Nella tua bellezza
trovo lo stupore
di un neonato che apre
gli occhi sul mondo.
Il miracolo di Quasimodo
in Specchio.
La primavera trasfigura i sensi
ubriachi d’aroma di zagara,
e quando il tuo sorriso, come dardo infuocato,
mi colpisce,
non c’è ferita più dolce
né morte più desiderata.
Felicità ricca di sapori
come il canto della terra che ci unisce,
e richiama nei suoi suoni,
come ciondolo una gazza ladra,
effusioni che scompaiono…
troppo rapide.
Dura poco il bagliore delle braci
senza fiato che tempri nuovo fuoco
ma, nel tenue tepore della sera,
la tua vista riscalda anche questa
gelida tramontana.
E se questo cuor
tardo si dà ai suoi richiami
volgiti ancora a mostrarmi
quegl’occhi,
il profondo, abisso celeste,
delle tue intenzioni.
Nasco e muoio ad ogni battito di ciglia.