Quale Dio agrario, era legato alle ricchezze minerarie e al sottosuolo in generale, quindi spesso confuso e identificato con Plutone (divinità degli inferi corrispondente ad Ade)
Pluto fu accecato da Zeus in modo che distribuisse la ricchezza indiscriminatamente e senza favoritismi alcuni.
Il dio era di solito raffigurato, in compagnia di sua madre Demetra, come un ragazzo in possesso di una cornucopia piena di grano. Nella scultura è stato spesso indicato come un bambino nelle braccia sia di Irene, la dea della pace, sia di Tyche, la dea della fortuna.
Nella Teogonia di Esiodo leggiamo:
«Demetra, generò, somma Dea, con l’eroe Giasone, nel pingue suol di Creta, nel solco tre volte scassato, il buon Pluto, che sopra la Terra ed il Pelago immenso, va dappertutto; e chi trova, chi può su lui metter le mani, subito fa che ricco divenga, e gli accorda fortuna.»
(Esiodo, Teogonia,969-974)
(da Wikipedia)
Nella Divina Commedia, Dante lo pone come guardiano del IV cerchio dell’Inferno (Canto VII), in cui vengono puniti avari e prodighi.
La sua descrizione è molto vaga (non si sa nemmeno se il poeta si confondesse con Plutone), ma gli fa recitare uno dei versi più famosi dell’intero poema: “Pape Satàn, pape Satàn aleppe“
tratto da: http://www.tanogabo.it/mitologia/greca/Pluto.htm