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Pochi pesci, molte norme. Parola di Navarrini

Creato il 02 marzo 2012 da Maremagazine

Pochi pesci, molte norme. Parola di Navarrini

Stefano Navarrini

Può risultare strano che a parlare di pesca responsabile sia un subacqueo, Stefano Navarrini, che si vanti di “essere nato con il fucile in mano”. Lo stesso che ancora oggi, alla tenera età di sessantaquattro anni, si rilassa facendo battute di pesca con qualsiasi tempo. “Nel bene e nel male – racconta – ho fatto tutto quello che si poteva fare in mare, dalle prove delle barche a motore e quelle a vela come velista, dal pescare sopra e sotto il mare, dal fotografare a scrivere di mare.”
Stefano, da sempre amico della libreria Il Mare, sono più di vent’anni che, alla direzione del mensile Pesca in Mare, si batte perché i pescatori amatoriali non debbano “considerare il mare una loro proprietà esclusiva” come sottolinea nel suo editoriale pubblicato sul numero di marzo in edicola e che riportiamo per intero.
Il popolo degli appassionati che dalla barca o dalla spiaggia, pazientemente aspettano che il pesce che abbocca sia quello lungo quanto le braccia allargate, (quante volte lo abbiamo sentito raccontare dall’amico pescatore…) è stato contato. O meglio, tre anni fa il ministro delle Politiche Agricole Giancarlo Galan ha predisposto la “Rilevazione della consistenza della pesca sportiva in mare” ovvero un censimento di tutto il mondo della pesca ricreativa e sportiva.
Pochi pesci, molte norme. Parola di Navarrini
All’appello hanno risposto, registrandosi, in più di 800mila, e la registrazione doveva funzionare da titolo per l’esercizio della pesca. Con il rimpasto della compagine ministeriale però, il nuovo ministro, Saverio Romano, l’ha di fatto abolito introducendo la differenziazione tra pescatori di terra e quelli da mare. Toccherà al neo ministro Mario Catania trovare una soluzione che permetta di contare tutti quelli, sia dal mare che da terra, si dilettano a pescare.
E il nostro Navarrini alla guida della sua creatura, leader incontrastata nel mondo della pesca sportiva, è stato l’unico ad occuparsi degli aspetti politici e normativi e che interloquisce con i ministeri, le associazioni, i fabbricanti di attrezzature. Ora attende pazientemente di poter incontrare anche il nuovo Ministro per capire quale messaggi intenda lanciare a questo universo mondo della pesca sportiva. Un mondo, non bisogna dimenticare, che smuove enormi interessi.
Quello che segue è l’editoriale pubblicato sul numero di marzo di Pesca in Mare
Pochipesci, molte norme di Stefano Navarrini
Pochi pesci, molte norme. Parola di Navarrini
C’èda chiedersi cosa avranno pensato i pesci. Dopo l’inverno piùanomalo che si ricordi, con sbalzi termici che hanno superato i ventigradi facendoci passare da una temperatura quasi primaverile al gelosiberiano, saranno per lo meno rimasti perplessi. E latropicalizzazione che fine ha fatto? Vuoi vedere che avevano ragionei Maya, avranno forse pensato, e che di questo passo arriveremo alladata fatidica con la Terra già a brandelli? A noi piace sempreessere ottimisti, quindi siamo dell’idea che in Centro Americacresce un’ottima erba, e che forse i Maya si erano fumati qualchecanna di troppo, mentre noi che le canne le usiamo diversamente nonpossiamo che essere comunque solidali con i pesci, pur consci delfatto che il mare è un forte tampone termico, e che con i suoi tempidi reazione avrà certamente ammorbidito gli sbalzi umorali di questofolle inverno. Quindi,cari amici pesci, anche se avrete sofferto un po’ di freddo,consolatevi… perché adesso ci pensiamo noi! Noi che attendevamo conansia un po’ di bel tempo per venirvi a trovare, ma anche noi cheper voi abbiamo sviluppato una nuova forma di rispetto. O no? Bè,forse uscendo dal contesto ironico potrebbe valer la pena diapprofondire il discorso, perché se è vero che su questo tastoabbiamo battuto tanto fino a consumarlo, è anche vero che siamoancora lontani da un concetto di pesca responsabile che potrebberealisticamente dare una mano a far rivivere il nostro mare. 
Pochi pesci, molte norme. Parola di Navarrini
Undiscorso che vale in primis per i professionisti, che pur dovendosiconfrontare con una realtà sempre più dura non possono e non devonoper questo considerare il mare una loro proprietà esclusiva, ma valeanche per i pescatori amatoriali le cui regole etiche e sportivedovrebbero imporre comportamenti non sempre rispettati. Ilmare ci appare immenso, ma è fin troppo piccolo per soddisfare leesigenze alimentari di una popolazione che ha già superato i settemiliardi di presenze. Occorre quindi regolarsi, sviluppare formealternative di sfruttamento, come acquacultura e maricoltura, ededicare alle risorse ittiche una forma di rispetto che prevalgasull’interesse di prendersi l’uovo oggi lasciando al domani loscheletro della gallina. Un discorso antico, e come ben sappiamoassai poco ascoltato. Il Codice per la Pesca Responsabile della FAOha ormai più di quindici anni, è stato firmato da 170 paesi, raccoglie una serie di principi etici, tecnici e politici che avrebbero potuto e dovuto aiutare la salvaguardia delle risorseittiche mondiali, ma pur là dove i governi hanno imposto normerestrittive e protezionistiche, è l’immensità stessa del mare aconsentire di eluderle con la massima facilità nel nome di uninteresse commerciale che fagocita ogni buona intenzione. Senzacontare che le stesse norme andrebbero a volte pesantemente riviste.Basti pensare che nella pesca professionale lo scarto del pescato,per questioni di taglia o di scarsa commerciabilità, tocca a volteil 70%. Un immenso spreco di risorse.
Pochi pesci, molte norme. Parola di Navarrini
Nelnostro più ristretto ambito ci muoviamo fra normative che a volteappaiono antiche e obsolete, altre volte si presentano comeimprevedibili figlie di situazioni contingenti. Come avvenne loscorso anno, quando a causa della minacciata saturazione della nostraquota nazionale, alla vigilia delle vacanze fu vietata la pescaricreativa al tonno rosso bruciando sogni e ambizioni di migliaia dipescatori già con i motori in moto e pronti a mollare gli ormeggi.Il mancato rispetto delle taglie minime, anche se molti non ne sonoal corrente, è un reato penale, ma l’elenco delle specieconsiderate è ancora ricco di lacune, così come nessuno ha maiconsiderato di porre un divieto nei periodi di riproduzione di quellespecie che proprio nella stagione degli amori diventano piùvulnerabili. Ma è poi giusto regolamentare solo le taglie minime?Paradossalmente potrebbe essere il caso di regolamentare anche quellemassime, che corrispondono ai grandi riproduttori, quelle officinebiologiche in grado di sfornare milioni di uova e portare nuova linfaall’ambiente marino. Maallora, viene da chiedersi, una volta chiusi in una gabbia di norme, dove va a finire quel senso di libertà a contatto con la natura, cheè l’essenza prima del vivere il mare e la pesca ricreativa? E’un po’ il gatto che si morde la coda. Pochi pesci molte norme. Dicerto il contrario sarebbe molto meglio, ma dipende anche dallaresponsabilità di quel prelievo che oggi appare ancorairresponsabile, e che prima di essere rinchiuso fra norme e sanzionidovrebbe essere guidato da un senso di responsabilità e rispetto.Una cultura in via di evoluzione, ma ancora con una lunga strada dapercorrere. Senzadimenticare che del mare e delle centinaia di milioni di specie chelo abitano sappiamo ancora troppo poco. Da questo punto di vistal’idea che la pesca ricreativa possa collaborare attivamente conla ricerca scientifica marina non è solo uno slogan di comodo. Dicerto è un rapporto che in Italia non ha ancora avuto il dovutosviluppo, ma del resto è la ricerca stessa nel nostro paese, che purvanta i tanto celebrati 8.000 km di coste, a non essere supportata daadeguate risorse. 
Pochi pesci, molte norme. Parola di Navarrini
D’altro canto, nonostante le affermazioni diparti interessate mirino spesso a sconfessare i dati forniti dairicercatori e dalle associazioni ambientaliste, che tali ricerchespesso sostengono, è assai probabile che ci sia da fidarsi piùdella scienza, piuttosto che dei rilevamenti empirici di chi hainteressi puramente commerciali. Questo scontro, tanto per fare unesempio pratico, non ha trovato una soluzione neanche in ambitoICCAT, dove le richieste della Commissione Scientifica sonoregolarmente disattese a causa della pressione di paesi per i qualila pesca del tonno rosso è un interesse irrinunciabile. Ilnostro contributo alla ricerca scientifica, come più volte detto,può essere importante. Siamo un esercito di potenziali ricercatori asupporto delle scarse risorse a disposizione della scienza ufficiale,e la nostra collaborazione è sempre stata benvenuta avendo apportatospesso importanti contributi. Nel nostro piccolo, inoltre, possiamocontribuire anche a salvaguardare le risorse ittiche di specieminacciate. La sempre più diffusa pratica del catch&release, siaessa una scelta etica personale o una tecnica imposta dalle norme(come nel caso di un tonno pescato in periodo di chiusura), di certopotrà portare benefici. Purché se ne comprenda bene il metodo perevitare di rilasciare in mare un pesce moribondo e destinato ad unalenta agonia.

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