A inizio ottobre sono tornata dalle mie ferie italiane, durante le quali, a parte le dovute e rituali visite ai parenti abruzzesi, mi sono lanciata in 1-giorno-1 di mare, una visita nella ridente Campobasso (la mia prima volta!) a trovare un’amica, e, insieme a mia madre, un veloce Grand Tour del Nord Italia in treno che ci ha portato nella profonda provincia padovana prima di toccare brevemente Venezia per alcuni eventi collaterali della Biennale e Ravenna. E proprio alla Biennale – al Padiglione dell’Iraq per la precisione – c’era un’opera riguardante il ritorno e la memoria: Ali Assaf, artista iracheno residente in Italia da decenni, ha dedicato l’opera Al-Basrah, the Venice of the East, alla sua città natale, Bassora, suggellandola con la frase che si legge nella foto in alto, che recita (più o meno) “Ho custodito i miei ricordi per sopravvivere, ma quando sono ritornato nella mia città dopo un’assenza di 36 anni, non c’era più nulla di ciò che ricordavo”.
Due facce della stessa medaglia, quella del viaggio, e due sensazioni che spesso pervadono anche me, quando parto e quando arrivo, anche se ogni viaggio -anche un ritorno- è una partenza e ormai non so più dire cos’è per me un arrivo (arrivo in Italia? no, vado in Italia per visitare i cari. arrivo a casa, ma se casa è via, è fuori, è lontano dagli affetti e dalle vecchie abitudini, non sto arrivando né tantomeno tornando da nessuna parte, sono solo intrappolata nel loop del viaggio dovuto all’estraneità… comunque…): da una parte, quando faccio ritorno ai luoghi che nella mia memoria hanno un significato emotivo particolare, faccio fatica a ritrovare quello che era rimasto impresso nei miei ricordi (e nel corso di questa breve vacanza è successo ben tre volte: 1. tornando nella città dove sono cresciuta, in cui il paesaggio urbano e sociale evolve -in negativo- in un batter d’occhio quindi le mie visite semestrali portano sempre a inevitabili cultural shock; 2. quando mia sorella mi ha inviato un sms da Parigi dicendomi che il chiosco di crêpes che tanto mi piaceva dove avevamo mangiato insieme non esiste più; 3. arrivando in via Garibaldi a Venezia e trovandola trasformata in una sorta di campo Santa Margherita per autoctoni), dall’altro l’immobilismo cerebrale dell’Italia, una nazione che ha bisogno della badante, provoca in me frustrazione obbligandomi a fare i conti con come, in questi anni all’estero, tutte le persone per me importanti continuino a rappresentare le stesse cose di quando eravamo vicini e conducano esattamente la stessa vita di allora, e io non mi riconosca più nella ragazzina che era partita con lo zaino in spalla e il sorriso rivolto alle nuvole.
Viaggiando si cambia, si cresce e, in alcuni casi, si peggiora.
- ascolto: Dancing for Rain (Rise Against)
- mood: singin’ in the rain!