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(pochi? troppi?) pensieri sparsi…

Creato il 07 novembre 2011 da Claudsinthesky

(pochi? troppi?) pensieri sparsi…A inizio ottobre sono tornata dalle mie ferie italiane, durante le quali, a parte le dovute e rituali visite ai parenti abruzzesi, mi sono lanciata in 1-giorno-1 di mare, una visita nella ridente Campobasso (la mia prima volta!) a trovare un’amica, e, insieme a mia madre, un veloce Grand Tour del Nord Italia in treno che ci ha portato nella profonda provincia padovana prima di toccare brevemente Venezia per alcuni eventi collaterali della Biennale e Ravenna. E proprio alla Biennale – al Padiglione dell’Iraq per la precisione – c’era un’opera riguardante il ritorno e la memoria: Ali Assaf, artista iracheno residente in Italia da decenni, ha dedicato l’opera Al-Basrah, the Venice of the East, alla sua città natale, Bassora, suggellandola con la frase che si legge nella foto in alto, che recita (più o meno) “Ho custodito i miei ricordi per sopravvivere, ma quando sono ritornato nella mia città dopo un’assenza di 36 anni, non c’era più nulla di ciò che ricordavo”.

(pochi? troppi?) pensieri sparsi…
A Ravenna, invece, su consiglio di mia sorella che è amica dei gestori, abbiamo alloggiato all’Ostello Dante, un posto molto fresco e carino, dove su una parete della sala da pranzo c’era una citazione di Nelson Mandela che si vede nella foto a destra: “Non c’è niente come tornare in un posto che resta invariato per renderti conto dei modi in cui tu stesso sei cambiato”.

Due facce della stessa medaglia, quella del viaggio, e due sensazioni che spesso pervadono anche me, quando parto e quando arrivo, anche se ogni viaggio -anche un ritorno- è una partenza e ormai non so più dire cos’è per me un arrivo (arrivo in Italia? no, vado in Italia per visitare i cari. arrivo a casa, ma se casa è via, è fuori, è lontano dagli affetti e dalle vecchie abitudini, non sto arrivando né tantomeno tornando da nessuna parte, sono solo intrappolata nel loop del viaggio dovuto all’estraneità… comunque…): da una parte, quando faccio ritorno ai luoghi che nella mia memoria hanno un significato emotivo particolare, faccio fatica a ritrovare quello che era rimasto impresso nei miei ricordi (e nel corso di questa breve vacanza è successo ben tre volte: 1. tornando nella città dove sono cresciuta, in cui il paesaggio urbano e sociale evolve -in negativo- in un batter d’occhio quindi le mie visite semestrali portano sempre a inevitabili cultural shock; 2. quando mia sorella mi ha inviato un sms da Parigi dicendomi che il chiosco di crêpes che tanto mi piaceva dove avevamo mangiato insieme non esiste più; 3. arrivando in via Garibaldi a Venezia e trovandola trasformata in una sorta di campo Santa Margherita per autoctoni), dall’altro l’immobilismo cerebrale dell’Italia, una nazione che ha bisogno della badante, provoca in me frustrazione obbligandomi a fare i conti con come, in questi anni all’estero, tutte le persone per me importanti continuino a rappresentare le stesse cose di quando eravamo vicini e conducano esattamente la stessa vita di allora, e io non mi riconosca più nella ragazzina che era partita con lo zaino in spalla e il sorriso rivolto alle nuvole.

Viaggiando si cambia, si cresce e, in alcuni casi, si peggiora.



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