A Natale in teoria bisognerebbe essere tutti piu’ buoni. Dico bisognerebbe, e ci aggiungo che oggi e’ ancora il 22, percio’ faccio ancora in tempo, se permettete, a raccontarvi il Natale all’estero (e non solo) pero’ come dico io, senza falsi buonismi e sviolinate varie.
Premessa. Dovete sapere che il Natale come festa in generale non mi entusiasma piu’ da parecchi anni. In Italia ormai si respira un’atmosfera di finto, di commercializzato, di televendita Eminflex. In piu’ e’ freddo e col tempo che passa si sente pure un po’ di nostalgia, di quelle che sospiri e dici “ecco, un altro anno se n’e’ andato”. Per carita’, il Natale con tutto il suo fascino c’e’ ancora, ma ci sono delle cose che secondo me lo rovinano un po’.
Tipo per esempio, a Natale in Italia mi svegliavo la mattina e mi giravano gia’ da subito le palle appena accendevo il cellulare. Tra parentesi, io sono uno di quelli che di notte non vogliono essere svegliati, percio’ spengo il cellulare prima di andare a dormire e lo riaccendo la mattina. Cosa molto odiata in particolare dalle mie ex italiane, le quali mi dicevano “eh ma se di notte succede qualcosa di grave a qualcuno?” e alle quali rispondevo, con cinismo anche un po’ snob (ma ci godevo): “se succede, lo vengo a sapere la mattina dopo”. Stessa cosa degli stupidissimi sms da mandare una volta arrivato a casa “perche’ metti che fai un incidente, se non me lo mandi poi resto in pensiero”. Che tristezza, certe tipe.
Ma torniamo al Natale, e al cellulare. Una volta acceso iniziava gia’ il giramento di palle, dicevo, perche’ ricevevo auguri da gente che non sentivo da una vita, copincollati da altri auguri, filastrocche e stronzate varie, o battute, anche, e guarda caso tutti da gente che aveva vodafone. Praticamente, una catena di Sant’Antonio come auguri di Natale, mandata a cani e porci perche’ di si, perche’ c’abbiamo la Christmas Card, perche’ tanto non costa niente.
Bello. Che poi, se vogliamo dirla tutta, non c’e’ nulla di piu’ freddo e distaccato al mondo di un sms di gruppo per gli auguri. A questo punto, dico io, meglio non fare gli auguri che rischiare di farsi mandare a fanculo perche’ li si e’ fatti. E poi, numero uno certe tipe, che ti mandano la catena, tu rispondi "ehi quanto tempo! Auguri anche a te! Come va la vita?" o una cosa del genere, e loro non ti cagano piu’. E poi mi chiedono come mai mi metto con le straniere.
Ma la cosa che mi rovinava proprio la festa erano quegli amici o conoscenti che si dichiarano atei e anticlericali fino all’osso, mangiapreti a tempo perso… e che la mattina del 25 ti mandano un messaggio, tu prendi e dici boh, chissa’ cosa vogliono. E poi leggi “buon Natale” e ti dici no, non e’ possibile. A me proprio cadevano le palle, cioe’ se non sei credente almeno abbi il pudore di startene zitto e di non offendere il tuo prossimo facendo auguri per una cosa cui non credi. O sbaglio?
No che non sbaglio.
Ma poi sono andato in Australia, e qui oh-oh-oh. Il Natale australe e’ una cosa proprio terribile, perche’ se in Italia ti ghiacci il culo dal freddo, in Australia invece le feste cadono nel bel mezzo dell’estate. Insomma, sembra (piu’ che altro: e’) ferragosto.
L’atmosfera del Natale quindi e’ persa, andata, ad maiora, ciao, forget it. Cioe’, immaginatevi di sentire ‘sto coro che intona Astro del Ciel in chiesa, e l’odore dell’incenso e tutto, mentre fuori c’e’ un meriggio da schiocchi di merli e frusci di serpi, un sole allo zenith che picchia in testa come un fabbro, e l’indice UV a fondo scala perche’ da quelle parti di ozono non e’ che ce ne sia rimasto tanto. O immaginatevi questi babbi Natale che hanno il pellicciotto e ti fanno caldo solo a vederli, oppure li summerizzano e li vedi quindi in costume da bagno sul surf e dici no, qua c’e’ qualcosa che non va. O pensate di andare a comprare i regali di Natale in infradito e ascella pezzata. No buono, nonono. Sfido io che il governo del Queensland qualche anno fa aveva proposto di spostare il Natale a luglio, cosa ovviamente bocciata, ma almeno sarebbe stato in inverno.
Non parliamo del menu di Natale poi, perche’ in Australia voglio vedervi io a mangiare la parmigiana o l’arrosto della nonna in maniche corte. NCS: Non Ci Siamo.
Ma poi arrivi in Giappone, e ti metti il cuore in pace. Ti sei lasciato alle spalle il Natale italiano con tutte le sue ipocrisie, e il Natale in spiaggia Australiano che proprio non c’azzecca nulla, e dici vabbe’, adesso sono in Asia, qui non sono cristiani quindi il Natale non c’e’. E infatti, non e’ neanche un giorno di vacanza, ti tocca pure andare a lavorare a meno che come quest’anno non cada nel weekend. Di questo naturalmente ho gia’ parlato in altri post, ma visto che ci sono ripeto.
Insomma ti dici che va bene cosi’, cuore in pace… fino a quando non arriva dicembre e vedi le strade illuminate, i babbi natale, gli alberi di Natale, eccetera, e scritte di buon Natale dappertutto. Perfino, a Yurakucho ho visto un albero pieno di crocifissi illuminati, chi tra i miei lettori vive a Tokyo adesso vada a vederlo perche’ sembra veramente una presa per il culo alla nostra cultura, e’ come quelli che si mettono il fermacarte del Budda in ufficio perche’ fa New Age.
Ma in Giappone e’ proprio l’apoteosi. E’ la festa senza la festa; qui non sanno neanche cosa si festeggia, hanno semplicemente visto che c’e’ una festa chiamata “Kurisumasu” nei film americani e l’hanno copiata. La festa senza la festa, in cui la gente vede le luci, compra i regali, esce il 24 a cena con la ragazza che gli piace (il 24 e’ una specie di San Valentino qui), e poi torna a casa e mentre giocherella con le chiavi di casa in ascensore pensa e si chiede boh, ma cos’e’ che si festeggiava poi oggi?
Insomma, non c’e’ pace per questo povero Natale.
Il Natale in Italia e’ come l’Italia intera: pieno di contraddizioni, un po’ superficiale, spesso e volentieri ti fa girare le palle, ma sa essere la cosa piu’ affascinante del mondo, quando vuole.
Il Natale in Australia invece e’ come la donna dei tuoi sogni (erotici) che ci prova con te mentre sei in viaggio di nozze: arriva al momento sbagliato, nel posto sbagliato, e ti fa venir voglia di prendere a calci qualcosa o qualcuno.
E il Natale in Giappone? Beh. Quello e’ come la pizza: fa parte della tradizione Italiana come di nessun’altra parte del mondo, ma e’ stato reso commerciale, anestetizzato, macdonaldizzato e finalmente esportato nel mondo dall’America senza quel gusto unico, quella profondita’ e quella genuinita’ che contraddistinguono le belle cose e semplici di una volta.
Parola di Francesco Amadori.