoistico volersene restare a casa, al sicuro? Pensare che se anche avesse preso parte al conflitto, la sua presenza non avrebbe fatto alcuna differenza? Che il suo contributo non era necessario? Rannicchiarsi sotto una coperta e continuare a vivere come se niente fosse successo?
Alex, viva o morta che fosse, non sarebbe mai potuta tornare a casa.
La sua famiglia non era la sua famiglia. La sua vita era una farsa. Come poteva ignorare tutto questo?
Chi era in realtà? Per quale motivo non poteva ricordare nulla della sua vita prima dei dieci anni?
Agì d'impulso. Si alzò da letto, andò al computer, compilò e spedì la domanda per la Scuola Navale di Medicina.
"Una decisione del genere ce la saremmo aspettata da Alex."
Fu la reazione del padre quando Amy comunicò loro al decisione di partire per il fronte.
"Almeno, ci hai riflettuto?"
Amy si sentì avvampare.
"Certo che ci ho riflettuto! Non è un capriccio!"
"Amy, tesoro..." interloquì la madre. "Siamo solo preoccupati per te."
Amy sentì un groppo salirle in gola.
"Perché?"
"Come perché?"
"Perché vi preoccupate per me e non per Alex? È sempre stato così! Con me tutti coccole e miele e con lei l'indifferenza più totale! Persino al suo funerale! Pensavate che non me ne fossi accorta? Che le lacrime erano finte? Tutta la nostra vita è stata una farsa! Voi non siete i miei genitori! Non so chi sono! Chi ero prima di venire a vivere qui? Chi erano i miei genitori? Perché non riesco a ricordare?!"
Marito e moglie si guardarono. Amy vide una scintilla di terrore nei loro occhi, subito repressa.
"Amy... tesoro? Ma cosa ti viene in mente adesso? Sciocchina. Mamma era tanto contenta quando siete nate..."
"Come puoi accusare tua madre di aver versato lacrime finte sulla tomba di tua sorella?"
"Bugiardi!" gridò Amy, alzandosi di scatto e facendo cadere la sedia. "So tutto! Vi ho sentiti parlare con quell'uomo!"
Sentì le lacrime pungerle gli occhi e la voce le s'incrinò; cominciò a tremare.
"Alex è viva! Ma con la vostra decisione di farle il funerale non potrà mai tornare!"
Marito e moglie si guardarono di nuovo, senza nascondere un certo terrore.
"Amy, sei confusa... Sei addolorata per la morte di tua sorella e lo capiamo..."
La madre cercò di abbracciarla ma Amy si scostò con un gesto brusco.
Avvertì di nuovo quel dolore pulsante dietro gli occhi. Poppy soffiò e fuggì.
Isabella gridò. La voce di suo padre le risuonò nella mente. Parole non sue. Non potevano essere sue!
«È pericolosa, Serafina! Che il progetto vada pure all'inferno! Io dico la piantiamo qui! Non me ne frega di cosa diranno i militari, io dico sopprimiamola e facciamola finita, prima che uccida qualcuno!»
Dunque era quella verità? Amy era un essere pericoloso. Da terminare.
"Ora basta!"
La voce di suo padre era ferma, autoritaria. Una densa nebbia nera calò sugli occhi di Amy.
Isabella l'afferrò prima che crollasse sul pavimento.
La porta della camera era accostata, dal corridoio giungevano le voci smorzate dei genitori.
Amy finse di essere ancora priva di sensi. Parlavano in una lingua straniera ma riusciva a capirli.
"Sia ringraziato il cielo il condizionamento mentale funziona ancora..."
"Carlo, cosa facciamo?"
"Cosa vuoi che ne sappia? Non era previsto che se ne andasse da casa, per andare in guerra poi. Questo pasticcio l'hanno combinato loro. Sono stanco, Isabella. Non mi pagano abbastanza per far la guardia a una bomba a orologeria. Quando c'era Alex era diverso. M-01 era sotto controllo e potevamo fingere di essere una famiglia. Che faccia quel che vuole! Ho chiuso! Getto la spugna!"
"Carlo, ma cosa dici? È pur sempre nostra figlia!"
"Non è nostra figlia, Isabella. È un clone di Serafina. Con i geni difettosi. Se la ammazzano, tanto meglio!"
"Cielo, Carlo! Ma ti rendi conto di quel che hai appena detto?"
"Isabella, se tu vuoi continuare con la commedia della famiglia felice fa pure. Io me ne vado!"
Amy si lasciò sfuggire una lacrima.
La mattina che se ne andò da casa, consumarono la colazione in un silenzio di tomba.
Dopo la scenata era calata come una cappa di piombo tra loro.
Poppy era tornato, ma non si era più avvicinato a Amy. Anche quella mattina, soffiò e si nascose.
Amy ebbe comunque un moto d'affetto per quella piccola creatura innocente.
"Mamma" disse, fermandosi sulla soglia. "Qualunque cosa accada, non dare via Poppy. Tienilo con te."
Isabella aprì le braccia. Amy non si ritrasse. Avrebbe voluto piangere, ma non aveva più lacrime.
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