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l’idea che possa esistere un “genitore tecnologico”. Cosa ne pensa?
Dal punto di vista psicologico questa definizione illustra come la riflessione delle Istituzioni sulla formazione della vita stia diventando sempre più lontana dall’umano, astratta. “Genitore tecnologico” è un termine interessante. La tecnologia in sé non ha contenuti affettivi. Nella nascita secondo l’ordine naturale invece, non “tecnologico”, l’amore si incarna nei corpi dei genitori; è affettività, non astrazione o concetto. L’affettività ha valore costitutivo in tutte le fasi di formazione della vita umana, nel concepimento, durante la gravidanza, nella crescita del bambino dopo la nascita. Nella formazione della vita opera una sapienza misteriosa e precisa. Dubito che i magistrati e scienziati possano re/inventare il mondo, sostituendosi a un ordine più antico e ben più ampio di quello normativo.
Quali risvolti può avere il concepimento tecnologico sui figli, per esempio con una pratica come l’utero in affitto?
Molti. Più di un secolo di ricerche e osservazioni cliniche internazionali hanno dimostrato l’importanza costitutiva per il benessere e lo sviluppo psicologico e fisico del bambino del rapporto madre e figlio nel periodo prenatale e perinatale. Sono dati scientifici, non speculazioni sull’amore. Nel rapporto tra quella madre e quel figlio durante la gravidanza e nel periodo ad essa successivo si forma la personalità del bambino. L’equilibrio è delicatissimo. Buttar via un secolo di osservazioni cliniche per posizioni ideologiche è molto rischioso per la salute pubblica.
Sui media non si parla mai dei figli, soltanto dei genitori. C’è un motivo?
È l’aspetto più inquietante.
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tutta l’intervista qui:
Fecondazione, Risé: si parla dei genitori, mai dei figli | Tempi.it.
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