Questi giorni appena trascorsi, così uggiosi, semibui, con il cielo ingombro di nubi pesanti che mi schiacciavano fin dentro, mi hanno fatto sperimentare ancor di più la pesantezza e la gravità del nostro presente.
Sono stati giorni in cui l'esordio è stato principalmente sgomento e angoscia, seguiti poi da rabbia. In questi giorni pensavo che davvero la questione religiosa fosse al primo posto, anche se il mio intuito mi indicava che qualcosa non tornava. Il resto è storia, e ben conosciuta, dettagliata, fin troppo riproposta e approfondita dai media.
Domenica scorsa mi è tornata in mente una poesia che abbiamo condiviso tempo fa agli incontri settimanali di Tai-Chi. Si tratta di letteratura araba, antica e recita così:
(Ibn 'Arabi 1165-1240)
Avrei voluto farla leggere ai terroristi; mi domandavo se già la conoscessero, magari dai tempi della scuola. Fortemente la spinta alla lettura e alla scrittura poetica si presentò alla mia mente e al mio cuore. Ancor di più di quel che è abitudine, pressoché giornaliera, per me.
E vorrei gridare a gran voce, scrivere sui muri: leggete poesia, scrivetela, nutritevi di versi illuminanti, interpretate la realtà e interiormente indagate voi stessi alla luce di ciò che la poesia vi lascia.Un paio di giorni fa, il nostro Presidente della Repubblica, ha invitato tutti a ritornare e ripartire dalla cultura. È un saggio consiglio. E, ancora una volta e sempre, sono convinta che la bellezza ci salverà.
(E la poesia è bellissima anche in inglese)