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Plutocrazia

Creato il 28 febbraio 2015 da Albertocapece

plutocraziaDa tempo il problema non è più come salvare la democrazia, ma come tornare alla democrazia: ciò che si agitava nell’inconscio del berlusconismo è stato pienamente realizzato con l’aiuto decisivo dai poteri europei finanziari e monetari e dai governi fantoccio che si sono susseguiti: la legge elettorale che impedisce un ricambio reale di classe dirigente, la permanenza di una larga schiera di nominati, la trasformazione del Senato in un aula di non eletti, l’eliminazione dell’autonomia del potere giudiziario attraverso l’ambigua legge sulla responsabilità dei magistrati, la legge sul lavoro per il precariato perpetuo.

La permanenza di forme appartenenti alla democrazia rappresentativa è solo uno schermo per rendere meno visibile la direzione in cui si va: è una costante nella storia e il renzusconismo segue da vicino la tecnica del fascismo che  attraverso l’accrescimento dei poteri del presidente del consiglio anche in sede legislativa, poi attraverso la manomissione dello Staturo albertino, una decretazione d’urgenza divenuta prassi e infine una legge elettorale liberticida, fini per svuotare di senso le Camere e per renderle del tutto superflue ancorché ancora esistenti sulla carta. Ma questa è una via tutta italiana: il processo di trasformazione oligarchica, anzi di natura apertamente plutocratica, è in atto dovunque secondo vie precipue tanto che viene da chiedersi se sia ancora possibile la democrazia.

La mia risposta è pessimistica: non lo è. Nel momento in cui 80 miliardari possiedono quanto i 3 miliardi e mezzo di persone più povere, quando l’ 1% più ricco  possiede  il 48% dell’intera ricchezza mondiale, mentre all’80% più povero ne tocca appena il 5,5%., tutti i presupposti della democrazia rappresentativa finiscono per saltare: la quantità enorme di ricchezza concentrata in poche mani è in grado di creare e sostenere qualsiasi narrazione mediatica o scientifica si voglia imporre, di infiltrare e condizionare i corpi intermedi, di fare dei rappresentanti del popolo come si diceva una volta dei burattini, gente ostaggio delle poltrone, delle lobby, dei capibastone  lanciati, finanziati e coperti dai media tutti rigorosamente padronali, che ne determinano le fortune.

Tanto è vero che la crisi strutturale a cui è andato incontro il sistema neo liberista, invece di favorire una maggiore redistribuzione di ricchezza come ci si sarebbe potuto attendere, ha finito per  aumentare enormemente le distanze: i ricchi hanno incrementato del 50% i loro beni. E tanto per riferirci  all’Italia oggi le 10 famiglie più ricche hanno più risorse risorse dei 18 milioni più poveri, mentre fino a quattro anni possedevano meno della metà dei poveri. Questo gruppo di plutocrati  che ormai fa denaro attraverso il denaro e considera le attività produttive come marginali, non ha alcun interesse a favorire il benessere collettivo e anzi ha tutto il proprio tornaconto a spostare il proprio terreno d’azione direttamente sul piano politico per evitare che l’impoverimento progressivo e la spoliazione continua di diritti e di futuro porti a cambiamenti esiziali, finisca per interrompere la detassazione progressiva dei grandi e medi patrimoni, a fermare la caduta dei salari, a ridare sovranità monetaria e di bilancio agli stati che se ne sono privati perdendo così l’agibilità politica, a fermare il progressivo abbandono di una serie di diritti fondamentali come quelli alla salute e all’istruzione.

Il fatto è che la democrazia non è un sistema di governo della società neutrale rispetto ai fini, una serie di regole per far diventare azione il dibattito pubblico attraverso forme rappresentative, non è un fatto formale, ma prevede alla sua base che la distribuzione del potere reale sia quanto più ampia possibile per dare concretezza all’idea della libertà, senza ridurla a un alibi. E questo riguarda i redditi come le influenze culturali, le idee, come le prassi, i diritti come i doveri. Quando le differenze divengono troppo ampie e il terzo stato non è che una vittima resa persino contenta di esserlo, la democrazia è finita dal momento che si tratta di un metodo che o fa riferimento a dei contenuti sostanziali o non ha molto senso.

Chissà, forse tutto questo che fino a una trentina di anni fa sarebbe stato scontato suona oggi come stravagante. Ma mi serve a ribadire una tesi: è finito il tempo in cui si può davvero pensare di far fronte a quell’ 1%, anzi diciamo pure a quello 0,1% che effettivamente comanda, venendo a patti con i suoi presupposti e con i suoi strumenti che poi hanno finito per determinare la situazione attuale. La socialdemocrazia è morta assieme alla democrazia rifiutando di individuare un nemico. Così come hanno perso di senso le terze vie assortite che hanno via via confuso la progressività dei mezzi con l’omologazione dei fini. La vicenda greca con i suoi drammi e i suoi esiti incerti è in questo caso è esemplare: non si riesce a invertire la rotta se si usano le carte nautiche dell’avversario per giungere in qualsiasi posto.


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