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Non rivedrò mai Budapest
e il pensiero mi tormenta.
Nei cassetti dell'albergo
ho lasciato ricordi
e sul cuscino cioccolatini
ormai sciolti
bagnati di parole che ripensandoci
non hanno senso,
forse non l'hanno mai avuto.
Eh sì, le parole,
facciamo finta che dureranno per sempre
(le parole).
Forse loro, forse
i cadaveri dei sentimenti,
dei pensieri e le promesse,
organi senza donatore
da trapiantare nei chissà
in futuri utopici
del duemilaepoivedremo.
E a sbattere la testa
contro muri di gomma
ci si ferisce ma non si sanguina,
finché verranno i suoi occhi
ancora in sogno
e li avrà la morte,
nel cuore e nello stomaco,
impazzendo come serial killer,
soffocando i sentimenti,
rendendoci conto dei mai più.
Mai più Budapest, quindi.
Non la rivedrò mai più.
Ma sarà lontana
la campana dei treni,
le ore da rincorrere,
le cose più stupide
o quelle più importanti
che poi, lo sappiamo,
sono la stessa cosa.
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