Un’ape stava rosicchiando la ringhiera di legno su cui si arrampicava a stento un’edera rinsecchita. Nina trovava insopportabile quel rumore, le perforava l’orecchio e le penetrava nella testa, disturbandole i muscoli già tesi fin da quando si era alzata dal letto.
Un timido sole compariva da dietro le nuvole, c’era un buon profumo nell’aria, il caffè stata per passare; forse sarebbe stata una bella giornata.
Ma Nina era tesa mentre apriva la credenza per prendere le solite due tazzine che ogni mattina metteva sul tavolo, sbattendole. Aumentava a vista d’occhio il numero di piatti scheggiati, perché Nina pensava ad altro mentre li lavava, li asciugava e li riponeva sugli scaffali. Il rumore dell’acqua, poi, la distraeva, le ottenebrava la mente e le confondeva l’udito, riducendola a sciacquare le stoviglie in stato di trance.
Quando la caffettiera cominciò a borbottare, Dario entrò in cucina. Nina nemmeno lo guardò, perché sapeva già che l’avrebbe trovato con i capelli arruffati, le occhiaie e una smorfia di dolore. Una volta gli aveva chiesto se sentisse male da qualche parte e lui le aveva risposto che il male era dentro e se lei lo vedeva fuori era perché in qualche modo doveva lasciarlo sfogare. Allora, Nina non aveva più voluto sapere niente di tutta quella storia del dolore, perché tanto non poteva esserci rimedio. Almeno, lei non poteva farci nulla.
Dario strisciò la sedia sul pavimento e ci si buttò sopra. Si teneva la testa fra le mani, massaggiandosi le tempie.
- C’è un’ape qua fuori che mi tormenta. Tesoro, avresti voglia di mandarla via? Lo sai che ho paura.
Dario guardava la sua tazzina riempirsi del caffè che sua moglie gli stava versando, come tutte le mattine. Tranne…
- Stanotte non mi è venuto fuori niente.
- Non dire sciocchezze, qualcosa avrai pur scritto… Almeno qualche frase!
Le notti di Dario erano tormentate già da qualche tempo. Fissava la tastiera del computer sbattendo lentamente le palpebre, sopportando il bruciore e mandando giù la saliva amara.
Non riusciva più a dormire da quando quella notte lei non era tornata.
- Ti ho detto che non mi è venuto fuori niente. E questo caffè fa sempre più schifo.
- Assaggia almeno la torta che ho fatto ieri sera.
Nina spinse verso di lui il piatto su cui era adagiato un alto pandispagna giallo-arancio.
- Ne hai di tempo libero, tu…
- Ieri sera tu ti sei chiuso nel tuo studio a scrivere. Mi annoiavo.
- Potevi uscire con quella svampita di Betta.
- Con Betta non esco più da un po’. È diventata una donna così superficiale! Non ha più cura di se stessa… Pensa che l’ultima volta che siamo andate a teatro, io l’aspettavo al caffè davanti alla fontana per bere qualcosa. Lei è arrivata in ritardo, tutta spettinata e col trucco sfatto, dicendo che non aveva avuto tempo di passare a casa per farsi una doccia… Non mi sembra proprio il caso di presentarsi così a una prima…
- Magari ha avuto da fare prima della prima…! Solo tu, tesoro, riesci a organizzarti la giornata alla perfezione. Programmi ogni movimento come programmi il tempo di cottura delle tue torte.
L’ape continuava il suo sottofondo. Nina si tagliò una fetta di torta e cominciò a spezzettarla con cura cercando di non fare troppe briciole. Le briciole erano un triste spreco, se ne stavano lì a ricordare il pasto appena consumato, e loro adesso erano inutili e sole, come tutti i residui delle cose che prima o poi finiscono.
- Tesoro, cosa facciamo oggi?
La voce di Nina era una secchiata d’acqua gelida. Perché non se ne stava un po’ zitta, invece di riempire a forza gli spazi di silenzio? Nessuna parola avrebbe potuto cancellare il dubbio, il sospetto di una menzogna, la certezza di un qualcosa che si era spezzato.
- Il tempo… Il tempo… Lo sai che il tempo in mano mia sfugge e non riesco a combinare niente, no? Lo sai…
- È una bella giornata, perché non andiamo a passeggiare in centro?
- Quell’ape è fastidiosa.
- Tra poco ci sarà il tuo compleanno, perché non cominci a vedere in giro se c’è qualcosa che ti piace?
- Non capisco proprio come questo caffè sia diventato così schifoso… O magari lo zucchero è andato a male…
- Tesoro, mi stai ascoltando?
Dario la guardò, per la prima volta da quando era entrato in cucina.
- Tu non ti stanchi mai di farmi domande?
Sua moglie era sempre bella, anche se ormai aveva quasi quarant’anni e la mancanza di un figlio la stava mandando fuori di testa. Perché era questo che in fondo le pesava. Non poteva lei o non poteva lui, chissà, non avevano voluto scoprirlo. Probabilmente, anche con un figlio il caffè sarebbe stato orrendo e l’ape avrebbe rotto le scatole. Ma lei aveva mai creduto veramente di poterlo fare, un figlio? La guardava ogni tanto mentre si pettinava allo specchio i lunghi capelli neri e contemplava la sua immagine, passandosi una mano sulle guance e sul collo. Aveva sempre sperato che potesse diventare una sorta di musa ispiratrice, per lui, l’aveva sposata anche per questo.
- È perché tu non mi rispondi.
- Non credo di aver voglia di uscire oggi. Devo scrivere qualcosa.
- Ma te ne stai sempre chiuso in quella stanza! Posso sapere almeno di cosa parla questo libro?
Dario rigirava il fondo del caffè.
- Cosa vuoi capirne tu…
- Io ne capisco. E secondo me un buon libro non dovrebbe mai dire completamente la verità.
- Ah no? Però vuoi dire che un po’ di verità deve esserci…
- Sì, però…
- Però deve esserci anche l’invenzione…
- Certo.
- E cosa c’è che non va, nella verità?
Nina si alzò con uno scatto e portò le tazzine nel lavello. Una le cadde e si scheggiò.
- Allora, cosa facciamo oggi?
- Non mi hai risposto.
- Tu stai male, Dario, dovresti dormire di più. Guardati, sei uno straccio.
Dario tirò indietro la sedia, afferrò il giornale del giorno prima e con un balzo si diresse verso il balcone. Due colpi secchi, separati da una minima frazione di secondo. L’ape smise di disturbare.
- Tu potresti aiutarmi, sai?
Si guardavano a pochissima distanza l’uno dall’altra.
Dario sapeva che quei momenti allo specchio erano diventati tutta la sua vita, e lui da tempo non le diceva più che era bella, perché se lo diceva lei da sola, guardando il proprio riflesso, e non poteva esserci conferma migliore a quel bisogno di sicurezza. La bellezza che non ricercava nella giovinezza, la perseguiva ora che il tempo gliel’avrebbe tolta a poco a poco. Se lui avesse continuato a dirglielo, probabilmente questo sarebbe parso troppo forzato, quasi falso.
- Una donna avvenente, uno spirito libero ma annoiato… Potresti dirmi dove sei stata quella notte, te la ricordi, vero? Potrebbe venirne fuori una bella storia.
Dario uscì dalla cucina. Nina sentì l’acqua della doccia scorrere. Si mise a lavare le tazzine e la caffettiera e ripose tutto al suo posto.
Quando la porta dell’appartamento sbatté, lei non esitò a correre verso il telefono. Due squilli.
- Tesoro, sono io. Senti, cosa facciamo oggi?