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Pod (2015)

Creato il 26 ottobre 2015 da Silente
Una baita nei boschi, una botola e un demone… ah, no, stavolta c’è un alieno                         Pod (2015)
Un inizio sfolgorante alle volte è biglietto vincente per portarsi a casa il film, o quanto meno per incuriosire e a volte anche imbrogliare chi guarda. Il prologo di Pod non ha grandi appigli per inchiodare allo schermo, ma un bel tocco di personalità è ben visibile nei crediti iniziali, sparati a una velocità dove nomi e lettere non si possono distinguere mentre un ronzio assordante si fa strada graffiando l’udito. È cosa da poco ma è una bella idea, mi ha ricordato gli urli con cui John Zorn sventrava Funny Games e, anche se già mi fidavo di Mickey Keating per il potenziale espresso in Ritual, è in invito ad aumentare la stima verso uno degli autori più promettenti della scena più indie ed economica. Keating possiede infatti una linea stilistica abbastanza personale, sa come posizionare la camera e ha una predilezione per far affiorare malessere e paranoia facendoli oscillare e mantenendoli in continuo movimento con long take e pochi stacchi. Si spinge tuttavia in uno scenario cinematografico ancora abbastanza desolante, i budget sono ridicoli, le ambizioni si scontrano con i pochi mezzi e la poca esperienza e, nonostante la presenza di Larry Fessenden, per il quale ritaglia piccole parti portandosi a casa quel nome che in questi casi aiuta parecchio, manca ancora quel qualcosa che lo possa lanciare definitivamente. Magari lo si potrà trovare nel nuovo Darling, che già ha iniziato a spuntare nei festival, vedremo nel 2016 quando verrà distribuito.
Per il momento è bello vedere come in Pod resa visiva e sensoriale siano migliorate da Ritual, attori più bravi e una storia più concisa e diretta smussano certe ingenuità del film precedente e si incuneano in poco più di settanta minuti ancora scricchiolanti ma di sicuro potenti e d’effetto. Ancora una volta una manciata di personaggi (tre) e una vicenda limitata a uno spunto, al centro c’è un presunto alieno catturato e rinchiuso in cantina e attorno a lui tre fratelli che litigano sulla veridicità o meno dell’accaduto, il resto sono solo dialoghi e, be’, l’orrore che si scatena. L’idea è classica e ben gestita nelle intenzioni, inquadrature singolari seguono il discutere dei tre e l’ossessione striscia fuori subdola e viscida, ci sono buoni scambi e reazioni abbastanza credibili, l’artificiosità della situazione non è così nascosta ma si sopporta anche volentieri, e quando le manie di Martin iniziano a ripetersi e ad allungare eccessivamente la vicenda (si rischia in più di un punto di annoiare per i soliti discorsi sugli esperimenti governativi and shit), un colpo di fucile mette fine alle parole e si inizia a correre.Podvorrebbe giocare sulla psicologia e sull’ambiguità della situazione, purtroppo il materiale è talmente scarno che non è possibile pensare ad altri esiti oltre a quello che succede e scatena la seconda metà, per me va bene così e credo che Keating non sia così supponente da pensare diversamente, il suo è pur sempre un film di genere e che il twist sia esageratamente prevedibile non è per forza un difetto, anzi.Pod (2015)
Il film cambia tono, una certa inquietudine viene schiacciata a colpi di martello, ne nasce una tensione assordante e la guerra che si infiamma con l’alieno è un logorante gioco al gatto e al topo. Le armi che usa Keating in fondo sono le stesse, pur se trasformate in azioni: il pensiero di cosa sta accadendo e di cosa fare aggroviglia lo stomaco e impedisce di compiere le scelte migliori ai protagonisti, si respira quindi un nervosismo trasmesso dalla più fottuta delle paure. Pod è breve e questo è un bene, permette a Keating di dare il giusto tempo agli elementi primari, non ci sono pause e dopo qualche colpo di assestamento nella prima parte il film ha un ottimo crescendo e nella seconda metà non sbaglia mai. È un lavoro povero ma è una povertà paradossalmente ricca: Pod è un film che, in altre mani, non avrebbe avuto speranze e si sarebbe collocato al livello di cose televisive prodotte da Sy-fy, troppo spartana la costruzione e molto elementare lo sviluppo, invece Keating sa trarre il meglio dal poco a disposizione e questo è un gran traguardo.Non credo possa piacere a molti, nel concentrarmi su certo horror indie sono più alcuni buoni spunti a stupirmi che la resa complessiva di un’opera, e immagino che Pod difetti nell’ambire forse a una sorta di impronta d’autore (direzione dei personaggi, temi affrontati e uso del sonoro non sono ancora all’altezza delle gestione della telecamera) quando i mezzi sono davvero scarsi (anche se comunque molto meno scarsi rispetto a Ritual), ma okay, per me è un’ottima conferma e attendo con parecchia saliva Darling

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