Può la politica imparare qualcosa dal contesto esterno in tempo di crisi?
Cosa ha prodotto e potrebbe ancora generare nel quadro politico ( e nella gestione del consenso) un periodo di prolungati stenti come quello che una certa parte di Europa sta vivendo su scala macro-economica? L'avanzamento ed il consolidarsi delle politiche di austerity cosa potrebbe generare, in termini espliciti?
Queste dinamiche hanno contribuito e stanno contribuendo al generarsi di spinte nazionalistiche, all'affermarsi di nuove forze politiche per definizione in rottura con i protagonisti di un precedente quadro democratico. In maniera che tutto può definirsi fuorchè eccezionale ed inaspettata.
Laddove le differenze esistenti fra pre-esistenti schieramenti partitici risultino percepite come nulle ( cfr. clima europeo, dove le 'larghe intese' fra socialisti e popolari si sono replicate) a livello di agire esplicito, la discesa di nuove forze politiche si configura quantomeno come giustificabile e/o almeno non inaspettata. I tratti d'unione che sembrano comuni a molti di questi schieramenti riguardano, al netto dei punti di vista differenti su svariati argomenti, argomenti chiave inerenti le conseguenze subite grazie all' austerity sulle politiche socio-economiche: riflessioni sulla permanenza/validità/fattibilità dell'Euro, definizione/ricerca/riflessione sui meccanismi di democrazia e rappresentanza esercitabili su scala continentale, necessità di rendere meno aspre elementi come politiche fiscali e supremazia della Germania, [...].
Attraverso quali modalità andranno a definirsi e concretizzarsi i passi di strutturamento e consolidamento di queste forze politiche contrarie agli schemi precedenti?
Una delle forze che vanno a concorrere per inserirsi in questo quadro è data, fra le altre, dal movimento spagnolo . La storia di questa forza politica è stato tanta recente quanto dirompente e, ad ora, fondata anche su molti degli sbagli commessi da Partiti pre-esistenti; Podemos sembra essere nata in primo luogo per demeriti altrui, insomma.
Il quadro di esistenza di questo movimento è presentato in termini tanto larghi quanto ancora largamente inesplorati:
"[...] E' stata la sorpresa delle ultime elezioni europee in Spagna e i sondaggi la proiettano oltre il 25%, prima forza politica del Paese. Una esplosione che ha visto i suoi iscritti online arrivare in pochi mesi a quasi 300mila. In Italia sono definiti i 'grillini spagnoli'.
Se le somiglianze sono innegabili, le differenze però sono di più.
Podemos nasce dalla rivolta contro la 'casta', ma soprattutto dall'onda lunga del movimento degli indignados. Il suo gruppo dirigente proviene per formazione e cultura dal [...] mondo della Sinista radicale, e in Europa ha deciso di stare con il gruppo di Alexis Tsipras, di cui condividono il programma anti-austerity. Ma preferiscono presentarsi come 'né di destra né di sinistra', privilegiando la metafora del 'basso contro l'alto', del 99% contro l'1%. Nei circoli di Podemos non si trovano i poster di Che Guevara o del subcomandante Marcos ma solo manifesti viola, il colore della ribellione, con un cerchio bianco a raffigurare il potere decisionale diffuso. [...]"
Queste parole sono tratte dall'introduzione al libro ' Podemos - La sinistra spagnola oltre la sinistra', scritto da Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena e pubblicato da Alegre Edizioni.
Tale opera concorre ad articolare la formazione e la strutturazione di questo movimento, identificazione spagnola di quell'insieme di schieramenti euro-riflessivi precedentemente citati, cercando di analizzarne i contesti sociale, politico ed economico che hanno portato a questo realizzarsi. Certi argomenti hanno prodotto, in brevissimo tempo e non solo nella società spagnola, fortissimi radicamenti che hanno generato tanto solide quanto articolate consapevolezze: quali i prezzi da pagare per tentare di consolidare una ripresa socio-economica che salvi le fasce più deboli della popolazione? E' così vero e fondato l'assunto secondo cui destra e sinistra siano diventate la stessa cosa a livello di agire politico concreto?
E' ora che la crisi sia pagata da coloro che la hanno causata e generata? Quali ruoli ( e colpe) attribuire a banche, classi tecnico-politiche percepite come corrotte e/o corruttibili? Entro quali nuovi confini collocare le politiche pubbliche, oggi sferzate e provate da vincoli sovranazionali imposti da politiche europee? L'analisi che un movimento come Podemos può apportare al dibattito nazionale ( e continentale) può essere tanto prepotente quanto inesperta e tagliente, specialmente se svolta alla luce di un'aggressività programmatica dettata da una volontà di rivoluzionare completamente gli schemi pre-esistenti. Nonostante novità e pulsioni di ribellione, però, possono esistere legami che hanno contribuito alla nascita di Podemos che possono essere visti come dipendenti e/o vincola(n)ti da forme di vecchia politica? Assolutamente sì, non a caso.
Tali punti si richiamano ad una serie di questioni inevitabili che hanno, in prima istanza, a che fare con il concetto di leadership senza il quale questo Movimento non sarebbe probabilmente arrivato agli onori ( ed oneri) della cronaca in così breve tempo; è il caso di Pablo Iglesias, volto largamente conosciuto da ben prima dell'affermazione di Podemos. E' anche ( o soprattutto?) dalla sua figura che parte il ruolo che questo movimento ha ( e potrà avere) su scala nazional-continentale:
"[...] 'Di unire la sinistra non me ne importa nulla', ripete [...] il leader del movimento Pablo Iglesias, 'noi siamo per l'unità popolare'. Di fronte alla sconfitta storica della sinistra, preferiscono ripartire da zero. In un intreccio ideologico che tiene insieme Antonio Gramsci e il teorico populista Ernesto Laclau, le forme più classiche e assembleari dei movimenti con la centralità della rete, l'idea della democrazia diretta con un leaderismo molto forte. Iglesias [...] è un personaggio politico anomalo, con aspetti affascinanti e contraddizioni evidenti, e fa paura all'establishment finanziario. Un fenomeno che non mancherà di esercitare un forte impatto sul dibattito della sinistra ma anche sui destini dell'Unione Europea. [...]"
Le domande da poter porre sono, a questo proposito, moltissime: quale sarebbe stata la popolarità di tale movimento senza la figura del leader?
La crescita del consenso sarebbe stata tanto rapida e consistente? Oppure vi sarebbero stati inevitabili rallentamenti? Un altro punto di continuità con il passato è dato, inevitabilmente, dall'apporto costruttivo che movimenti come Podemos dovrebbero/potrebbero dare alla società portando avanti l'effige della ( vera o presunta?) democrazia diretta. Il primo passo strutturale e non occasionale da portare avanti deve essere, su questo fronte, quello relativo al far crescere e sensibilizzare l'opinione pubblica nei confronti delle proprie potenzialità:
"[...] Il filosofo Slavoj Zizek [...] ha scritto che 'le proteste hanno creato un vuoto: un vuoto sul terreno dell'ideologia dominante, e ci vuole tempo per riempirlo a dovere perché è un vuoto carico di contenuto, un'apertura verso il Nuovo.' Di contro Zigmunt Baumann ha voluto sottolineare i grossi limiti degli indignados, per lui soltanto un movimento 'emotivo' e di reazione ma senza una vera riflessione, quindi senza futuro perché 'l'emozione è instabile e inappropriata per progettare qualcosa di coerente e duraturo'. Fernando Savater ha criticato il movimento [...]: 'Alcuni attivisti sembrano considerarsi dei puri in un mondo di ambizioni e falsità. Nessuna democrazia reale può accettare un manicheismo tanto interessato e di comodo. E' sicuramente vero [...] che c'è bisogno di grosse riforme nella democrazia, nella sclerosi settaria dei Partiti, nei mercati fuori controllo per l'avidità della speculazione capitalistica, nell'efficace istituzionalizzazione di una giustizia senza compromesso coi Partiti, in un sistema di istruzione pubblico di qualità. Ma niente di tutto ciò sarà possibile finché la critica della politica continuerà ad essere censura nei confronti dei politici senza autocritica dei cittadini. L'indignazione non basta. Come diceva Spinoza, l'importate non è odiare o applaudire, ridere o piangere ma capire. [...]"
Attraverso quali passi strutturare Podemos per costruire una miscela politica fatta di proposta maggioritaria rispetto a giusta e ragionevole protesta? Attraverso quali passi strutturare Podemos per rendere vincolante il peso delle decisioni collettive, ossia assunte dalla massa che potrebbe contribuire a generare forme di democrazia diretta? Attraverso quali passi ( cercare di) concretizzare forme di autocritica nei confronti dei cittadini, teoricamente interessabili a svolgere il ruolo di massa critica nei confronti degli schemi pre-esistenti?
Senza contare quello che, forse, potrebbe diventare l'elemento più importante di confronto e giudizio: l'essere percepiti come all'altezza delle promesse fatte. Qualora si trovasse a governare ( anche se dentro schemi costruiti da altri), come saprebbe Podemos districarsi per risolvere matasse sempre più caotiche? Dovrebbe tessere attente trame o procedere a risoluzione estrema tracciando soluzioni quasi come se avesse davanti nodi gordiani?
Sullo sfondo, una lung( hissim)a serie di ulteriori questioni: rapporto con Tsipras e Syriza, analogie e differenze esistenti con altri movimenti e schieramenti europei, fallibilità ( tutto fuorché irrealizzabile e potenziale) delle aspettative create e costruite per veicolare il consenso, [...].
L'incedere inevitabile dei passi costringerà a certe riflessioni, tanto importanti quanto pe( n)santi.
Si potrebbe vedere, parimenti al manifestarsi di ( ulteriori) punti forti, anche il realizzarsi di ( tanto aspri quanto inevitabili) punti deboli.