Una delle frasi più semplici che tutti, al momento opportuno, appena c'è aria di filosofia, fosse anche solo una lieve brezza di psicologica analisi esistenziale, sappiamo tirare fuori (un po' come ogni mago che si rispetti estrae un coniglio bianco dal cilindro) è: " L' uomo è alla ricerca di se stesso". Dire ciò e dire che non ci sono più le mezze stagioni è uguale, solo che sembriamo meno irretiti nella morsa dell' ignoranza. Quando si dice che l' uomo non è mai contento, che vaga
come un' anima in pena in cerca di qualcosa senza sapere cosa, che è insoddisfatto del lavoro, che non è pago di ciò che possiede, che vorrebbe di più, che vorrebbe altro, che vorrebbe essere qui, là, su, giù....beh, è così irrequieto solo perchè è alla ricerca di se stesso.
Retorica banale, oltretutto sbagliata.
Il problema è che l' uomo, di fatto, è fin troppo consapevole di chi è e di cosa è la vita.
L' uomo è attesa e vive nell' attesa.
Per questo non deve fermarsi. Fermarsi significa pensare. E pensare significa prendere coscienza. E prendere coscienza del fatto che si è solo in attesa che il tempo scorra, e si arrivi a sera, avendo avuto una giornata più o meno intensa, più o meno appagante, e alzarsi, di nuovo, il giorno dopo, sperando di fare una cosa o l'altra, sempre nell' ottica dell'arrivare solo a sera e ricominciare..non è semplice.
Per questo c'è bisogno di continuare a pensare ad altro...dopo faccio la lavatrice..l'anno prossimo vado a Sharm...stasera cucino patate e pomodori....domani mi licenzio e vado a suonare nella metro...stasera guardo il film di Rai uno...venerdì vado a prendere l'aperitivo...e così via.
Apparentemente nessuno è consapevole di ciò: ci si programma la giornata con varie attività (a volte non necessarie ma piacevoli, a volte necessarie ma non piacevoli) e si traccia una scaletta per lo svolgimento, si attacca un memo sul frigorifero e via, si parte.
Ma fermatevi un attimo. Anche se avrete cucinato per il pranzo, anche se sarete andati in palestra, anche se avrete portato fuori il cane, anche se avrete preso un moijto,alla fine......non dovrete solo aspettare che si ripetano, in un futuro più o meno vicino, le medesime attività e/o si aggiunga qualche diversivo gradevole o elemento di disturbo, quale può essere un problema inaspettato cui far fronte?
Se l'uomo si ferma e riflette sul fatto che, comunque, vive solo per riempire il tempo (ripeto, in modo più o meno allettante) e non arriva nè arriverà mai a nulla, non può vivere.
E non crediate che il farsi una famiglia o comprarsi un' auto, o visitare una città possano essere obiettivi con i quali esser appagati e dirmi, quindi, che a quel punto si potrà cessare la ricerca di altro per arrivare a sera.
Magari, comprata la nuova Mercedes si andrà a letto contenti, ma sarà finito tutto dopo poco, perchè la famiglia, l'auto, la conoscenza di una città non completano l' Essere. L' Essere è inserito in un contesto e la famiglia, gli oggetti...sono un contorno, un accessorio, un optional, ma per divenire Essere finito e completo, e non aspettare tragicamente solo che passi il tempo, ciascuno ha bisogno della dissociazione da ciò che è Altro da sè, che è il primo passo per poter divenire poi il Tutto in Sè, cioè l' essere egli stesso ciò che è Altro, unificare nel suo essere la totalità degli elementi che lo circondano, e quindi essere lui stesso singolo, ma anche famiglia, oggetto, conoscenza.
Il passo fondamentale è la dissociazione perchè con questa ci ritiriamo e focalizziamo le idee che abbiamo già dentro di noi relativamente a famiglia, oggetti, città...Ovviamente non è detto che ci sia una corrispondenza tra la nostra idea e ciò che effettivamente vediamo e percepiamo, ma il fatto che ne possediamo il modello ci permette di non ricercare la effettiva acquisizione della cosa (che sia l'auto, la costruzione di una famiglia, la conoscenza di una città, il sapore di un alimento..).Solo così possiamo essere finiti e completi e non avere l' esigenza di riempirci dell' Altro, perchè lo possediamo già.
In termini semplici: dobbiamo estraniarci dal mondo e renderci conto che tutto ciò che ci circonda o che pensiamo di voler/dover vedere, conoscere, assaggiare..di fatto, lo possediamo già in noi e magari non coincide con ciò che è, ma il solo fatto di averne un' idea, anche vaga, anche diversa, è ciò che fa di noi uno e tutto nello stesso tempo.
E così siamo autosufficienti, non ci serve altro, il mondo esterno può esserci o meno, a noi cambia poco, perchè è già in noi.
E così non viviamo più in attesa e non andiamo alla ricerca spasmodica di attività che ci impegnino nel susseguirsi eterno di ore, minuti, secondi.
E così possiamo stare seduti, fermi, immobili, senza essere nè inquieti, nè annoiati, nè insofferenti, nè, soprattutto, in attesa di qualcosa, perchè noi abbiamo già quel qualcosa.
Ovviamente, raggiunta questa consapevolezza, può subentrare la curiosità, che è il motore dell' agire umano: la curiosità di verificare, di scoprire di quanto la nostra idea di base si discosta dall' effettività. E allora sì, il movimento e la pianificazione di attività da fare sono ammesse, ma solo in virtù di una verifica che, ci arricchirà sicuramente, ma ad un livello puramente speculativo, poichè è l' idea nostra ciò che ci completa effettivamente, appartenendoci da sempre e per sempre.
Con la verifica, potremmo dire, per sintetizzare, che abbiamo un surplus, ma solo nozionistico, destinato a affiancarsi alla miriade di acquisizioni, conoscenze che otterremo ogni qualvolta faremo una verifica.
L'argomento è complesso, sono consapevole, e alle 16 di un uggioso venerdì di novembre non è per nulla evidente discuterne, ma l' uomo deve sapere per vivere bene e, quale mio obbligo morale, non posso tacere l' evidenza e rendere Voi almeno informati.
Poi, come diceva qualcuno di mia conoscenza.."..io faccio il possibile, ma siete liberi di sbagliare da soli..".
Esercizi per casa prossimamente su questi schermi.
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