Sarajevo? Bosnia? Che ci vai a fare? Che viaggi strani che fai! Sono tornata domenica da questa terra magnifica, giovane, dove il ricordo della guerra è vivissimo, dove i muri degli edifici ricordano l’orrore dei bombardamenti. Una terra di rinascita, che ha saputo rialzarsi ed andare avanti, ricca di meravigliosi contrasti tra il nuovo e il vecchio. Vecchio ma non vecchissimo, perché la guerra è storia recente. Guardi la moltitudine di giovani che affollano Sarajevo e pensi che alcuni erano solo dei neonati quando il conflitto è scoppiato e ti viene da chiederti: dove erano in quei momenti? sono scappati? quando sono tornati?
Una città piccola, ma non piccolissima, totalmente a misura d’uomo, che sa catturarti ad ogni angolo, ad ogni metro quadro. C’è la nuova e c’è la vecchia Sarajevo. Entri all’interno del Baščaršija, l’antico quartiere turco, ed è come essere in una piccola Istanbul. Moschee, laboratori per la lavorazione del rame, ristoranti, caffetterie alla moda e bar dove fumare narghilè, riempiono vicoli pedonali e splendidi cortili decorati. Poi c’è la nuova Sarajevo con le sue splendide contraddizioni, un viaggio tra nuovissimi grattaceli e vecchie palazzine anni ’70 che portano ancora i segni indelebili dei bombardamenti.
Se vogliamo parlare di design poi, Sarajevo non ha nulla da invidiare a nessuna capitale. Si può entrare in ristoranti e caffè alla moda dallo stile contemporaneo e minimalista oppure fare un tuffo negli anni ’30 al Zlatna Ribica, un piccolo bar arredato unicamente con oggetti d’antiquariato dove ai paralumi, circondati di uva fresca, sono appesi vecchi libricini che in realtà nascondo il menù del locale. Ma le atmosfere suggestive si possono trovare anche al Dveri, un ristorante arredato divinamente, in cui piante rampicanti, trecce d’aglio e pannocchie appese ai muri la fanno da padroni. E se volete sentirvi un po’ a casa, dovete assolutamente passare da Hussein al Cajdzinica Dzirlo, dove potrere assaggiare i suoi squisiti tè o sorseggiare del caffè bosniaco. Hussein oltre a parlare benissimo l’italiano sa accogliere le persone con calore e spontaneità, guidandole non solo nella scelta delle bevande, ma anche nella visita della città.
Ma la Bosnia, non è solo Sarajevo è anche Mostar, la città con il ponte più famoso dei balcani, una delle città più ferite dalla guerra, dove il centro storico, ora completamente ricostruito, è stato annoverato tra i siti Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. L’unica pecca? A differenza di Sarajevo questa piccola cittadina è totalmente turistica, non vi sono locali tradizionali o tipici, ma solo ristoranti per turisti, dove il cibo non è ottimo e i prezzi sono di molto lievitati rispetto al resto del paese. La sua bellezza ferita però, è incisa, ed è talmente potente che riesce a mozzare il fiato e a superare qualsiasi ostacolo, anche quello del turismo di massa.
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