Il paese segnato dal drappeggio
di nuvole e cristalli,
relegato nell’anno del tuo perdono,
accontenta l’infanzia benedetta
di un mondo che vivo alla rovescia.
E se i sentieri delle novelle poleis,
falciati da onnipotenti Mida,
non sanno aspettarmi, crisalide,
le mie ali farò convergere
alle asperità di quella tenue culla,
profondo mimetismo di tempesta.
Anch’io ho adibito le parole
a rigurgiti di rancore e nausea.
Nelle ore del mio digiuno,
segnato da
melense voglie
conto i passi sprecati nell’ateneo
babilonese.
Ora chiudo,
ho altre carte da posare nel taccuino
precario del mio suicidio.
Lentamente s’apre il nuovo giorno
e ancora risento dell’umidità notturna.